Astronauta colpito da trombosi sulla ISS: perché? “Ce lo deve dire la Scienza”

"Che un astronauta, per definizione selezionato perché sano e controllatissimo dal punto di vista medico, sviluppi una trombosi della giugulare è un fatto assai raro"
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Un astronauta, la cui identità è protetta per motivi di privacy, a bordo della Stazione Spaziale (Iss), è stato colpito da una trombosi venosa profonda alla giugulare. L’episodio, riportato sulla rivista internazionale The New England Journal of Medicine del 2 gennaio 2020, ha spinto ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari Onlus a domandarsi perché un astronauta, per definizione selezionato perché sano e controllato dal punto di vista medico, abbia sviluppato una trombosi della giugulare.

“Da oltre 30 anni – spiega la presidente di ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus Lidia Rota Vender lavoriamo per il bene di molti diffondendo informazioni corrette attuali, tempestive e attendibili che provengono dal mondo della ricerca scientifica. Sappiamo che lo stile di vita aumenta la probabilità di essere colpiti da trombosi ma succede che vengano colpite anche persone incolpevoli, che conducono una vita sana e intelligente e sono giovani: perché? Ce lo deve dire la Scienza, richiederà tempo, ma molti gruppi, e gli italiani fra questi sono eccellenti, stanno lavorando per capire che cosa può scatenare una trombosi venosa, un infarto, un’embolia polmonare un ictus cerebrale anche in una persona giovane e incolpevole. Che un astronauta, per definizione selezionato perché sano e controllatissimo dal punto di vista medico, sviluppi una trombosi della giugulare è un fatto assai raro: la  prolungata permanenza in un ambiente con una forza di gravità praticamente a zero (microgravity) può facilitare il manifestarsi  di alcuni fenomeni che, insieme ad altri complici, può scatenare una trombosi anche in una persona così sana come si suppone sia un astronauta? Significa che il soggetto era predisposto e con i mezzi diagnostici attuali questa predisposizione non era identificabile?”

In attesa delle risposte dalla Ricerca, i meccanismi che possono provocare una trombosi in condizioni di microgravità richiamano i meccanismi che scatenano la trombosi in alta montagna o in aereo durante un lungo viaggio e in posizione scomoda (sindrome da classe economica) anche in persone sane e che non hanno avuto precedenti trombosi. “In queste situazioni la tensione di ossigeno è più bassa del normale ma –  spiega la presidente di ALT  sappiamo che altri fattori di rischio sono complici nello scatenare il disordine che porta alla trombosi: la posizione scomoda, la disidratazione, una predisposizione individuale che non dipende solo dai precedenti di ciascuno e dalla diagnosi di mutazioni cosiddette per trombofilia ma anche dalla storia famigliare, qualora si siano verificati nei consanguinei eventi da trombosi, arteriosa o venosa, che potrebbero essere portatori di mutazioni ancora sconosciute. Molti tendono a sottovalutare la serietà di una trombosi che si forma in una vena delle gambe, per esempio, ma sappiamo che nella metà dei casi questa può estendersi liberando emboli che possono provocare embolia polmonare, un evento molto grave, spesso non riconosciuto”.

Aggiunge il prof. Luigi De Marco clinico e ricercatore all’IRCCS CRO di Aviano e  al The Scripps Research Institute  La Jolla, California, intervistato da ALT (intervista integrale pubblicata sul sito www.trombosi.org) incaricato  dal 2001 al 2006, dall’Ente Spaziale Europeo e da quello Italiano di studiare proprio i meccanismi che regolano la capacità del sangue di coagulare in modo appropriato  in condizioni rare.

Gli studi  sulla formazione di trombi nel sangue eseguiti in occasione di un evento da trombosi occorso nel 1971 a un astronauta di Apollo 15, definita “Apollo 15 Space Syndrome” porteranno alla creazione di strumenti in grado di tracciare il profilo di rischio di ciascuno, a prescindere dalla storia famigliare, proprio studiando il trombo al microscopio, mentre si sta formando, in soggetti sani e in soggetti che assumono farmaci antitrombotici perché già colpiti.”

