Coronavirus, il virologo Silvestri: “La divaricazione tra numero dei casi e dei morti è importante e deve farci riflettere”

Il virologo Guido Silvestri ha dedicato una "Pillola di ottimismo" alla situazione Coronavirus in Italia e nel Mondo, soffermandosi anche su una meravigliosa notizia
MeteoWeb

Il virologo Guido Silvestri, docente negli USA alla Emory University di Atlanta, ha dedicato una nuova “Pillola di ottimismo” alla situazione Coronavirus, in Italia e nel Mondo, soffermandosi anche sul “negazionismo” e su una meravigliosa notizia, di cui è protagonista una neonata.
Il virologo ha firmato l’intervento sulla pagina Facebook “Pillole di ottimismo” che cura con il contributo di un vasto team di esperti. Silvestri scrive:

1. SITUAZIONE IN ITALIA

Gli aggiornamenti numerici sulla situazione COVID-19 in Italia adesso li fa il bravissimo collega Paolo Spada, che posta ogni sera qui sulla nostra pagina la sua rubrica “Numeri in PIllole” che ha un numero altissimo di lettori.

Io qui mi limito a fare alcune rapide osservazioni.

(i) La situazione è sostanzialmente sotto controllo, e infatti ad oggi abbiamo 67 ricoverati in terapia intensiva, TI (1.6% del picco), 826 ricoveri ospedalieri totali (2.8% del picco) e 13.323 casi attivi (al picco erano oltre 108.000). E’ chiaro che alla riapertura del 3 giugno, nonostante movide, manifestazioni, tifosi sciagurati, etc non sono affatto seguiti gli scenari catastrofici previsti da certi modelli, basati su rapida crescita esponenziale dei contagi alla riapertura seguita poi da aumento corrispondente di ricoveri in TI e morti.

(ii) Come ci si attendeva, la circolazione del virus prosegue a livello basso e abbastanza controllato (endemizzazione), che poi rappresenta da sempre l’obiettivo alla base del ben noto concetto di “mitigazione” del danno, adesso ottenuta con interventi mirati e senza ricorrere a chiusure generalizzate. Il tutto mentre continua – almeno come obiettivo teorico ma spero anche in pratica – la preparazione a livello di ospedali, RSA, medicina del territorio per l’eventualità che il freddo possa a dicembre-gennaio favorire una seconda ondata di contagi e malati.

Su questo ultimo punto il nostro gruppo delle Pillole di Ottimismo si è espresso con il post-manifesto “UN MESSAGGIO CHIARO” (che ha avuto la bellezza di oltre 384.000 visualizzazioni, and counting), che vedete “inchiodato” in cima a questa pagina. Invito tutti coloro che seguono questa pagina a leggerlo con attenzione e condividerlo in quanto rappresenta non solo il mio pensiero, ma la nostra linea editoriale condivisa da tutti noi su come gestire questa fase-3 di COVID-19 in Italia.

2. SITUAZIONE NEL MONDO

A livello mondiale la pandemia continua con il trend già discusso la settimana scorsa, e che vedete rappresentato nei grafici. A fronte di un massiccio aumento globale del numero dei nuovi casi al giorno (passati dai 70-80 mila al giorno di aprile-maggio agli odierni 200.000-250.000 al giorno) il numero delle morti al giorno rimane sostanzialmente una linea piatta.

Lo stesso trend lo vediamo in modo forse ancora più chiaro qui negli Stati Uniti, dove i contagi al giorno sono praticamente triplicati rispetto a un mese fa, ma la media settimanale delle morti è rimasta abbastanza costante. Per essere precisi, il 7-day moving average dei morti oggi è a 723, mentre un mese fa, 11 giugno, era a 815. Invece il 7-day moving average dei contagi oggi è 58.340, mentre il 11 giugno era 21.416. La situazione va comunque seguita con grande attenzione.

A proposito della disconnessione tra contagi e morti, il nostro Tony Fauci, direttore del NIAID, si è espresso in questo modo: «Il virus è meno letale? Non sono in grado di dare una risposta precisa. E credo non ce l’abbia ancora nessuno. Probabilmente stiamo curando in modo più efficace i pazienti, anche con terapie che non avevamo prima. In questa fase il nostro sistema sanitario non è più travolto, come è successo nel Nord Italia proprio all’inizio dell’epidemia. E, infine, negli Stati Uniti vediamo che ci sono più giovani tra i contagiati rispetto a quanto accadeva un paio di mesi fa». Mentre un altro nostro leader, Robert “Bob” Redfield, direttore del CDC, ha detto oggi in modo molto chiaro che le scuole devono essere riaperte e che «per i bambini i rischi sanitari del tenerle chiuse sono più grandi dei rischi delle riaperture». Un punto questo molto importante su cui ci siamo già espressi su questa pagina.

