Le temperature crescono in Italia piu’ che in altre parti del mondo: +1,71°C nel 2018 contro +0,98°C globale. Diminuiscono pero’ i gas serra e buone notizie arrivano anche dall’inquinamento atmosferico: si sforano i limiti giornalieri (nel 21% delle stazioni il PM10), ma in Italia nel medio-lungo periodo gli inquinanti sono in discesa. Sono i dati dell’Annuario dei dati ambientali 2019 presentati oggi dall‘Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), nel corso di una diretta streaming in collegamento con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il presidente del Parlamento europeo David Sassoli e il ministro dell’ambiente Sergio Costa. Il dossier dell’Ispra segnala anche una grave situazione per fauna e flora, minacciate da inquinamento e specie aliene, mentre appare in buono stato solo il 48% dei fiumi e il 20% dei laghi italiani.
Quest’anno le informazioni sull’ambiente in Italia si confrontano con i recenti trend europei elaborati dall’Agenzia europea dell’ambiente e illustrati lo scorso dicembre a Bruxelles nel “SOER 2020 – State of the Environment Report”. A questi report, si aggiunge un altro documento, il Rapporto Ambiente di Sistema, che propone alcuni focus regionali. Il quadro nazionale e le esperienze regionali vengono delineate nei tre report ambientali. Nonostante le politiche climatiche e ambientali dell’Unione europea abbiano portato vantaggi sostanziali negli ultimi decenni, il nostro continente deve affrontare questioni di grande portata: perdita della biodiversita’, uso delle risorse, impatti dei cambiamenti climatici e rischi ambientali per la salute e il benessere. “Presentiamo oggi questi Rapporti in un momento in cui la politica italiana ed europea guarda con occhi nuovi allo European Green Deal – ha dichiarato il presidente Ispra ed Snpa Stefano Laporta – un obiettivo ambizioso ma non impossibile, a patto che si attui una profonda trasformazione industriale, ambientale, economica e culturale in Europa. Un’occasione per rilanciare un nuovo modello economico, con una maggiore attenzione all’ambiente e alla biodiversita’. Abbiamo tutti compiti importanti e sfide ambiziose per accompagnare il Paese verso quello sviluppo sostenibile che e’ l’unica strada da percorrere per il rilancio economico e sociale”.
L’Annuario Ispra esce nel momento in cui il mondo intero e’ impegnato nella sfida senza precedenti del Covid-19. Dalla contrazione forzata delle attivita’ economiche e’ venuto un miglioramento delle condizioni ambientali, con un costo sociale altissimo. La sfida oggi e’ far si’ che tali condizioni non siano transitorie, ma socialmente sostenibili. La “ripartenza” riceve un nuovo e ambizioso impulso dalla Commissione europea grazie anche allo European Green Deal. Tre le priorita’ politiche ambientali indicate dall’Ue nel Settimo programma di azione per l’ambiente: proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione europea; trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva; proteggere i cittadini da pressioni legate all’ambiente e da rischi per la salute e il benessere.
Diminuiscono del 17,2% le emissioni di gas serra in Italia nel medio periodo (1990-2018). Nel primo trimestre di quest’anno, si stima per il 2020 una riduzione, a causa del lockdown, dei gas serra del 5,5% a fronte di una variazione congiunturale del PIL pari a -4,7 %. Nel 2018 la diminuzione era stata dello 0,9%, rispetto all’anno precedente e per il 2019 la tendenza è di una riduzione del 2,0% rispetto al 2018. Per i rifiuti urbani si stima per il 2019 una produzione pari a quella del 2018, mentre gli scenari al 2020 individuano un calo in linea con la diminuzione del PIL pari al 4,7%. In Italia, la quota di energia da fonti rinnovabili è pari al 18,3% rispetto al consumo finale lordo, valore superiore all’obiettivo del 17% da raggiungere entro il 2020. Prossimo obiettivo da raggiungere è i 32% entro il 2030.
I dati su clima, inquinamento dell’aria, rumore, rischio chimico
LA SITUAZIONE IN EUROPA. Negativo al 2020 il bilancio generale UE su inquinamento, salute e benessere dei cittadini UE. Nessun risultato positivo per la qualità dell’aria: superati, in diverse parti dell’Europa, i valori limite e gli obiettivi previsti dalla legislazione per il materiale particolato, il biossido di azoto, l’ozono troposferico e il benzo(a)pirene. Negativa la situazione anche per l’esposizione al rumore e il rischio chimico. L’accelerazione dei cambiamenti climatici porterà probabilmente a un aumento dei rischi anche in Europa, in particolare per i gruppi vulnerabili. Gli impatti possono derivare da ondate di caldo, incendi boschivi, inondazioni e alterazioni nella larga diffusione di malattie infettive.
