”Abbiamo chiesto ai Direttori Generali di sospendere immediatamente la distribuzione dei dispositivi Iwode di certificazione cinese su cui sono stati sollevati dubbi di idoneità al rischio biologico e di procedere con le opportune verifiche, al fine di tutelare la salute di tutti gli operatori sanitari che operano a contatto con pazienti Covid-19”. E’ quanto dichiara Filippo Anelli, presidente dell’Ordine dei medici di Bari e della Fnomceo (Federazione nazionale ordine medici e odontoiatri) a seguito della nota con cui ieri Saverio Andreula, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Bari, ha reso noto che le tute cinesi, giunte con un volo speciale dalla provincia del Guandgong e distribuite alle strutture del Servizio sanitario regionale ”sarebbero utilizzabili esclusivamente per la protezione meccanica e non per la protezione da rischi di contaminazione biologica, quindi non idonee ad essere usate nelle Unità operative di degenza Covid-19′‘.
La Regione invece aveva confermato ieri con il dirigente della protezione civile regionale che si tratta di materiale idoneo e uguale a quello usato a Wuhan in Cina durante l’analoga emergenza. ”Una nota del 9 aprile scorso della Presidenza della Giunta regionale – sezione Protezione civile inviata al Dipartimento politiche della Salute e alle Aziende del servizio sanitario – rileva l’ordine dei medici – faceva presente la disponibilità di 120mila tute di protezione Iwode con certificazione cinese. A fronte della indisponibilità di tute di categoria 4 per rischio biologico, certificate secondo gli standard europei , invitava le aziende sanitarie regionali alla distribuzione delle tute di certificazione cinese.Sembra tuttavia che le tute cinesi in questione siano quelle utilizzate in Cina per le sole attività di sanificazione degli ambienti e non per la gestione dei pazienti Covid-19′‘, questa l’obiezione di Anelli.
”In questa epidemia i medici e tutti gli operatori sanitari stanno dando prova di un impegno e di una dedizione senza pari – conclude – hanno però il diritto di lavorare in condizioni di sicurezza, perché la tutela del diritto alla salute dei cittadini deve accompagnarsi alla tutela dei lavoratori che le aziende sanitarie devono essere in grado di garantire anche in questa situazione di emergenza”.