Secondo una nuova ricerca un nuovo studio condotto dai ricercatori del Center for Star and Planet Formation (StarPlan) presso il Globe Institute dell’Università di Copenaghen, le prime fasi di formazione del nostro pianeta potrebbero essersi sviluppate in circa 5 milioni di anni, prima di quanto ritenuto in precedenza.
A sostenere la nuova ipotesi sono dati relativi a diversi tipi di meteoriti: in particolare sono stati studiati gli isotopi di ferro, ossia atomi dello stesso elemento con una diversa massa. E’ emerso che un solo tipo di meteorite ha una composizione simile a quella della Terra: sono i cosiddetti condriti CI. I piccoli corpi celesti molto primitivi sarebbero i testimoni più antichi dell’ambiente in cui era immerso il Sole quando era ancora giovanissimo. Le analogie riscontrate nei dati relativi alla composizione della Terra portano a ipotizzare che anche “l’embrione” del nostro pianeta sia nato nello stesso periodo.
“Se si paragona l’età stimata del Sistema solare, circa 4,6 miliardi di anni con l’arco di una giornata, secondo i nuovi risultati, la proto-Terra si sarebbe formata in circa un minuto e mezzo, contro le iniziali stime che calcolavano un periodo proporzionale di circa 5-15 minuti“, ha spiegato il team di ricerca. “Potrebbe essere iniziato tutto con del pulviscolo, elementi millimetrici che si sono uniti fino a formare il pianeta“, ha precisato Martin Schiller, autore principale dello studio. “Le implicazioni di questa ricerca sono relative non solo al processo di formazione della Terra, ma anche alla possibilità che altri pianeti si formino in maniera simile in altre parti della galassia“. “La polvere potrebbe aver raffreddato lentamente il proto-pianeta, modificando la concentrazione di ferro nel mantello terrestre, il che è possibile solo se la maggior parte del ferro era già stata rimossa dal nucleo“, ha proseguito lo scienziato.
“Alcuni pianeti potrebbero essersi formati molto più velocemente di quanto ritenuto in precedenza, con la teoria delle collisioni. Ora sappiamo che esistono moltissimi esopianeti, scoperti dagli anni Novanta fino ad oggi“, spiega Martin Bizzarro, ricercatore allo StarPlan.
“Quando comprendiamo come avviene la formazione dei corpi celesti nel nostro Sistema solare possiamo apprendere molto di più riguardo gli altri pianeti della galassia. Secondo le precedenti teorie, ad esempio, la formazione dell’acqua potrebbe avvenire solo in condizioni specifiche e simili a quelle verificatesi sulla Terra. Ma l’acqua, per come la conosciamo, potrebbe essere l’ingrediente fondamentale della vita, e potrebbe essere altrove nell’universo“, concludono i ricercatori.
Comprendere come si sono formati i pianeti del Sistema Solare permette anche di capire con quale frequenza si accumuli l’acqua, e considerando che le condriti contengono acqua al loro interno, diventerebbe più probabile trovarla altrove nell’universo.