La divaricazione tra numero dei casi e dei morti è importante perché deve farci riflettere sui vantaggi e gli svantaggi degli interventi non-mirati di contenimento della circolazione del virus, le cosiddette chiusure o lockdowns, che probabilmente sono efficaci almeno in parte (ed a seconda, ovviamente, del contesto, quindi con molte sfumature e differenze da caso a caso) ma che sono insostenibili dal punto di vista socio-economico, come si sono accorte nazioni come India, Pakistan, Bangladesh, Indonesia, Messico, Colombia, Perù, Sudafrica e tanti altri, dove le chiusure hanno solo permesso di guadagnare tempo.

Per altri paesi dove invece il virus è stato contenuto con successo (le cosiddette “famiglie felici”, che qui però non sono tutte felici allo stesso modo, visto che ogni paese dove COVID ha fatto meno danni sembra esserci riuscito usando metodi differenti), e sto parlando di paesi diversissimi tra loro come Korea, Taiwan, Thailandia, Jamaica, Cuba, Danimarca, Bulgaria, Albania, Marocco, Senegal, Madagascar, Etiopia, Nuova Zelanda etc, si presenta adesso un DILEMMA difficilissimo: stare chiusi e/o isolati a oltranza, sperando in un vaccino o cura risolutiva entro 10-12 mesi, così evitando il virus ma subendo nel frattempo i danni socio-economici di una prolungata chiusura; oppure riaprire ed accettare che COVID arrivi e faccia il suo corso, ovviamente modulato da status demografico, livello di assistenza sanitaria, fattori ambientali, etc. Staremo a vedere come si muoveranno, ma una cosa è certa: vincerà chi si baserà sulla scienza e non sui dogmi o tanto peggio sulle agende politiche.

3. NIENTE DOGMI E NEGAZIONISMI, PLEASE

coronavirus 01Come abbiamo appena finito di dire, per gestire questa fase servono scienza e medicina moderna, mentre non servono ”dogmi” e/o interpretazioni di comodo sviluppate per scopi politici, o ancor peggio, personali (soldi, carriera, visibilita’, etc). A questo punto, la nostra speranza è che il cosiddetto “discorso pubblico” attorno a COVID-19 in Italia (a livello mediatico, politico, accademico, social media, contati personali, etc) si articoli attorno a narrative serie e responsabili, caratterizzate da un misto di “ottimismo che viene dalla conoscenza” e di “saggia prudenza del buon senso”.

[Chi ha voglia e tempo potrebbe andare a vedere, in questo senso, il dialogo/intervista tra il sottoscritto ed il Prof. Nicasio Mancini, che sul sito MedicalFacts di Roberto Burioni discutono in modo civile, razionale e fact-driven svariati aspetti della pandemia.]

Purtroppo, ai lati di questo spettro di opinioni serie, scientifiche, pragmatiche e tutto sommato complementari tra loro, si sono sviluppate due narrative contrapposte che io reputo altamente dannose al “discorso pubblico” su COVID-19. Sono due narrative che riflettono atteggiamenti apparentemente di segno contrario, ma che in realtà sono uguali nell’origine psicologica (la paura del virus) e nei metodi di comunicazione (il dogmatismo, a volte anche verbalmente violento, di chi non riesce a vedere i fatti con oggettività). Si tratta di narrative che, sebbene di contenuto opposto, si nutrono una dell’altra per giustificare la propria esistenza, in un ciclo perverso di reciproca amplificazione.

Sto parlando da un lato del “negazionismo del virus” – quella teoria che io ascrivo ad una categoria di persone da me definite “nanociambotti”, in quanto largamente sovrapponibili a quell’area di “pensiero”, si far per dire, che sostiene ideologie di morte come l’antivaccinismo ed il negazionismo dell’AIDS (e qui chi mi conosce sa bene quanto visceralmente io detesti questa spazzatura intellettuale che si nutre di leggende del tipo “il virus non esiste”, “sono tutti morti con COVID”, “le terapie ci sono ma non ce le fanno usare”, “è colpa di big pharma, Bill Gates e 5G”, etc etc). Ma sto parlando anche, dall’altra parte dello spettro, dei “chiusuristi a oltranza”, quelli per cui solo i lockdown hanno fermato il virus, ed interpretando le curve epidemiologiche come se fossero la Curva Nord fanno sostanziale “negazionismo” nei confronti dei danni socio-economici dei lockdowns generalizzati (che invece, come sappiamo, hanno causato problemi gravissimi soprattutto a poveri, disoccupati, disabili, bambini e adolescenti).

Da un punto di vista psicologico il meccanismo in entrambi i casi è molto semplice: la paura del virus si esorcizza pensando in un caso che il virus non esista o sia innocuo, concetto che mina alla base la possibilità di fare i dovuti interventi di preparazione e monitoraggio; oppure la paura si neutralizza pensando, nell’altro caso, che ci sia una panacea risolutiva, quasi miracolosa (una specie di culto di Santa Chiusura) che deve essere imposta a tutti in una visione governativa di tipo paterno-fascista.

