Il Coronavirus e le conseguenze sulla psiche: “Panico, depressione e ipocondria i sintomi più evidenti”

Coronavirus: l'esperto analizza le conseguenze psichiche della vita ai tempi del COVID-19
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Sicuramente questo è uno dei momenti più difficili per alcune categorie professionali: chi ha vissuto in prima linea l’emergenza, come medici, infermieri e operatori sanitaria, è verosimile che sviluppi disturbi correlati allo stress perché sono stati fisicamente sotto enormi pressioni ma soprattutto perché stanno vivendo momenti molto cruenti e traumatici“: lo sostiene il dott. Leonardo Mendolicchio, Medico Psichiatra Psicoanalista, Direttore Sanitario di Villa Miralago (Varese)
e Direttore Scientifico Rete Ananke, in riferimento alle conseguenze psichiche della vita ai tempi del COVID-19. “Gli echi che arrivano dagli ospedali non sono confortanti e sono sempre collegati ad immagini difficili da gestire. Ovviamente è un momento traumatico per tutti che produce inevitabilmente angoscia, e l’angoscia può prendere le più disparate forme sintomatiche a seconda dei contesti, delle storie e delle sensibilità. Panico, depressione e ipocondria saranno i sintomi più evidenti che si alimenteranno anche a causa della solitudine forzata che in questi tempi siamo costretti a vivere.  In questo caso evitare di tenere l’angoscia e le paure sotto controllo, parlarne con qualcuno è sempre utile. La parola ha l’effetto di smorzare i timori, le angosce e le ipocondrie, non cadere nel tranello dell’abbuffata di informazioni ma tenere il canale della comunicazione sempre aperto con gli altri.”

Riguardo lo smart working, secondo Mendolicchio, ““Casa” e “lavoro” sono due parole che non andrebbero d’accordo, nell’immaginario collettivo c’è che si debba lavorare nel luogo opportuno preservando la casa per riposarsi o per gli hobbies. È pur vero che nella società odierna i tempi si sono mescolati, c’è una strana alchimia tra il tempo e il luogo impiegato per lavorare rispetto a quello del riposo. È usanza di molti di portarsi il lavoro tra le mura domestiche. C’è da un lato una tendenza a non confondere il momento del lavoro col momento della vita casalinga e dall’altro persone con una certa responsabilità e con ruoli apicali che hanno sempre confuso la vita domiciliare col lavoro. Quello che fa strano è essere obbligati a confonderli: sì, noi non abbiamo una cultura del lavoro in casa e questo è uno dei momenti confusivi e traumatici che stiamo vivendo. Ove fosse possibile sarebbe opportuno che lo Smart working sia una scelta e non un obbligo, meglio stare a casa in ferie o in congedo piuttosto che essere obbligati al lavoro da casa. Al contrario se è una scelta operata con convincimento potrebbe essere un modo inedito per “mescolare” in modo consapevole i tempi di vita quotidiana.

Come affrontare il quotidiano in questo momento difficile? “Questo momento è caratterizzato da una crasi tra reale e virtuale. Ci sembra che le scene quotidiane a cui assistiamo oggi siano simili a quelle viste negli action movies, oppure che le scene viste nei film rappresentino un quotidiano irraggiungibile. Davvero c’è un momento di confusione tra ciò che è immaginario e ciò che è reale, ciò che abbiamo vissuto fino a ieri e ciò che invece è solo sullo schermo. Devo dire però che questo confondimento in questa fase è fondamentale, perché avere troppa contezza di quella che è la realtà potrebbe essere troppo drammatico e pericoloso. Rifugiarsi nel virtuale e nell’immaginario serve. Rispetto alle attività che dall’esterno si portano in casa, tutti si adatteranno, è opportuno che ci si adatti. Lo spirito di adattamento è la cifra di questo periodo e probabilmente aiuterà molte persone a superarlo. Il virtuale che era fino a ieri un lusso discutibile e criticato ci servirà a superare questo drammatico momento, d’altronde i bambini per prima ci insegnano che la fantasia, l’immaginazione sono strumenti arcaici per affrontare le paure reali.
Penso, inoltre, che ci sarà una dimensione dissociativa: di fronte a situazioni molto stressanti, cruente, minacciose, traumatiche, la nostra psiche attiva uno dei meccanismi di difesa più potenti, quello della dissociazione, ossia alienarsi dalla realtà e non sentire le forti emozioni che l’angoscia, la paura, il terrore possono portare. Ci sarà un diffuso raggelamento emotivo, probabilmente ci sarà una maggiore capacità di concentrazione e di discernimento, propedeutici a non commettere errori. Questi sono tutti meccanismi che la psiche attiva nei momenti di maggiore trauma e stress. Questo è un momento molto interessante in relazione alle nostre capacità di rispondere agli stress: noi siamo una generazione di persone abituate a vivere stress poco acuti ma diluiti nel tempo e questo fa molto male perché crea una serie di alterazioni psicofisiche, poiché gli stress prolungati fanno male al nostro corpo e alla nostra mente depauperando le nostre risorse.  Gli stress acuti e intensi, invece, elicitano da un lato le difese psichiche ma soprattutto ci stimolano a far fronte alle avversità, facendo leva sulle proprie capacità. Probabilmente questo shock potrà per molti di noi attivare le nostre risorse in modo acuto, rapido e un inedito dando fondo a tutte le nostre risorse. Di fatto quello che sta accadendo negli ospedali ce lo dimostra, infermieri, medici, eroi che arrivano a fare anche doppi e tripli turni per salvare la vita umana. Questa è la cifra del nostro tempo: riuscire ad impattare su situazioni molto acute che sovvertono gli equilibri, ma che in realtà danno la possibilità di mettere in campo risorse importanti.”

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