“Procedendo con questi ritmi sarà possibile avviare da luglio le prime sperimentazioni sull’uomo”. E’ quanto dichiarato dal direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, in merito al vaccino contro il Covid-19 che verrà sperimentato nell’Istituto per le malattie infettive di Roma. “Se i primi test daranno un esito positivo, porteranno nel 2021 alla somministrazione del vaccino su un alto numero di persone a rischio e, spero, alla dimostrazione della sua efficacia” ha aggiunto Vaia.
“L’Istituto sta allestendo un’area dell’ospedale che sarà specificatamente dedicata alla somministrazione del vaccino a volontari sani nel rispetto di tutte le garanzie di sicurezza. Se i primi test daranno esito positivo, nel 2021 il vaccino sarà somministrato ad un alto numero di persone a rischio“, precisa Vaia, illustrando il lavoro che vedrà impegnato l’Irccs nella fase 2 dell’emergenza. Il vaccino è in fase di sviluppo avanzata da parte dell’azienda ReiThera, con sede a Castel Romano, a sud della Capitale.
Per la realizzazione della sperimentazione del vaccino anti-Covid sono stato stanziati 8 milioni di euro, 5 milioni a carico della Regione Lazio, trasferiti allo Spallanzani, e 3 milioni a carico del Ministero dell’Università e della Ricerca scientifica. Il progetto della sperimentazione del vaccino ‘made in Italy’ nasce infatti dal protocollo d’intesa tra il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il ministro della Salute, Roberto Speranza, il ministro dell’Università e della Ricerca scientifica, Gaetano Manfredi, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e lo Spallanzani.
“Un comitato di esperti, coordinato da Mauro Piacentini dell’Università Tor Vergata di Roma, ha deciso di puntare su un vaccino genetico – ricorda Vaia – basato su un vettore virale, e ha identificato un partner industriale nella società ReiThera che ha sviluppato una tecnologia in questo campo. Il coordinamento scientifico è stato affidato allo SPALLANZANI che agirà d’intesa con il Cnr”.
”A differenza dei vaccini tradizionali – ricorda Vaia – i vaccini genetici non utilizzano un microorganismo inattivato o parte di esso, ma il gene che codifica per l’antigene del microrganismo che si vuole neutralizzare. Per Sars-Cov2 si è pensato ad un gene che codifica una proteina di superficie che permette l’ingresso del virus nelle cellule, lo ‘spike’. Questo gene – prosegue il direttore – una volta entrato nelle cellule dell’organismo induce la produzione della proteina ‘spike’ che a sua volta stimola la produzione immunitaria contro il coronavirus. Per traferire il gene nelle cellule la tecnologia messa a punto da ReiThera utilizza un virus, un adenovirus, derivato da primati non umani”.
Questa tecnologia non è nuova e ReiThera l’ha già impiegata per mettere a punto un vaccino contro Ebola e contro il virus respiratorio sinciziale. “Questa precedente esperienza ha permesso di muoversi con estrema rapidità – precisa Vaia – e già si stanno eseguendo gli esperimenti sui topi. In parallelo allo Spallanzani si sono messi a punto test di laboratorio per capire se gli anticorpi indotti da questo vaccino sono effettivamente in grado di bloccare il coronavirus. Quindi – conclude – procedendo con questi ritmi sarà possibile arrivare a luglio alla sperimentazione sull’uomo”.