Lo scorso 27 giugno il Centro di referenza nazionale per la Rabbia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, ha isolato, su un campione di cervello di gatto inviato dall’Istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana, un Lyssavirus.
Il campione era stato prelevato a seguito della morte del gatto, che aveva precedentemente morso la proprietaria residente nel comune di Arezzo.
Il virus isolato appartiene a Lyssavirus tipici dei pipistrelli ed è diverso dal virus della rabbia classica.
Prima di questo caso, questo specifico Lyssavirus era stato rinvenuto una sola volta, a livello mondiale, in un pipistrello del Caucaso nel 2002, senza che ne fosse mai stata confermata la capacità di infettare animali domestici o l’uomo.
La rabbia classica è generalmente trasmessa dai carnivori domestici e selvatici e gli ultimi casi erano stati segnalati in Italia nella volpe rossa, dal 2008 al 2011. L’Italia è ufficialmente indenne dal 2013.
Sulla base dell’esperienza maturata da casi simili in altri Paesi, per virus analoghi – ha spiegato il Ministero della Salute – la capacità di trasmissione dal serbatoio naturale ad un’altra specie rappresenta un evento estremamente limitato, a cui non fa seguito una diffusione epidemica. Attualmente, non ci sono evidenze di trasmissione da animale a uomo.
A titolo precauzionale, le persone che sono state a contatto con il gatto risultato positivo all’infezione sono state sottoposte a profilassi post-esposizione.
Gli approfondimenti epidemiologici che richiedono la tipicità e la novità del caso, hanno determinato la costituzione presso il Ministro della Salute, di concerto con la Regione Toscana, di un gruppo tecnico scientifico che si è già riunito lo scorso 28 giugno, con la partecipazione di esperti e Istituzioni locali e nazionali.
Quattro persone in profilassi
Il dipartimento igiene pubblica dell’Asl Toscana sud est di Arezzo ha preso in carico quattro persone entrate in contatto con il gatto risultato positivo al Lyssavirus: i tre familiari e il veterinario. Tutti sono stati vaccinati e sottoposti alla profilassi con immunoglobine specifiche. Sono seguiti e lo saranno anche nei prossimi giorni per altri controlli e vaccini. Non avrebbero sintomi particolari.
Le ordinanze del sindaco di Arezzo
Il sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli, ha emesso lo scorso 28 giugno due ordinanze contingibili e urgenti in via cautelativa a tutela della salute pubblica al fine del contenimento di infezione rabida, provvedimenti resi necessari a seguito del caso del gatto domestico che dopo aver morso la sua proprietaria è risultato affetto da Lyssavirus.
Con la prima ordinanza il sindaco ha disposto il sequestro degli animali di proprietà della donna (un cane, un gatto e tre gattini lattanti) con il contestuale affidamento in custodia presso il canile comunale “od altra idonea struttura equipollente, così come prescrive la legge“, ha precisato il Comune con una nota. Il proprietario è tenuto a mantenere “gli animali indicati in custodia ed in isolamento presso la propria abitazione fino al termine delle operazioni tecniche necessarie al trasferimento definitivo“. Al contempo, l’ordinanza sindacale numero 143 prevede che “dalla data odierna e fino al 27 agosto compreso, i cani, anche se muniti di museruola, non possano circolare se non condotti al guinzaglio“.
Il sindaco ha disposto che i possessori di cani “segnalino immediatamente all’Autorità Comunale l’eventuale fuga dei propri cani ovvero il manifestarsi in essi di qualsiasi sintomo che possa far sospettare l’inizio della malattia come ad esempio: cambiamento d’indole, tendenza a mordere, manifestazioni di paralisi, impossibilità della deglutizione“.
Gatto morto per Lyssavirus: screening su pipistrelli
Uno screening sui pipistrelli ad Arezzo scatterà domani: i ricercatori dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie eseguiranno un prelievo-cattura di mammiferi vivi presenti in una colonia in città. L’annuncio è stato dato oggi dal sindaco di Arezzo Alessandro Ghinelli durante la seduta del Consiglio comunale, informando anche sul trasferimento in strutture adeguate degli altri animali della famiglia proprietaria del gatto affetto da Lyssavirus e poi morto.
Si tratta di un cane trasferito al Canile municipale e posto in isolamento e di una gatta che quindici giorni fa ha partorito alcuni gattini, accolti dal Gattile di Firenze dotato di misure ad hoc previste in questi casi.
“I tecnici dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie eseguiranno un sopralluogo in una zona della città dove è presente una colonia di pipistrelli e domani sarà effettuato un prelievo-cattura di pipistrelli vivi, per verificare se questa tipologia di virus è da considerarsi un fatto endemico oppure no. Senza falsi allarmismi, dico che la situazione è di grande attenzione,” ha spiegato il primo cittadino. In giornata è prevista una riunione tra il primo cittadino di Arezzo, i tecnici del servizio ambiente del Comune e il direttore del servizio veterinario della Asl per prendere in considerazione il monitoraggio delle colonie feline.
Lyssavirus: caso di “efficiente sorveglianza non di allarmismo”
Siamo di fronte ad una “ulteriore dimostrazione di come i proprietari di pets e i medici veterinari curanti siano il primo livello di controllo delle malattie animali“. Il rarissimo caso di Encefalite da Lyssavirus in un gatto, è “un caso di efficiente sorveglianza veterinaria non di allarmismo“: lo dichiara il Presidente dell’ANMVI Marco Melosi in un comunicato stampa diffuso in seguito al decesso di un felino domestico infettato da un virus (West Caucasian Bat Lyssavirus) che non era mai stato rilevato prima al di fuori del Caucaso.
“Il caso di Lyssavirus nel gatto di Arezzo dimostra il ruolo di sentinelle epidemiologiche di noi medici veterinari. Non deve allarmare”, dichiara Melosi, che sottolinea la tempestività con cui “i medici veterinari curanti siano stati determinanti nell’individuazione dell’infezione“. Come prevede il regolamento nazionale di polizia veterinaria, il conseguente intervento delle autorità di sanità pubblica veterinaria (Asl, IZS e Ministero della Salute) “è il risultato di un circuito virtuoso – aggiunge Melosi- innescato dalla sorveglianza veterinaria di primo livello che si fa nelle strutture veterinarie italiane ogni giorno”.
“Anche di fronte ad un caso eccezionale e raro come questo, in Italia abbiamo dimostrato di avere un modello gestionale di sorveglianza veterinaria efficace, fatto anche da migliaia di liberi professionisti per animali da compagnia su tutto il territorio nazionale,” osserva Melosi. “Il caso deve incoraggiare tutti i proprietari a far visitare regolarmente i propri cani e gatti e a valutare insieme al proprio medico veterinario, anche le condizioni ambientali in cui vivono. Farlo è un gesto di responsabilità anche verso la salute collettiva”.
Se dal punto di vista gestionale il caso è sotto controllo, dal punto di vista scientifico, l’ANMVI chiede al Ministero della Salute e alla Regione Toscana che i veterinari liberi professionisti siano partecipi dei tavoli tecnici e degli interventi da mettere in atto, “perché noi medici veterinari liberi professionisti siamo il primo interlocutore di prossimità per 14,5 milioni di proprietari di cani e gatti”.