Covid-19 e malati reumatici, studio epidemiologico per valutare la relazione con l’immunocompromissione

"Si tratta di uno studio epidemiologico, per monitorare accuratamente i pazienti, e capire se e quanti pazienti reumatologici sono stati contagiati"
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In Italia, le persone affette da una patologia reumatica sono circa 5 milioni. Nella provincia di Reggio Calabria, e in cura presso l’UOSD di Reumatologia del GOM, si registrano circa 4mila casi.

Sin dall’inizio della pandemia sono state prese e assunte tutte le misure a tutela dei pazienti reumatici, perché non mancasse loro alcun tipo di assistenza da parte di medici e infermieri, riporta un comunicato stampa del Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria.

Giusy Pagano Mariano“Nonostante l’emergenza, non abbiamo perso di vista le problematiche complesse dei nostri pazienti”, spiega la dott.ssa Giusy Pagano Mariano, dirigente medico dell’UO di Reumatologia: “ci siamo attivati, muniti di tutto l’occorrente affinché venisse loro garantita l’assistenza migliore. Li abbiamo tranquillizzati, poiché molti sono immunodepressi per via dei farmaci che assumono. Sono state impiegate tutte le misure a tutela dei pazienti, alcuni sono stati valutati in reparto, assicurando le misure precauzionali, altri sono stati seguiti in remoto, con telefonate e utilizzando strumenti tecnologici. Ma il problema principale è stato quello di poter continuare ad effettuare i ricoveri in regime di day-hospital per quei pazienti reumatologici che hanno necessità di una terapia infusionale, che non può essere interrotta. In particolare, per i pazienti affetti da Sclerodermia, che hanno un quadro polmonare simile ai pazienti con Covid, e taluni presentano un quadro di compromissione  importante,  è fondamentale il monitoraggio; ma soprattutto valutarli e trattarli, senza dover interrompere la terapia. Ogni stanza di day-hospital ospita non più di 2 persone per garantire la distanza di sicurezza, con un numero complessivo di circa 8 degenti ogni giorno”.

Maurizio Caminiti

Il dott. Maurizio Caminiti (responsabile dell’UO di Reumatologia del GOM) chiarisce inoltre che “stiamo inoltre lavorando ad un progetto, in collaborazione con altri centri Reumatologici italiani. Si tratta di uno studio epidemiologico, per monitorare accuratamente i pazienti, e capire se e quanti pazienti reumatologici sono stati contagiati: indagare se il mancato sviluppo nelle forme più gravi del Covid sia stato dovuto proprio alla loro immunocompromissione. In riferimento ai farmaci che i nostri pazienti assumono, in particolare, il Tocilizumab, che noi reumatologi conosciamo bene da anni, ed è diventato uno dei farmaci fondamentali nel trattamento del Covid 19, in alcuni centri italiani la conoscenza in merito al farmaco da parte dei reumatologi è stata messa a servizio degli altri colleghi, lavorando in team multidisciplinare. A tal proposito, per garantire l’utilizzo del farmaco nei pazienti con Coronavirus, abbiamo sostituito la terapia infusionale con quella sottocutenea. Lo ha precisato il presidente della Società Italiana di Reumatologia dott. Luigi Sinigallia in qualche intervista, e io riporto le sue parole: ‘La SIR (Società Italiana Reumatologi) e tutta la reumatologia italiana sono in prima linea  per arginare questa terribile pandemia. Il nostro auspicio è di riuscire a breve a produrre evidenze scientifiche rilevanti da mettere poi a disposizione dell’intera comunità scientifica’. L’idrossiclorochina – prosegue Caminiti- , altro farmaco utilizzato dai pazienti con lupus eritematoso sistemico, connettiviti, Sindrome di Sjögren, trova l’impiego anche nel Covid 19; pertanto abbiamo ricevuto segnalazioni di mancato reperimento. A questo proposito coloro che utilizzano il Plaquenil ( idrossiclorochina) possono contattare il numero 800 53 63 89 per avere  informazioni sulla disponibilità. È importante trasmettere il messaggio che, adottando tutte le misure di sicurezza per ridurre il rischio di contagio, non perdiamo di vista i nostri pazienti che hanno una patologia sistemica, cronica, complessa, e che la terapia con farmaci importanti e ‘salvavita’ non può essere interrotta proprio per la possibilità di riacutizzazione. Ci auguriamo di poter controllare, al più presto, i nostri pazienti in reparto.”

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