Cosa accadrà con la fase 2? Quali saranno le regole da seguire? Ancora i quesiti sono molti e le risposte poche. Ciò che è certo è che le regole cambieranno, le nostre vite cambieranno e anche il nostro modo di muoverci e di compiere azioni quotidiane saranno ben diverse. Tra le certezze per il periodo che ci attende ce n’è una alla quale sicuramente dovremo adattarci, volenti o nolenti: indossare la mascherina quando usciamo e nei luoghi di lavoro.
La domanda però, la cui risposta non è così semplice e scontata come sembra, è: quali mascherine usare, quali sono le migliori? In base a quali criteri scegliere? Per fare ordine abbiamo chiesto ad un’esperta. La dott.ssa Angela Gioffrè, ricercatore biologo del Dipartimento Medicina Epidemiologia Igiene del Lavoro e Ambientale, del Centro Ricerca INAIL di Lamezia Terme, ha stilato per MeteoWeb una serie di indicazioni e consigli utili a districarsi nel complesso mondo delle mascherine protettive.
“L’utilizzo di sistemi di protezione per le vie respiratorie è molto importante, ma in un discorso integrato a tutte le indicazioni che fino adesso sono state date. Il distanziamento sociale e il mantenimento delle norme igieniche anche in ambienti di vita dovrebbero essere prioritarie. Quello che ho notato nelle mie poche uscite è che indossando guanti e mascherine (di ogni genere) le persone si sentono più protette e tendono a non rispettare il distanziamento sociale, che invece rimane ad oggi la via di protezione principale. Il discorso sul tipo di mascherine quindi, diventa importante, anche perché le speculazioni non mancano. Cerchiamo dunque di fare chiarezza.
Mascherine di tipo chirurgico: dovrebbero essere indossate per proteggere gli altri, ma difficilmente proteggono chi le indossa (se tutti però utilizzassero questo tipo di dispositivi medici il rischio contagio si abbasserebbe notevolmente)
DPI: Dispositivi di protezione individuale, facciali filtranti del tipo FFP2 e FFP3. Si definiscono proprio dispositivi di protezione individuale perché servono a proteggere chi le indossa ma non proteggono gli altri, soprattutto quelle con valvola, proprio per il meccanismo di apertura della valvola stessa che filtra l’aria in entrata ma non quella in uscita.
E poi ci sono le FFP2 e FFP3 senza valvola che dovrebbero proteggere sia chi le indossa che gli altri.
La questione fondamentale però è saper utilizzare questi dispositivi, perché è meglio non avere una mascherina che averla e non saperla utilizzare, in questo caso il rischio contagio aumenta. La prima cosa che mi preme ricordare a tutti è che le mascherine che comunemente compriamo sono usa e getta, e che andrebbero comunque cambiate non appena si inumidiscono ed eliminate dopo l’utilizzo. Vanno indossate secondo certi criteri: innanzitutto bisogna lavare bene le mani e poi porre la mascherina sul visto stando attenti a coprire naso e bocca. Tutte le mascherine dovrebbero avere un ferretto che va stretto sul naso per permettere una maggiore aderenza al viso.
È importante, soprattutto se si utilizzano i facciali filtranti, non avere barba o baffi e non portare il trucco (fondotinta, fard, ecc) questo perché potrebbe compromettere l’aderenza del facciale al viso. Dopo averle indossate non vanno mai toccate sulla parte anteriore ma solo dagli elastici, perché è proprio la parte anteriore la prima a contaminarsi nel caso di esposizione al virus. Non ha senso mettere dei filtri all’interno delle mascherine e poi gettare il filtro interno e riutilizzare la mascherina senza averla sanificata, la parte della mascherina esposta è proprio quella esterna!!
Piuttosto (a livello di popolazione) sarebbe più indicato utilizzare delle mascherine riutilizzabili, lavabili e sanificabili. Molte di queste hanno un alloggiamento nel quale porre un filtro usa e getta; in questo caso si getta il filtro e si lava e sanifica la mascherina per il successivo riutilizzo.
La rimozione delle mascherine riveste poi un punto fondamentale, le mascherine vanno rimosse toccando solo gli elastici, senza toccare la parte frontale, e vanno buttate nell’indifferenziata all’interno di un sacchetto chiuso. Subito dopo è necessario lavarsi le mani.
Queste indicazioni sono di carattere generale ma è molto importante averle ben chiare tutti nell’ottica di una fase 2, che indubbiamente avrà nell’utilizzo di mascherine una delle regole principali.
Tutte le indicazioni in merito sono reperibili sul sito INAIL: www.inail.it, che ha proprio una sezione dedicata al COVID-19.
Poiché la fase 2 prevede la riapertura di molti luoghi di lavoro, sebbene si cerchi di favorire, ove possibile, il lavoro agile, è importante sapersi comportare anche sul luogo di lavoro. Rimangono ferme tutte le indicazioni che fin qui abbiamo elencato, ma a questo proposito INAIL ha stilato un documento tecnico al vaglio del Governo e che potrebbe aiutare la ripartenza delle attività lavorative nell’ottica della salute e sicurezza dei lavoratori, oggi più che mai fondamentale.