A mio avviso entrambi questi estremismi hanno il potenziale per fare gravi danni al modo in cui si affronteranno le prossime fasi del problema COVID-19, anche perché entrambe le posizioni prestano il fianco a strumentalizzazioni politiche di segno opposto, che purtroppo conosciamo molto bene.

Per quanto mi riguarda, e per quanto riguarda le nostre Pillole di Ottimismo, possiamo assicurare a tutti i lettori che staremo bene ancorati dentro lo spettro della discussione basata sui dati e sulla scienza, dentro la quale ci possono essere divergenze di opinione, ma che per definizione è seria, pacata, razionale e pragmatica.

4. UNA STORIA SPLENDIDA

La buona notizia di oggi è davvero splendida, una storia meravigliosa che si è sviluppata nelle settimane scorse tra la nostra Emory University ed il Children’s Hospital of Atlanta (il nostro grande ospedale pediatrico). Una storia che racconto davvero con enorme commozione, e con la straordinaria gratitudine per aver la fortuna di essere nella posizione giusta per osservarla e raccontarla.

La protagonista di questa storia è una neonata che qui chiamerò Vittoria (come “nomen omen”), nata a termine con trisomia 21 (sindrome di Down) e con una grave cardiopatia congenita (difetto completo del canale atrio-ventricolare), per la quale la sopravvivenza è possible solo attraverso un complesso intervento di chirurgia cardiaca da eseguire in circolazione extra-corporea (quindi ad altissimo rischio di mortalità). Come se queste sfortune non fossero già abbastanza, la neonata in fase pre-chirurgica si è contagiata con SARS-CoV-2 ed ha sviluppato una forma severa di COVID-19 che è risultata anche resistente all’antivirale Remdesivir.

Ora, amici lettori, fermiamoci un attimo a riflettere su questa situazione, e proviamo a metterci nei panni dei genitori di Vittoria. Avere una bambina che nasce con trisomia 21 è già una notizia non facile da gestire, a mille livelli, che non credo di aver bisogno di spiegare. In più, ai genitori viene detto che la bambina ha un grave difetto congenito del cuore, per cui si rende necessario un intervento chirurgico serio e pericoloso. Mentre questi genitori aspettano con trepidazione, in ospedale, che la bambina sia pronta per l’operazione, ecco che gli arriva la notizia che la piccola ha contratto una forma grave di COVID-19, oltretutto resistente all’unico farmaco retrovirale disponibile al momento. Per questo Vittoria viene ricoverata nella terapia intensiva neonatale, dove i genitori la osservano attraverso uno schermo di vetro, intubata e sottoposta a trattamenti disperati per combattere al contempo sia COVID-19 che lo scompenso cardio-circolatorio incombente. Insomma, immaginate di essere questi genitori, e pensate a come hanno vissuto quei momenti.

Eppure, anche in un caso come questo, i nostri medici ed infermieri non si fanno scoraggiare, e qui entra in scena la forza della medicina moderna, sotto le forme gentili della mia amica e collega Cassandra Josephson, uno dei “primari” dei vari centri trasfusionali afferenti al dipartimento che dirigo.

A Cassandra — che al contrario della sua omonima mitologica è una vera e propria profetessa di entusiasmo ed ottimismo — viene una idea tanto semplice quanto efficace: perché non proviamo ad usare su Vittoria il plasma di un soggetto convalescente? Attenzione: questa è una terapia che finora non era mai stata usata in un paziente così giovane con COVID-19. Ma questa è anche una di quelle situazioni speciali che richiedono un intervento speciale. Cassandra, insieme ai colleghi cardiologi ed intensivisti, ne parla con i genitori di Vittoria, che ci pensano per qualche ora, si raccolgono in preghiera, e poi dicono “sì, proviamoci”. Detto e fatto. Si sceglie un donatore compatibile, una unità di plasma con un titolo anticorpale alto, si allestisce la trasfusione e… nel giro di pochi giorni, alla fine del secondo trattamento, si vede che il tentativo ha funzionato, Vittoria migliora in modo rapido, viene estubata, il tampone si negativizza, dopo due settimane si sottopone all’intervento cardio-chirurgico, che riesce perfettamente. Ora è a casa, sta benissimo, ed è felice tra le braccia dei suoi genitori.

Cari lettori, questo è l’OTTIMISMO che viene dalla CONOSCENZA. Questa è la grande potenza di fuoco della medicina moderna, impersonata da gladiatori buoni che si chiamano Cassandra, Zaheedi, John, Jens, Mehul, Sean, Connie… questo è l’inferno buono della nostra scienza, che abbiamo scatenato da mesi in migliaia di università, centri ed ospedali di tutto il mondo contro questo virus odioso.

Grazie Vittoria, grazie Cassandra e grazie a tutto il team del nostro policlinico, a cui sono orgoglioso di appartenere.

[Reference: Rodriguez Z et al., COVID-19 Convalescent Plasma clears SARS-CoV-2 refractory to remdesivir in an infant with congenital heart disease. Blood Advances, in press]

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