“Sostenere la Ricerca che riuscirà a tracciare il profilo di rischio di ciascuno comprendendo i meccanismi che regolano la capacità del sangue di  scorrere liquido  nelle arterie  e nelle vene e di coagulare solo quando serve per fermare una emorragia, guarire una ferita, guidare la guarigione   e coagulare in modo appropriato anche in condizioni molto particolari, come quelle che si verificano nello Spazio, dipende da coloro che hanno mezzi e sensibilità per finanziare la Ricerca in modo adeguato. I ricercatori sono al lavoro, ma hanno fretta di capire i meccanismi della trombosi in ognuno di noi: hanno bisogno di ALT, hanno bisogno di tutti noi”, conclude il Prof. Luigi De Marco.

 Sostenere la ricerca scientifica che studia i fenomeni di formazione dei trombi è fondamentale, perché molto è stato scoperto, ma moltissimo resta da fare, e solo con il sostegno di persone illuminate e istituzioni attente e generose i ricercatori potranno trovare le risposte che cercano, come in parte il gruppo coordinato dal prof Luigi De Marco ha cominciato a fare grazie ai finanziamenti ottenuti dall’ESA – Ente Spaziale Europeo e dal suo equivalente italiano.

La notizia che riguarda l’astronauta ha portato ALT a coniare un termine nuovo: “trombosi tra le stelle”, per richiamare l’attenzione sulla enorme diffusione della trombosi ad ogni livello, ad ogni età, anche in persone sane per definizione: “Il sogno di ALT è che nessuno un giorno possa dire  “…io non lo sapevo…” e per questo ALT lavora da trent’anni per diffondere informazione e sensibilizzazione: il sogno dei ricercatori è di ricevere fondi sufficienti per studiare il sangue di ciascuno di noi per identificare coloro che sono più fragili e meritano una protezione più attenta e specifica. Ad ognuno di noi spetta la responsabilità di scegliere uno stile di vita sano e correggere abitudini pericolose, agli scienziati il compito di capire con quali meccanismi il sangue di ognuno di noi coagula, in modo simile, ma particolare per aspetti determinanti,” sottolinea la presidente di ALT. “Curare l’organo colpito da trombosi è fondamentale per la sopravvivenza e la qualità della vita del paziente, far conoscere i sintomi precoci di un evento da trombosi è obbligatorio e necessario in particolare per pazienti fragili o a rischio, far conoscere al più vasto pubblico possibile che cosa significa trombosi è possibile e fondamentale per dotare ciascuno delle conoscenze necessarie per poter prendere decisioni importanti che riguardano il  proprio stile di vita e la protezione della  propria salute” – conclude la Dott.ssa Lidia Rota Vender.

LA TROMBOSI

La trombosi è un fenomeno che provoca malattie che conosciamo con il nome dell’organo che colpiscono: trombosi in una arteria coronarica che provoca infarto, trombosi in una arteria  del cervello che provoca ictus, trombosi che si forma in una vena in qualunque parte del corpo e può liberare emboliche possono causare embolia polmonare: malattie molto gravi, che ben conosciamo ma delle quali ancora non siamo riusciti a identificare tutte le cause, evidentemente, se colpiscono anche persone incolpevoli e sane per definizione come un astronauta.

Queste malattie, in generale definite cardiovascolari, sono la prima causa di morte e di grave invalidità in tutto il mondo cosiddetto civilizzato o industrializzato, colpiscono il doppio dei tumori: sono più frequenti man mano avanzano gli anni, ma non risparmiano i giovani e nemmeno i bambini.

Eppure possono essere evitate almeno in un caso su tre.

L’arma più potente per la prevenzione delle malattie da trombosi è la conoscenza: quella che permette ad ognuno di sapere quali siano i fattori di rischio che le rendono più  probabili, quali siano i sintomi che devono metterci in allarme e permettono un intervento medico precocissimo se necessario, quali di noi possono essere più fragili per ragioni ereditarie: ma manca ancora qualche tassello per capire fino in fondo come si verifica una trombosi e che cosa la scatena, tassello che potrà essere fornito solo dalla ricerca scientifica interdisciplinare.

Per ora tutti hanno il diritto di avere accesso  alle informazioni che spiegano quali siano le persone più fragili e quali le situazioni che aumentano il rischio di un incontro ravvicinato con la trombosi.

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