Coronavirus, FOCUS su Animali e Covid- 19

In italia e nel mondo, milioni di persone vivono la tragica realtà del Coronavirus, Anche gli animali, alcuni più di altri, ne sperimentano quotidianamente le drammatiche conseguenze.
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Come tutti sanno, in pochi giorni Covid-19 ha stravolto le nostre vite, Bollettini di guerra con morti e contagiati, decreti ministeriali e moduli di autocertificazione, negozi chiusi, strade deserte, fabbriche ferme, preoccupazione per il futuro, paura. Noi umani non eravamo pronti per affrontare una simile surreale emergenza. Anche gli animali non erano pronti.

La prima avvisaglia sul loro coinvolgimento nel dramma è giunta dalla Cina. Nel Regno di mezzo, infatti,  già nel mese di febbraio, è scattata una sorta di psicosi collettiva ai danni degli animali, domestici e randagi, dopo che un medico ha azzardato, nel corso di una infelice intervista rilasciata ad un quotidiano locale, che proprio i nostri amici a quattro zampe potevano essere con grande probabilità vettori e diffusori del virus. Malgrado l’Organizzazione Mondiale della Sanità avesse chiarito l’estraneità al contagio di quadrupedi, piccoli roditori, pesci ed altre specie. Le cronache descrivevano scene atroci. Cani randagi, del tutto innocui, giustiziati a suon di bastonate per le strade da singoli cittadini o da folle inferocite. Gatti e cani domestici, amati e coccolati fino a pochi istanti prima, lanciati verso morte certa, giù dai balconi.

Successivamente, l’ondata di follia ha interessato anche il nostro Paese, pur manifestandosi in maniera diversa e con minore intensità. Da noi il fenomeno emergente è stato quello dell’abbandono. Numerosi proprietari, in minoranza però rispetto al totale di coloro che possiedono animali domestici, spinti dal timore di poter contrarre l’infezione dai propri cani e gatti, hanno ritenuto necessario allontanarli da casa, lasciandoli esposti ai pericoli della vita randagia. A supporto delle associazioni animaliste impegnate ad arginare questa mala pratica, è intervenuto persino il Capo Dipartimento della Protezione Civile, il quale il 19 marzo, durante la consueta conferenza stampa di aggiornamento sullo stato dell’epidemia, ha esortato la popolazione a non abbandonare gli animali. “Da più parti ci giunge la segnalazione di abbandono di animali domestici, in particolare di cani – ha spiegato Borrelli – in nessun modo esiste ed è stata dimostrata la possibilità di diffusione di contagio tra gli animali e le persone”. E ancora: “L’abbandono di animali domestici, specie cani, è assolutamente deprecabile. Il virus è presente anche nei cani ma nulla dimostra il contagio da animali a persone, quindi non vanno abbandonati per questo”.

Al contrario, sembra che gli animali potrebbero essere vittime del contagio e non responsabili, cioè potrebbero venire infettati da noi umani. Come sembra sia accaduto qualche settimana fa nella città di Hong- Kong in Cina ad un cane da compagnia, il cui proprietario sessantenne è paziente Covid-19 e, qualche giorno fa a Liegi in Belgio, ad un gatto, risultato positivo al virus come il suo padrone. Ma si tratterebbe di casi rari.

Nelle regioni italiane più colpite dalla pandemia, in particolare in Lombardia, si è anche verificata l’avversa circostanza degli animali domestici rimasti “orfani” e soli in casa, dopo che i loro padroni, magari anziani, sono stati ricoverati d’urgenza in ospedale o, peggio, dopo che sono deceduti a causa dell’aggravarsi dei sintomi della polmonite interstiziale, conseguenza diretta del Coronavirus. Per loro è partita, ove possibile, la macchina della solidarietà, che ha coinvolto e coinvolge tuttora il volontariato animalista, ma anche vicini e parenti dei defunti e dei malati.

Con il susseguirsi degli eventi, è emerso un altro aspetto cruciale dell’emergenza Covid-19:  la scarsità del cibo. Moltissime associazioni che gestiscono canili e gattili, rifugi per animali randagi, santuari che accolgono animali da reddito sottratti alla macellazione, così come i singoli volontari che gestiscono le varie colonie feline sparse sul territorio, sono rimasti a corto di provviste e faticano spesso a reperirne di nuove. La crisi economica, che ci auguriamo si risolverà presto, ha coinvolto un pò tutti. Le donazioni e i rifornimenti solitamente offerti da privati di buon cuore vanno scemando. Gli appelli e le collette per la raccolta del cibo aumentano.

