Se abbiamo pianto per un elefante dobbiamo piangere anche per Zohra: domestica a otto anni, uccisa per aver liberato due pappagalli

Qui, in Occidente, di Zohra si è parlato poco o nulla. Solito bigottismo da ricchi: abbiamo pianto per un elefante e abbiamo ignorata una povera bambina. E come lei ce ne sono tante
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Zohra aveva solo otto anni. Non solo è morta. Non solo è morta per le botte che le hanno dato. Non solo è morta piangendo, nel silenzio assordante che la circondava. Non solo. E’ morta dopo essere stata sfrutta come domestica da una coppia di ricchi senza scrupoli e senza umanità. La colpa della piccola Zohra? Aver liberato, forse per sbaglio, due pappagalli che si trovavano in gabbia. A otto anni  questa bimba sconosciuta al mondo intero non giocava con le bambole e non andava a scuola. Faceva la domestica presso una coppia di Rawalpindi.

Zohra era arrivata l’anno scorso in quella famiglia, da una città del Punjab, in Pakistan. Arrivava da una vita di miseria e fame e i suoi genitori avevano deciso di lasciarla andare, perché le avevano trovato un impiego presso una coppia: avrebbe dovuto prendersi cura del loro bambino di un anno e loro in cambio la avrebbero dato la possibilità di studiare. Forse. Una minorenne che lavora, dunque un abuso in piena regola. Quattro mesi fa la coppia di ‘padroni’, arrabbiati per la fuga di due pappagalli causata proprio dalla piccola, hanno preso a torturarla, seviziarla e picchiarla. Poi, spaventati dalle possibili conseguenze dei loro gesti, l’hanno portata in ospedale. I medici non hanno potuto fare nulla per quella piccola anima indifesa di 8 anni. Le lesioni al viso, alle mani, alla gabbia toracica e alle gambe erano troppe e troppo gravi: Zohra è morta pochi minuti dopo il suo arrivo al nosocomio.

La coppia dell’orrore è stata arrestata, ma con molta probabilità se la caveranno con poco. La piccola, oltre alle ferite, pare possa aver subito anche un’aggressione sessuale, come si evince da alcune ferite all’interno coscia. Sul web, in Pakistan, era nato l’hashtag #JusticeForZohraShah con il quale si chiedeva giustizia per la piccola, tanto da costringere il ministero per i diritti pachistani ad agire per assicurare subito i due assassini alla giustizia. Il dramma sta nel fatto che in Pakistan è illegale il lavoro minorile nelle fabbriche, ma non nelle case e nei ristoranti. Per questo motivo il ministro dei diritti umani, Shireen Mazari, qualche giorno fa ha promesso una modifica della legge che classifichi il lavoro domestico come “occupazione pericolosa”.

In base ai dati diffusi da Sajjad Cheema, direttore esecutivo della Ong pakistana Società per la protezione dei diritti dell’infanzia intervistato dalla Reuters, in Pakistan ci sono ancora circa 12 milioni di bambini lavoratori. “Nel caso di Shah (cognome della piccola Zohra, ndr), i genitori erano così poveri che erano riluttanti a riportare il suo corpo al villaggio in quanto non avevano abbastanza soldi per l’ambulanza o i riti funebri“, ha spiegato Chaudhry .

C’è un’urgente necessità di cambiare la nostra cultura della disciplina attraverso punizioni corporali – sia a casa che a scuola“, ha spiegato Rabiya Javeri Agha, segretaria federale presso il ministero dei diritti umani. Secondo Agha serve anche una legge per rendere la “crudeltà verso un bambino” un reato penale. La storia della piccola Zohra, infatti, non è purtroppo un caso isolato e la cronaca ne è piena. Qui, in Occidente, di Zohra si è parlato poco o nulla. Solito bigottismo da ricchi: abbiamo pianto e ci siamo stracciati le vesti per l’elefantessa incinta uccisa in maniera atroce con un ananas pieno di petardi, ma abbiamo ignorato una povera bambina di otto anni.

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