Uscire dal carbone, accelerare rinnovabili e relative infrastrutture: può partire dalla Sardegna lo sviluppo a carbonio zero

Per il WWF è questo "il momento di tracciare lo sviluppo energetico della Sardegna"
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Il sistema energetico sardo, grazie agli elevati potenziali di rinnovabili e alla struttura della domanda nei settori finali, offre la possibilità di costruire scenari di decarbonizzazione basati sulla penetrazione di fonti rinnovabili, pur non programmabili, affiancate da un potenziamento degli accumuli idroelettrici e dallo sviluppo dell’idrogeno verde da elettrolisi, per supportare nel lungo termine il bilanciamento nel settore elettrico e rifornire i consumi industriali e trasporto non elettrificabili“: questa è l’immagine chiara ed efficace della decarbonizzazione del sistema energetico che scaturisce da un lavoro che il WWF ha chiesto al gruppo RELAB del  Politecnico di Milano, dal titolo “Analisi preliminare sul possibile percorso di decarbonizzazione della Sardegna“.

Il phase out del carbone entro il 2025 rappresenta “l’opportunità per impostare un modello a carbonio zero da subito, tracciando una linea retta da oggi al 2050. E’ l’occasione – si spiega in una nota – per impostare uno sviluppo economico ed industriale coerente con le policy europee senza inciampare in opzioni tecnologiche ambigue, come i gas di sintesi o la CCS, o incorrere in lock-in degli investimenti[1] con nuove infrastrutture fossili per il gas metano. Lo scenario prevede importanti investimenti infrastrutturali.

Al 2050, la domanda finale di energia è soddisfatta integralmente da fonti rinnovabili nel settore elettrico inclusi gli apporti per la produzione di idrogeno verde indispensabile in diversi segmenti della domanda. Si tratta di 20GW complessivi di eolico e fotovoltaico, equivalenti ad un’installazione circa 600MW di impianti all’anno fino al 2050,  1000MW di nuovi impianti a pompaggio idroelettrico, 500MW di accumuli per autoconsumo, e fino a circa 1000MW di impianti idrogeno. Lo scenario prevede anche la realizzazione del Tyrrhenian link per l’ottimizzazione delle risorse elettriche tra Sardegna e continente. Tutte le assunzioni sono basate su potenziali esistenti.

Lo scenario 2025-2030, funzionale a supportare il phase out del carbone, prevede una capacità aggiuntiva di circa 5000MW di impianti rinnovabili eolico e fotovoltaico, circa 400MW di nuovo pompaggio in alternativa allo sviluppo di una prima possibile infrastruttura ad idrogeno verde.

Nello scenario a lungo termine il settore civile, già fortemente dipendente dagli apporti elettrici e biomassa, vedrebbe una significativa penetrazione delle pompe di calore elettriche e moderne caldaie a biomasse combinate ad un efficientamento degli edifici, con possibili reti isolate di sistemi di teleraffrescamento. Il settore industriale prevede una maggiore elettrificazione con aumento dell’efficienza dei processi, un impiego da fonti rinnovabili per i processi a bassa temperatura ed il ricorso ad idrogeno per i consumi di calore ad alta temperatura. Il settore dei trasporti prevede una significativa transizione alla mobilità elettrica con una domanda di idrogeno verde per il trasporto pesante.”

Uno sviluppo del settore energetico che rappresenta l’occasioneper avviare una giusta transizione che permetta di sfruttare i maggiori potenziali occupazionali delle rinnovabili e delle nuove tecnologie, e accedere alle risorse economiche che l’Europa, anche attraverso il green deal, rende sempre più disponibili.”

Il lavoro del Politecnico traccia uno scenario necessario,perché fino ad oggi le analisi di costo beneficio delle opzioni di uscita dal carbone in Sardegna non hanno mai incluso uno scenario di decarbonizzazione. Lo scenario proposto è coerente con la long term strategy europea e quella italiana che presto dovrà vedere la luce, e, in un confronto con altre prospettive di sviluppo, appare privo di rischio per le risorse economiche impegnate ed i lavoratori coinvolti. Rinviare l’uscita dal carbone o basarla su altre fonti fossili vorrebbe dire rinviare la definizione di una visione e di veri piani di sviluppo per la Sardegna, e condannare le comunità al perpetuarsi di una situazione di crisi permanente.

L’analisi costi benefici non può prescindere dall’obiettivo di decarbonizzare entro il 2050 e dall’importanza, soprattutto in un momento di crisi, di optare in Sardegna per uno sviluppo proiettato agli obiettivi di lungo periodo, unica garanzia di sostenibilità e continuità della scelta fatta.  Della valutazione-costi benefici vorremmo entrasse a far parte il rischio di perdere l’incredibile opportunità che la Sardegna offre per anticipare tecnologie e soluzioni che saranno il futuro dei sistemi energetici europei, l’integrazione delle rinnovabili nelle reti, lo sviluppo contestuale degli accumuli, la partenza dell’idrogeno verde e la necessità di ragionare sulla trasformazione dei processi industriali in ottica di decarbonizzazione.”

Proprio la Sardegna rappresenta “un’opportunità per dare una svolta alla politica energetica nazionale. Nonostante l’evidente centralità dello sviluppo delle rinnovabili nel percorso della decarbonizzazione, il settore è da anni abbandonato, in preda a procedure autorizzative complesse e basato su policy incerte, incapace di sviluppare una regolazione coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione.” E’ questo per il WWF “il momento di tracciare lo sviluppo energetico della Sardegna, riportando al centro della politica energetica la vera opzione di decarbonizzazione dei sistemi energetici, ovvero le fonti rinnovabili il cui potenziale è immenso sull’isola.”

[1] Il lock-in degli investimenti si verifica quando si rimane intrappolati all’interno di una scelta tecnologica dalla quale è difficile uscire, anche se sono disponibili alternative potenzialmente più efficienti e da preferire per ragioni ambientali, per via degli investimenti fatti.

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