Soprattutto, le restrizioni ministeriali applicate per contenere la trasmissione del contagio, seppur non intenzionalmente, hanno reso difficili e disagevoli gli spostamenti di coloro che si occupano quotidianamente di sfamare gli animali selvatici o quelli nei rifugi, i gatti delle colonie per es., i cani vagabondi, i cani di quartiere, talvolta costretti a patire la fame per giorni. Le staffette sono ferme e, di conseguenza, le partenze per consegnare i più fortunati in stallo o in affido alle famiglie che si sono rese disponibili ad accoglierli temporaneamente o ad adottarli per sempre, sono sospese. Ancora per qualche settimana, dunque, cani, gatti, conigli, etc., destinati ad una nuova vita di agi e libertà, resteranno in canile o in rifugio, gravando ulteriormente sulle risorse dei centri ospiti.

Alcuni circhi, rimasti isolati nei loro accampamenti per la quarantena e per il blocco delle attività, come ad es. è accaduto a Gallarate e a Salerno, hanno lanciato pubbliche richieste di aiuto, ricevendo da cittadini e volontari prodotti alimentari per i dipendenti, mangime e fieno per gli animali. Anche le associazioni animaliste hanno offerto con solerzia il loro sostegno e contributo, fermo restando che la posizione del popolo animalista sull’argomento è forte e chiara: le imprese circensi vanno abolite, in quanto il loro successo è direttamente proporzionale allo sfruttamento e ai soprusi, cui sono sottoposti giornalmente gli animali.

Colombi e piccioni, che solitamente si nutrono di rifiuti o anche grazie ai bocconi lanciati in aria da turisti e passanti, con lo svuotarsi delle strade e dei publici esercizi, spesso non volano più, ma si trascinano a terra alla ricerca di cibo. Così come i gabbiani e i rondoni presenti nei grandi centri urbani. Anche per i volatili di piccole dimensioni, nascosti di preferenza nel verde dei parchi, briciole e avanzi scarseggiano.

A seguito del drastico calo subito dal settore turistico, sembra che in India e in Thailandia, le scimmie solitamente rimpinzate dai visitatori o dagli avventori dei mercati all’aperto, si azzuffino ora affamate, mentre percorrono in branchi strade e piazze spoglie.  Emergenze dovute alla mancanza di cure e cibo sono state registrate anche in alcuni parchi zoologici italiani, come quello di Pombia, in provincia di Novara, forse ora a rischio di chiusura definitiva.

L’elenco delle situazioni problematiche collegate all’emergenza in corso è lungo. Per concludere,  citiamo un recente episodio di cattiva informazione, che ha suscitato a ragione un vespaio di polemiche. Lo scorso 26 marzo, nel corso di una nota trasmissione televisiva pomeridiana, il veterinario Zibellini, ha consigliato ai telespettatori di lavare le zampe dei cani, al rientro dalla passeggiata, con “disinfettanti molto diluiti a base di clorexidina o banalmente candeggina, ma molto diluita”, per evitare contaminazioni dall’esterno. Subito le associazioni animaliste sono insorte, minacciando di denunciare il professionista. Numerosi veterinari hanno smentito categoricamente l’affermazione del loro collega, sottolineando che la candeggina non andrebbe mai utilizzata poichè si rischiano danni seri: “i cuscinetti nelle zampe sono molto sensibili, si potrebbero generare abrasioni e anche effetti peggiori qualora l’animale si leccasse poi le parti trattate”. Nel corso della trasmissione del 30 marzo, il Presidente dell’Ordine Nazionale dei Medici Veterinari Melosi, per placare le polemiche, ha puntualizzato che “il cloro è una sostanza irritante e deve essere utilizzata a particolari diluizioni. Ad es., sui polpastrelli dei cani si possono impiegare prodotti come Amuchina spray, che ha una concentrazione dello 0,05%”.

Per essere certi di non combinare guai, meglio detergere le zampe dei nostri cani utilizando una semplice soluzione di acqua e sapone sgrassante, Nè più nè meno come per le nostre mani. Gli animali fanno ormai parte delle nostre famiglie, donano amore alle nostre vite, ci comprendono e ci somigliano. Anche in questo, nell’uso dell’acqua e sapone.

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