Coronavirus, parla un calabrese guarito: “Non ho avuto contatti con nessuno dal Nord, è mistero sul contagio. Mi ha salvato un farmaco”

“Febbre alta e tosse secca, questi sono stati i primi sintomi. Poi durante il ricovero ho avuto gravi crisi respiratorie, che mi hanno realmente distrutto a livello fisico"
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Si chiama Filippo Di Scianni, ha 47 anni, ed è stato uno dei primi calabresi ad aver contratto il Coronavirus. Oggi può dirsi perfettamente guarito e raccontare la sua storia, come ha fatto ai microfoni di StrettoWeb, ha rilasciato una toccante testimonianza. “Io mi ritengo fortunato, ho superato la situazione, ma molti non ce l’hanno fatta”, ha detto prima di raccontare la sua storia: “il 13 marzo sono risultato positivo, ma venivo da otto giorni con febbre molto alta. Avevo chiesto il tampone già da giorni, mi è stato fatto la mattina del 13. Il giorno successivo è arrivato il risultato del test, dove appunto i medici hanno dato la conferma di positività”. Ma come è avvenuto il contagio?sono stato con un collega assicuratore il 2 marzo, poi lui risultò positivo e fu ricoverato due giorni prima di me. E’ stato lui a passarmi il virus. Non sono stato al Nord e non ho avuto contatti con persone che provenivano dal Nord, né io e né il mio collega negli ultimi tre o quattro mesi. Ancora oggi non riusciamo a capire come tutto sia stato possibile”.

Febbre alta e tosse secca, questi sono stati i primi sintomi – continua – . Poi durante il ricovero, presso il reparto Malattie Infettive dell’Ospedale Annunziata di Cosenza, ho avuto gravi crisi respiratorie, che mi hanno realmente distrutto a livello fisico, fino a quando il 17 marzo mi è stato somministrato un farmaco sperimentale. Già subito dopo 48 ore ho iniziato a stare meglio”. Si tratta del Tocilizumab, indicato per il trattamento dell’artrite reumatoide e che il GOM di Reggio Calabria utilizza per i propri pazienti già dal 2011. La Roche (azienda produttrice del farmaco), si è impegnata a fornire in forma gratuita il Tocilizumab a diverse aziende ospedaliere calabresi per il periodo di emergenza.

Ho avuto migliaia di telefonate e messaggi, in tantissimi mi hanno chiamato. Io sono anche presidente di una squadra di calcio, per questo sono stato contattato da molte società e uomini di sport – prosegue Filippo -. Invito tutti i calabresi a restare a casa, per evitare contatti e rischiare di infettarsi a vicenda. In queste settimane ho capito purtroppo che qualcuno non sente tuttora il pericolo. Il Coronavirus non è una semplice influenza, non uccide soltanto le persone anziane, ogni giorno al Nord apprendiamo con tristezza della morte di medici e infermieri che lottano in prima linea. In Calabria per fortuna non c’è mai stata una situazione di emergenza, i calabresi sono stati bravi a mantenere basse le percentuali di contagio, ma ciò non significa che dobbiamo abbassare la guardia. Meglio fare adesso un mese di sacrificio in più, per restare più tranquilli dopo. Lo dico non perché il personale medico in Calabria non sia preparato, anzi è il contrario, ma perché mancano i servizi e i presidi per gli operatori”.

“La mia famiglia ovviamente ha dovuto anche effettuare il test del tampone. Mia moglie, mia madre, mio papà e mio fratello dovevano essere controllati prima che io potessi rientrare a casa – prosegue -. La richiesta è durata diversi giorni perché inizialmente non c’erano i tamponi, successivamente l’azienda sanitaria di Cosenza ci informa che gli operatori non possono uscire per effettuare i tamponi a casa delle persone perché non hanno in possesso tute protettive e occhiali. La mia famiglia ha dunque provveduto personalmente a fare una donazione affinché potessero quel giorno effettuare i tamponi”.

“Oggi capiamo che non è importante vedere Cristiano Ronaldo andare in gol, non è importante ascoltare un cantante esibirsi dal vivo, perché i veri angeli sono i medici e gli infermieri, tutti coloro che lavorano intorno agli ospedali e lottano ogni giorno questa situazione. Questa gente entra nelle stanze dove sono ricoverati i pazienti positivi, mettendo a repentaglio la propria salute e sostenendo orari di lavoro estenuanti, quindi faccio un applauso a tutti loro. Dovrebbero essere queste persone a percepire ogni anno milioni di euro e non i calciatori di Serie A”, conclude Filippo.

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