Coronavirus: più decessi nei pazienti con cancro al polmone

Coronavirus: cooperazione tra oncologi di tutto il mondo sui fattori di rischio
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Le persone con tumore del polmone, colpite da Covid-19, hanno avuto meno possibilità di accedere alle terapie intensive (8,3%) rispetto agli altri pazienti oncologici (26%) durante la pandemia. Con una netta differenza nella mortalità, pari al 35% nel carcinoma polmone e al 13% nelle altre neoplasie. I dati sui decessi da SARS-CoV2 nei pazienti con cancro sono presentati in sessione plenaria al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), in corso fino a domani in forma virtuale, e discussi da Giuseppe Curigliano (Professore di Oncologia Medica all’Università di Milano e Direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano).
I dati sono ancora molto limitati, ma il COVID-19 Cancer Consortium (CCC19) e il ThoraciccancERsinternationalcoVid 19 cOLlaboraTion (TERAVOLT) sono i due più importanti studi ‘real world’, cioè su pazienti non selezionati, sul rapporto fra coronavirus e cancro – spiega il prof. Curigliano -. Questi trial rappresentano il risultato del più grande sforzo cooperativo globale tra oncologi di tutto il mondo per chiarire i fattori di rischio per mortalità nelle persone con tumore”.
Nello studio CCC19, sono analizzati i dati relativi a 928 pazienti con multiple neoplasie solide e concomitante infezione da SARS-CoV-2, confermata su tampone. Sono stati approfonditi i fattori prognostici che si associano a mortalità. L’arruolamento è avvenuto tra marzo e aprile 2020, prevalentemente negli Stati Uniti. “L’età media dei pazienti era di 66 anni – afferma il prof. Curigliano -. I tumori al seno e alla prostata erano quelli maggiormente segnalati e 366 malati (39%) erano in trattamento antitumorale attivo. Al momento dell’analisi, 121 (13%) erano morti e 242 (26%) erano ospedalizzati in terapia intensiva e/o con ventilazione meccanica. I fattori associati a un aumento della mortalità a 30 giorni erano: età avanzata, sesso maschile, fumo, numero di comorbidità, performance status deteriorato (?2) e neoplasia in fase attiva”.
Nello studio TERAVOLT, tra marzo e aprile 2020, sono stati inclusi 400 pazienti con neoplasia toracica ed infezione da SARS-CoV-2, la maggior parte arruolati in Italia e negli Stati Uniti – sottolinea Saverio Cinieri, Presidente eletto AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi -. Molti erano fumatori. Il 76% aveva una neoplasia polmonare metastatica ed il 74% era in terapia al momento della diagnosi di Covid. Sono deceduti 141 pazienti, con una mortalità del 35%. Circa l’80% era ospedalizzato, ma solo l’8,3% ha avuto accesso alla terapia intensiva ed il 5% è stato ventilato meccanicamente. Si confermano quali fattori di rischio di mortalità l’età avanzata, la comorbidità, performance status deteriorato, la neoplasia in fase attiva condizionante una chemioterapia in corso al momento dell’infezione e l’utilizzo di steroidi”.
La differenza di mortalità tra i due studi ha molte spiegazioni – continua il prof. Curigliano –. Innanzitutto,la prevalenza di persone con neoplasia in remissione nello studio CCC19 rispetto al maggior numero di pazienti metastatici nel TERAVOLT. In secondo luogo, il limitato accesso alle terapie intensive nel picco pandemico in Italia al momento dell’arruolamento nel TERAVOLT. Infine, i potenziali diversi criteri di triage, che hanno regolato l’accesso alle terapie intensive nei Paesi che hanno arruolato in entrambi i trial”.
Confrontando i risultati dei due studi – sottolinea Saverio Cinieri -, è però evidente che l’accesso delle persone con carcinoma polmonare alle terapie intensive sia stato inferiore rispetto a quello degli altri malati oncologici. In realtà, i cittadini con tumore del polmone non devono essere esclusi a priori dalle rianimazioni anche nelle fasi acute della pandemia, perché spesso hanno diversi anni di vita davanti a sé grazie alle terapie innovative”.
Le priorità della ricerca vanno in quattro direzioni – conclude il prof Curigliano -. È necessario comprendere l’utilità dei tamponi nei pazienti oncologici (a tutti o solo ai sintomatici). Servono con urgenza studi sierologici longitudinali, per determinare l’entità e la durata dell’immunità a SARS-CoV-2 nelle persone con cancro. Va sviluppato un modello epidemiologico, per stimare l’incidenza cumulativa di COVID-19 entro un determinato periodo di tempo e uno scenario di pandemia. Infine, devono essere identificati i fattori virali, ambientali e immunologici che, in combinazione, determinano la dinamica di SARS-CoV-2 nei pazienti con tumore”.

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