Coronavirus, virologo: “La tanto temuta esplosione non c’è stata. Se l’epidemia riparte non potremo chiudere di nuovo tutto”

Coronavirus, il virologo Giorgio Palù: "Se avessimo dovuto vedere qualche segnale preoccupante questo ormai si sarebbe delineato"
MeteoWeb

Se avessimo dovuto vedere qualche segnale preoccupante questo ormai si sarebbe delineato. Consideriamo che un rilascio parziale del lockdown è iniziato il 4 maggio, altre aperture proseguiranno, anche se divertimenti, teatri, avvenimenti sportivi sono ancora interdetti. Sono passati più di 14 giorni, che è il periodo di incubazione, direi che la tanto temuta esplosione non c’è stata“: lo ha affermato, in un’intervista a “La Nazione”, “Il Giorno” e “Il Resto del Carlino”, Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia. “Abbiamo anzi avuto un rallentamento generalizzato dell’Rt cioè dell’indice di riproduzione basale del virus, ma non deve essere solo l’indice di contagio a determinare le riaperture nelle regioni, ci sono anche altri indicatori. Adesso sappiamo dai dati epidemiologici che in Lombardia il virus è circolato nel 10-15% della popolazione, in altre regioni il 3%. Se prendiamo l’Italia nel complesso, ben più del 90% della popolazione è ancora esposta, quindi il problema di una riaccensione c’è sempre. Ma i numeri importanti sono anche quelli del calo dei ricoverati nelle rianimazioni e della positività dei tamponi (meno dell’1%), che vanno considerati“. “Sappiamo che c’è una risposta immunitaria anche nei confronti del Sars-CoV-2. Un lavoro dell’Università di California e un altro della Charité di Berlino documentano cellule T memoria circolanti che inducono la produzione di anticorpi cross reattivi contro virus del raffreddore e virus della Sars, e riconoscono anche la porzione S2 di Sars-CoV-2. In un certo senso stiamo imparando a conoscere l’importanza dell’immunità cellulare nell’eliminare l’infezione in atto“.

coronavirus 01Se riparte l’epidemia, si dovrà chiudere di nuovo? “Non possiamo permettercelo, sarebbe la morte economica“, ammonisce in un’intervista a “La Verità” Giorgio Palù.
L’esperto riflette sul primo lockdown e conferma che andava fatto: “La riprova è la diminuzione di casi. Era un virus nuovo, pandemico“, mentre “nessun coronavirus conosciuto è mai stato pandemico“.
Se aumenteranno i contagi non potremo tornare al lockdown, ribadisce Palù, ma sarà necessario “avere prudenza e tracciare i contatti. Quando si scopre un positivo bisogna risalire a chi è venuto in contatto con lui non per chiudere altre zone rosse, ma per isolare immediatamente queste persone“. A casa “o in qualche albergo vuoto. Non certo negli ospedali come ha fatto la Lombardia che ha ricoverato il 70% dei positivi contro il 20% del Veneto. Il modello è avere presidi territoriali, controlli, tracciabilità, un sistema epidemiologico regionale in grado di raccogliere i dati dai presidi di igiene e sanità locali, dai medici di medicina generale o del lavoro, dalle industrie“. “Bisogna avere una sorveglianza biologica“. “In Veneto c’è già stato un trial con una decina di industrie e la percentuale di positivi non ha mai superato l’1%. Significa che i nostri industriali sono molto accorti in quello che fanno“, evidenzia, avvertendo tuttavia come – a parte gli anziani che restano i più vulnerabili – i più esposti a un nuovo contagio sono “i lavoratori, a partire dai medici. Molti ne sono stati veicoli inconsapevoli, lavorando senza protezioni. E’ stata una grave ignoranza“. “Colpevole, perché la Sars ci aveva insegnato come circolano i coronavirus“.

Condividi