Coronavirus, la Fondazione GIMBE invita alla cautela: “Gli effetti negativi delle riaperture si vedranno solo dopo 2-3 settimane”

Coronavirus, GIMBE: "Il numero dei nuovi casi in Italia rimane elevato e non ha affatto raggiunto alcuna stabilizzazione prolungata"
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I numeri dell’epidemia di Coronavirus in Italia “impongono massima prudenza“: lo afferma il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabelotta, ricordando che nell’ultima settimana i casi sono stati +22.172 casi, di cui 3.440 decessi.
Nella settimana 15-22 aprile, spiega Cartabellotta, “si conferma l’ulteriore riduzione del sovraccarico di ospedali e terapie intensive ma a 10 giorni dal previsto avvio della fase 2, il 4 maggio, i risultati sul contenimento del contagio non sono ottimali, né stabilizzati come raccomanda la commissione europea. Ovvero, i numeri invitano alla massima cautela, sia perché alcune regioni e numerose province sono ancora in piena fase 1, sia perché gli eventuali effetti negativi delle riaperture si vedranno solo dopo 2-3 settimane“.

Il monitoraggio indipendente della Fondazione GIMBE sulle variazioni settimanali, documenta un trend in ulteriore miglioramento sul versante ospedaliero, in particolare sulle terapie intensive, ma non ancora sul numero di contagi e decessi.
Nella settimana 15-22 aprile, rispetto alla precedente, i casi totali sono stati +22.172 (+13,4%), i decessi +3.340 (+15,9%), i ricoverati con sintomi -3.838 (-13,9%) e le terapie intensive -695 (- 22,6%).
Se la Commissione Europea nella roadmap per la ripartenza ha ribadito che è “fondamentale ridurre e stabilizzare il numero di ricoveri e/o dei nuovi casi per un periodo di tempo prolungato“, a 10 giorni dall’avvio della fase 2, sottolinea Gimbe, “il numero dei nuovi casi in Italia rimane elevato e non ha affatto raggiunto alcuna stabilizzazione prolungata“. Se il parametro per la, seppur graduale, riapertura, conclude Cartabellotta, “è il decongestionamento di ospedali e terapie intensive siamo quasi pronti; ma se non vogliamo rischiare una nuova impennata dei casi, i numeri impongono la massima prudenza, sia perché alcune Regioni e numerose Province sono ancora in piena fase 1, sia perché gli eventuali effetti negativi della riapertura si vedranno solo dopo 2-3 settimane“.

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