Secondo questo documento il rischio da contagio da SARS-CoV-2 in occasione di lavoro può essere classificato secondo tre variabili:
- Esposizione: la probabilità di venire in contatto con fonti di contagio nello svolgimento delle specifiche attività lavorative (es. settore sanitario, gestione dei rifiuti speciali, laboratori di ricerca, ecc.);
- Prossimità: le caratteristiche intrinseche di svolgimento del lavoro che non permettono un sufficiente distanziamento sociale (es. specifici compiti in catene di montaggio) per parte del tempo di lavoro o per la quasi totalità;
- Aggregazione: la tipologia di lavoro che prevede il contatto con altri soggetti oltre ai lavoratori dell’azienda (es. ristorazione, commercio al dettaglio, spettacolo, alberghiero, istruzione, ecc.).
Considerando queste tre variabili che ogni datore di lavoro deve tenere ben presenti è importante in prima battuta una gestione degli spazi di lavoro, sempre prioritario rimane il distanziamento sociale ove possibile, o anche l’utilizzo di barriere separatorie tra le postazioni di lavoro. Per gli spazi comuni la regola fondamentale è evitare gli assembramenti prevedendo una turnazione nell’utilizzo di tali spazi e favorire una continua ventilazione dei locali, limitando al minimo gli spostamenti all’interno dell’azienda.
Anche nell’organizzazione dell’orario lavorativo devono essere favorite le regole di distanziamento sociale, cercando di ridurre il numero di presenze in contemporanea nel luogo di lavoro. Così come è importante un’azione necessaria per mitigare il rischio in relazione all’utilizzo del trasporto pubblico per raggiungere i luoghi di lavoro. In ogni caso, all’interno dei mezzi pubblici oltre al distanziamento sociale è raccomandabile l’uso di mascherine per tutti gli occupanti.
È importante contestualizzare in questo momento la percezione del rischio che gioca un ruolo fondamentale sia in senso positivo che in quello negativo, come dicevo prima in alcuni casi, l’idea di indossare mascherine e guanti ci fa sentire protetti e ci dimentichiamo che è il distanziamento sociale la regola da rispettare in ogni caso, in molti casi però la percezione del rischio, crea nei lavoratori una sensazione di insicurezza che può anche agire sugli altri rischi.
Quindi la corretta ed intrinseca gestione del rischio, nonché la corretta comunicazione del rischio, unitamente a tutte le altre soluzioni adottate, possono creare un senso di consapevolezza e di adeguatezza delle misure poste in essere. Le attività lavorative dovranno riaprire in sicurezza INFORMANDO E FORMANDO i propri dipendenti al fine di renderli consapevoli di come gestire un rischio in questo caso di natura biologica che riguarda non solo il luogo di lavoro ma l’intera comunità”, conclude la dott.ssa Gioffrè.
MASCHERINE FAI-DA-TE
In merito alle mascherine fai-da-te, invece, e soprattutto ai materiali di cui devono essere fatte, quali sono i più efficaci secondo la scienza? A questa domanda, con una ricerca pubblicata sulla rivista ACS Nano, hanno provato a rispondere i ricercatori dell’Agronne National Laboratory e dell’Università di Chicago (Usa) testando l’uso di diverse stoffe e materiali comuni in grado di arginare o ridurre il passaggio di goccioline che possono agevolare il contagio per via aerea di Sars-CoV2.
“Abbiamo effettuato questi studi su diversi tessuti comuni tra cui cotone, seta, chiffon, flanella, vari sintetici e le loro combinazioni – spiegano i ricercatori – e nel complesso abbiamo scoperto che le combinazioni di vari tessuti comunemente disponibili utilizzati nelle maschere di stoffa possono potenzialmente fornire una protezione significativa“. Gli scienziati hanno scoperto che utilizzando più strati di materiali diversi aumentava l’efficacia della filtrazione. Per esempio l’efficienza di combinazioni di materiale come cotone-seta, cotone-chiffon o cotone-flanella è stata maggiore dell’80% per particelle inferiori a 300 nm e maggiore del 90% per particelle maggiori di 300 nm. Il cotone, inoltre, fra i materiali più utilizzati per le mascherine in tessuto, “offre prestazioni migliori a densità di tessitura (con un alto numero di fili) più elevate”. Realizzando poi piccoli fori fra i tessuti gli esperti hanno notato un calo nell’efficacia di filtrazione e i vuoti, causati ad esempio da un adattamento improprio della mascherina, possono “comportare una riduzione di oltre il 60% dell’efficienza di filtrazione“.
Secondo altri test pubblicato sul New York Times e riportanti i dati di studi effettuati dalla Smart Air, azienda che produce depuratori d’aria, i migliori materiali utili per realizzare mascherine sarebbero i panni di carta (a due strati) che nel test di Smart Air hanno filtrato il 96% di particelle grandi (droplets) e il 33% di particelle piccole (aerosol); le federe di lenzuola 100% cotone con trama a 120 fili, che avrebbero una capacità filtrante del 90% per particelle grandi e 24% per particelle piccole. Efficaci inoltre anche jeans e tela che hanno filtrato oltre il 90% di particelle grandi .