L’ondata di freddo continentale che piombò sul Mediterraneo tra il 6 e 8 aprile del 2003 di 17 anni fa, è stata senz’altro una delle più potenti della storia meteo degli ultimi 80 anni. Di colpi di coda invernali se ne sono avuti tanti in fasi primaverili avanzate, magari anche più tardivi, ma della intensità e con la strutturazione barica dichiaratamente invernale come quello verificatosi il 7 aprile di 17 anni fa, decisamente pochi. Intanto, si proveniva da un periodo altamente siccitoso con tutto marzo praticamente senza piogge, mentre una instabilità era già stata presente, localmente, proprio con l’avvento di aprile, nei primi giorni, a opera di correnti settentrionali che, però, avevano avuto un asse più occidentale, quindi con irruzione attraverso la Francia e con formazione di bassa pressione tra le isole maggiori e il Nord Africa.
Questo primo peggioramento di matrice settentrionale, portò un po’ di piogge soprattutto sul basso Tirreno, localmente al Sud, scarse precipitazioni sul resto del paese, ma ebbe il merito di creare un varco depressionario importante che poi avrebbe catalizzato, da lì a un paio di giorni circa, una irruenta incursione di aria fredda continentale. Infatti, la bassa pressione nordatlantica precedentemente formatasi sul Mediterraneo centro-occidentale, nel suo movimento verso Est, risucchiò letteralmente un nucleo di aria gelida che, nel frattempo, in seno a una configurazione barica di tipo meridiano, traslava dalla Scandinavia verso i settori russi ed estremi orientali continentali.
Per una tempistica abbastanza fortuita, come spesso accade nelle dinamiche atmosferiche, si attivò, quindi, un flusso di aria gelida proveniente dall’Artico Baltico-Russo, attraverso l’Europa orientale e con traiettoria dritta verso il Mediterraneo centrale. Una imponente massa d’aria fredda che raramente, in una fase primaverile inoltrata, si orienta verso le nostre latitudini, ma che in quell’occasione trovò tutti i tasselli giusti per farlo e in maniera anche poderosa. Nella prima immagine è visibile, appunto, il quadro barico generale che costituì il contesto all’irruzione fredda: una classica alta pressione di blocco in assetto meridiano tra la Penisola iberica e il Regno Unito e persino Scandinavia e un vasto corridoio aperto alle correnti gelide che dal Baltico, Artico Russo fecero irruzione, dapprima sull’Est Europa e poi verso il Mediterraneo centrale. Naturalmente, la già presente circolazione ciclonica della fase instabile precedente, prese repentino vigore, data l’alimentazione fredda che giungeva da Est, approfondendosi con minimo in prossimità della Calabria, basso Tirreno e incentivando oltremodo l’azione perturbata.
Sotto l’aspetto termico, come visibile dalla seconda immagine rappresentante le temperature a 1450 m circa, fecero ingresso isoterme davvero eccezionali per il periodo, con -6°C diffusi su tutti i settori adriatici, appenninici e settentrionali, fino a -8°C sul medio-alto Adriatico e al Nordest, -2 /-4 °C diffusi sulle altre aree peninsulari. Meno freddo solo sulle Isole maggiori.
Naturalmente tante e possenti furono le nevicate che conseguirono all’irruzione fredda. Le prime riguardarono velocemente il Nordest, ma qui di scarsa intensità, perché veloci, comunque fino a bassa quota. Poi, invece, tra domenica 6 aprile, specie pomeriggio sera-notte, e lunedì 7, nevicate abbondanti imperversarono lungo tutti i settori adriatici centro-meridionali a bassa quota o persino sulle coste.
Neve fino ad oltre 15-20 centimetri sulle coste del basso Abruzzo, tra Vasto e Termoli, altrettanti sulle aree interne del Molise ( prima foto) e su quelle interne della Campania, fiocchi addirittura fin su Napoli nella sera-notte tra il 6 e il 7 Aprile. Nevicate significative sulla costa pugliese, con 5 cm a Bari ( seconda e terza foto) e neve abbondante a bassa quota lungo tutto l’Appennino centro-meridionale, fino a 20 cm e oltre sulle colline lucane e accumuli per diversi centimetri anche sulle medie colline calabresi.
Oltre al freddo intenso e alle nevicate da record, si registrò anche un forte vento di Bora è Tramontana, spesso sui 100 km orari sui bacini, soprattutto adriatici e centro meridionali in genere, ma fino anche a sfiorare i 160 km/h sul Centro Sud Appennino, dove imperversarono autentiche bufere di neve. Nella notte e poi al mattino dell’8 aprile, il fronte freddo era oramai evoluto verso la Grecia e al suo seguito i cieli si erano quasi del tutto rasserenati, ma proprio la serenità del cielo permise temperature gelide davvero record, con valori diffusamente tra -3, -5,-7°C sulle colline appenniniche, -12°C intorno ai 2000 m in Appennino, fino a -17° intorno alla medesima quota del Passo Rolle, in Trentino. Naturalmente valori sullo 0° e anche sotto su molte pianure e persino sulle coste adriatiche.