Un enorme tsunami potrebbe colpire le isole Falkland, un arcipelago nell’Atlantico del Sud in un prossimo futuro. Lo sostengono in un articolo pubblicato sulla rivista Marine Geology i ricercatori della Heriot-Watt University (Dubai), che riportano i risultati di alcuni modelli informatici, secondo i quali la presenza di alcune frane sottomarine indicherebbe la possibilita’ che la costa venga inondata da tsunami alti decine di metri. “Fortunatamente di tratta di un evento che si verificherebbe una volta ogni milione di anni. Sarà comunque necessario studiare il fenomeno per avere un’idea dei pericoli su scale temporali diverse e per comprendere meglio come questi eventi possano scatenarsi“, commenta Uisdean Nicholson della Heriot-Watt University.
“Le frane sottomarine si sono verificate nella stessa posizione, una regione rialzata sul fondale marino nota come Burdwood Bank. I dati sismici indicano che alcuni sedimenti di fango, sabbia e lino sono precipitati verso acque piu’ profonde, per un ammontare totale di circa 100 km cubi di materiale, come se si ricoprisse l’intera citta’ di Edimburgo con 400 metri di sedimenti“, spiega ancora il ricercatore esperto di scienze geologiche che lavora a Edimburgo, la Capitale della Scozia.
“Le onde provocate da questo tipo di frane possono essere davvero mastodontiche, come abbiamo potuto osservare ad esempio nel 1998 in Papua Nuova Guinea, dove uno tsunami alto 15 metri ha causato la morte di 2.200 persone. Le Falkland si trovano a circa 150 km dalla Burdwood Bank, e secondo i modelli la costa meridionale potrebbe essere investita da onde di 40 metri, mentre nella capitale, Port Stanley, si potrebbe assistere a tsunami di dieci metri“, spiega Dave Tappin della Heriot-Watt University. “Il limo e la sabbia franati si stanno formando nuovamente, ma al momento non sappiamo quando si verifichera’ un collasso drastico in grado di provocare l’evento anomalo. Per questo sara’ necessario integrare e perfezionare i modelli, in modo da rendere piu’ precise le misurazioni e le previsioni“, conclude Nicholson.