“Al momento attuale non possiamo assolutamente comprendere la virulenza del Coronavirus con i dati in nostro possesso. Sulla base di questa semplicistica, ma necessaria premessa possiamo dedurre che il Coronavirus è caratterizzato da due fattori di rischio: il lungo periodo di incubazione, che ne rende praticamente impossibile il confinamento, e il possibile stato di portatore sano“: lo afferma in una nota la Sipps, la Società italiana di pediatria preventiva e sociale, che chiarisce alcuni principi di carattere generale, in attesa che i dati epidemiologici e gli esperti infettivologi possano meglio definire la pericolosità del virus. “Bisogna ricordare che, nei confronti dei virus che circolano da anni/decenni – sottolinea Giuseppe Di Mauro, presidente Sipps – i sistemi immunocompetenti umani sono in grado di rispondere in modo efficace e adeguato. Nei confronti invece di questi virus che hanno fatto il cosiddetto ‘salto della specie’, da animale a uomo, i nostri sistemi immunocompetenti tendono a reagire in modo pericoloso, sia per eccesso che per difetto“. “Quello che è avvenuto a partire dagli anni ’90 del secolo scorso – prosegue Ernesto Burgio, dell’European Cancer and Environment Research Institute di Bruxelles ed esperto Sipps – è che molti virus animali sono passati dal loro serbatoio animale/naturale all’uomo: gran parte delle malattie acute emergenti sono infatti zoonosi. Finora questi virus non sono diventati vere e proprie epidemie essenzialmente perché, per nostra fortuna, non hanno acquisito le mutazioni chiave, in particolare nel gene codificante per la proteina in grado di agganciarsi ai recettori delle vie aeree superiori umane (ha-emoagglutinina)“. “Tutto questo – conclude Burgio – per ricordare, in caso di diffusione di questi virus, che bisogna agire correttamente in primis per limitarne/rallentarne la diffusione, poi per salvaguardare i sistemi sanitari e proteggere la salute degli operatori sanitari, che si trovano inevitabilmente ad essere i soggetti più esposti“.