Ambiente & Salute: arriva la prima oasi mangia smog in città dove respirare aria pulita

La prima oasi mangia smog in città, dove respirare aria pulita grazie alla scelta degli alberi più efficaci nel catturare i gas ad effetto serra
MeteoWeb

Arriva la prima oasi mangia smog in città dove respirare aria pulita grazie alla scelta degli alberi più efficaci nel catturare i gas ad effetto serra e bloccare le pericolose polveri sottili con cespugli e piante ognuna con proprie caratteristiche anti inquinamento: dal Bagolaro al Ligustro, dall’Alloro all’Albero di Giuda, dalla Photinia al Viburno, dall’Acero riccio all’Olmo, dalla Betulla verrucosa al Tiglio. L’area green nasce su iniziativa dalla Coldiretti a Gela in piazza Umberto I con il ritorno delle misure di limitazione del traffico dalla Lombardia all’Emilia in occasione della prima tappa del CircularTour, l’appuntamento dedicato all’economia circolare per migliorare la qualità, la sostenibilità e l’ambiente.
Si tratta del primo test di polmone verde sperimentale nel centro città – sottolinea la Coldiretti – a disposizione delle famiglie dove rilassarsi e rigenerarsi con un pieno di aria ripulita in modo naturale grazie all’azione ossigenante delle super piante.
Con l’inquinamento dell’aria che è considerato dal 47% degli italiani la prima emergenza ambientale secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, bisogna intervenire in modo strutturale ripensando lo sviluppo delle città e favorendo la diffusione del verde pubblico e privato sperimentando le essenze più adatte alle condizioni climatiche e ambientali dei singoli territori privilegiando le varietà più efficaci nella lotta all’inquinamento come ad esempio l’Acero Riccio dell’oasi anti smog di Gela che può raggiungere un’altezza di 20 metri, ha foglie di grandi dimensioni con al termine una punta spesso ricurva da cui deriva l’appellativo di “riccio” ed è in grado di assorbire fino a 3800 chili di CO2 in vent’anni con un’ottima capacità complessiva di mitigazione dell’inquinamento e di abbattimento delle isole di calore negli ambienti urbani.
A seguire con 3100 chili di CO2 aspirate dall’aria, ci sono poi la Betulla verrucosa, in grado di crescere sui terreni più difficili e il Bagolaro, chiamato anche spaccasassi o albero dei rosari, in grado di catturare – evidenzia la Coldiretti – fino a 2800 chili di CO2 in vent’anni, oltre a inquinanti gassosi e polveri sottili, che è in grado di sopravvivere anche in terreni carsici e sassosi, asciutti grazie a radici forti come quelle dell’Olmo e del Tiglio selvatico che hanno la stessa forza anti inquinamento. Ma nella speciale oasi delle piante mangia smog – spiega la Coldiretti – trova posto anche l’Albero di Giuda, così chiamato perché originario della Giudea in Israele, con fiori lilla o bianchi, che – evidenzia la Coldiretti – imprigiona azoto dall’atmosfera e assorbe fino a 450 chili di anidride carbonica in 20 anni con un alto potenziale di cattura delle famigerate polveri sottili PM10.
Oppure c’è il Ligustro, conosciuto fin dai tempi degli antichi romani, che può arrivare fino ad una altezza di 30 metri e da adulto può assorbire fino a 25 chili di CO2 all’anno con capacità di bloccare anche le polveri sottili. Mentre la Photinia Red Robin, che fiorisce a fine primavera, che ha foglie sempreverdi e può sopportare una temperatura di 5 gradi sotto zero, in venti anni riesce ad assorbire fino a 450 chili di anidride carbonica. Una virtù mangia smog che appartiene anche all’Alloro, che cresce bene in tutti i terreni, e al Viburno che è una pianta spontanea tipica dell’area mediterranea capace di adattarsi a terreni diversi e che può essere utilizzata per formare siepi creando vere e proprie barriere anti rumore e anti polveri.
Le oasi mangia smog sono strategiche per gli ambienti urbani in Italia dove – evidenzia la Coldiretti – ogni abitante dispone in città di appena 32,8 metri quadrati di verde con la situazione che peggiora nelle metropoli con valori con valori che vanno dai 6,3 di Genova ai 16,5 a Roma, dai 18,1 di Milano ai 22,6 di Torino fino ai 22 metri quadrati a Bologna, secondo una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat. A favorire lo smog nelle città – sottolinea la Coldiretti – è l’effetto combinato dei cambiamenti climatici, del traffico e della ridotta disponibilità di spazi verdi che concorrono a combattere le polveri sottili e gli inquinanti gassosi abbassando la temperatura dell’ambiente circostante durante le giornate più calde e bloccando anche le pericolose PM10.
In questa situazione è positiva la conferma del bonus verde fortemente sostenuta dalla Coldiretti che prevede attualmente una detrazione ai fini Irpef nella misura del 36% delle spese sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private e condominiali di edifici esistenti, di unità immobiliari, pertinenze o recinzioni (giardini, terrazze), per la realizzazione di impianti di irrigazione, pozzi, coperture a verde e giardini pensili. “Si tratta di un segnale importante per un settore da primato del Made in Italy come il florovivaismo che solo in Italia vale complessivamente oltre 2,5 miliardi di euro e conta 100mila addetti su 27mila aziende, diffuse su tutto il territorio nazionale” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Il bonus verde – rileva la Coldiretti – è una misura strategica per la lotta all’inquinamento anche alla luce del provvedimento adottato dalla Commissione europea che ha deferito l’Italia (insieme a Francia, Germania, Ungheria, Romania e Regno Unito) alla Corte di giustizia dell’Ue per mancato rispetto dei valori limite stabiliti per la qualità dell’aria e per aver omesso di prendere misure appropriate per ridurre al minimo i periodi di superamento. Infatti all’Italia è contestato il superamento per più di 35 giorni in un anno dei valori limite giornalieri delle polveri sottili (PM10) con 50 microgrammi per metro cubo in 28 aree nel territorio nazionale in Lombardia, Piemonte, Veneto e Lazio, dove i valori limite giornalieri sono stati costantemente superati. Una situazione – conclude la Coldiretti – che si ripete praticamente ogni anno soprattutto nel periodo invernale quando non piove.

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