LA SITUAZIONE IN ITALIA. La temperatura cresce nel nostro Paese più che in altre parti del mondo. Nel 2018 è stata registrata un’anomalia media pari a +1,71°C rispetto alla media climatologica 1961-1990, superiore a quella globale sulla terra ferma (+0,98 °C). È stato calcolato un aumento della temperatura media pari a circa 0,38 °C ogni dieci anni nel periodo 1981-2018. Elemento che porta l’Italia ad allontanarsi dagli obiettivi di contrasto dei cambiamenti climatici. Nuovo picco per la temperatura dei mari italiani nel 2018 (+1,08°C), il secondo dopo il 2015, rispetto al periodo 1961-1990. La situazione rimane preoccupante per gli inquinanti atmosferici. Il Bacino padano è una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più rilevante in Europa. Guardando ai dati del 2019, il valore limite giornaliero del PM10 è stato superato nel 21% delle stazioni di monitoraggio (50 microgrammi per metro cubo, da non superare più di 35 volte l’anno). Rispettati invece i limiti per i PM2,5 nella maggior parte delle stazioni di rilevamento. Uno degli effetti del lockdown è stata la riduzione del biossido di azoto tra il 40 e 50% nelle regioni del Nord e nella Pianura padana.
Proteggere, conservare e migliorare il ‘capitale naturale’ dell’Unione Europea
LA SITUAZIONE IN EUROPA. In base alle elaborazioni del SOER 2020, solo 2 dei 14 indicatori utilizzati per monitorare il ‘capitale naturale’ – l’insieme delle risorse naturali essenziali per lo sviluppo del Paese, in termini economici e sociali – mostrano andamenti auspicabili per l’Europa : solo le aree protette sono in buono stato, sia terrestri che marine, mentre va male la tutela della flora, fauna, degli ecosistemi e del suolo.
LA SITUAZIONE IN ITALIA. Con le sue 60 mila specie animali e 12 mila vegetali, l’Italia è uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità in Europa e con livelli elevatissimi di endemismo (specie esclusive del nostro territorio). Un patrimonio che vede alti livelli di minaccia per flora e fauna. Forte argine al degrado sono la Rete Natura 2000 e il Sistema delle aree protette italiane: quelle terrestri sono 843 e coprono il 10,5% del territorio nazionale, 29 le aree marine protette, 2.613 i siti della Rete Natura 2000 (19,3% del territorio nazionale). Quanto allo stato di salute della fauna in Italia, tra i vertebrati sono i pesci d’acqua dolce quelli più minacciati (48%), seguiti dagli anfibi (36%) e dai mammiferi (23%). Tra le piante più tutelate dalle norme UE, il 42% è a rischio. Le minacce più gravi vengono, però, dal costante aumento delle specie esotiche introdotte in Italia – più di 3300 nell’ultimo secolo – dal degrado, dall’inquinamento e dalla frammentazione del territorio. Lontana dagli obiettivi europei la salute di fiumi e laghi in Italia. Neanche la metà dei 7.493 corsi d’acqua raggiunge uno “stato ecologico buono o elevato” (43%), ancora più grave la situazione dei laghi (solo il 20%). Va meglio la situazione se si analizza lo stato chimico: è buono per il 75% dei fiumi (anche se il 18% non è ancora classificato), e per il 48% dei laghi. C’è anche il consumo di suolo a gravare sulla perdita di biodiversità. Sono ormai persi 23.000 km2, con una velocità di trasformazione di quasi 2 m2/sec tra il 2017 e il 2018. Sebbene il fenomeno mostrasse segnali di rallentamento, probabilmente a causa della congiuntura economica, dal 2018 il consumo di suolo ha ripreso a crescere. Nel 2018 è stato sottratto anche il 2% delle aree protette. Il territorio italiano è fortemente esposto al dissesto idrogeologico. La popolazione a rischio frane che risiede in aree a ‘pericolosità elevata e molto elevata’ ammonta a 1.281.970 abitanti, pari al 2,2% del totale.