Coronavirus, rivelati i documenti degli esperti: a marzo servivano “chiusure a zone”, ma il Governo disse “No, lockdown totale”

Il 7 marzo gli esperti avevano chiesto chiusure a zone, ma dopo 48 ore il governo ha scelto il lockdown totale. Perché?
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Il 7 marzo gli esperti avevano chiesto al Governo di mettere in atto delle chiusure, ma a zone, limitando dunque le restrizioni alle aree più colpite dal Coronavirus. Dopo 48 ore il governo ha scelto però il lockdown totale. Perché? Difficile rispondere, ora, anche perché mancano dei tasselli fondamentali.

Il Comitato tecnico scientifico, nel verbale del 7 marzo, infatti, aveva indicato “le zone cui applicare le misure di contenimento della diffusione del virus piu’ rigorose rispetto a quelle da applicarsi all’intero territorio nazionale, nelle seguenti: Regione Lombardia, e province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia e Modena; Pesaro e Urbino; Venezia, Padova e Treviso, Alessandria e Asti“. L’indicazione degli esperti, dunque, era quella di effettuare misure differenziate per territori. Il 9 marzo, invece, viene annunciato il lockdown totale dell’Italia.

Il giorno successivo alla riunione del Comitato tecnico scientifico, l’8 marzo, il premier Giuseppe Conte annuncia il Dpcm con il quale si dispone, come suggerito dagli esperti, misure più stringenti per la Lombardia e altre 14 province (oltre a quelle individuate dal Cts si aggiungono anche Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli). Il 9 marzo, però, arriva la chiusura totale di tutta Italia con il decreto #iorestoacasa, che prevede anche lo stop agli spostamenti, la chiusura delle scuole fino al 3 aprile e il blocco di ogni manifestazione sportiva, compresi i campionati di calcio. Il verbale del Cts sulle chiusure è del 7 marzo ed è il numero 21. Il verbale successivo pubblicato oggi dalla Fondazione Einaudi è il numero 39 del 30 marzo. Per cui al momento mancano i verbali delle altre 18 riunioni degli esperti. Sul sito della Fondazione sono solo 5 i documenti attualmente consultabili, tutti dai contenuti noti.  I cinque verbali sono datati 28 febbraio, 1 marzo, 7 marzo, 30 marzo e 9 aprile 2020.

Dunque, mancano troppi tasselli. E’ del 3 marzo, ad esempio, la riunione del Comitato tecnico-scientifico sulle misure di contrasto al coronavirus ad Alzano e Nembro, in provincia di Bergamo, una vicenda che nelle scorse settimane ha innescato un rimpallo di accuse in particolare tra Regione Lombardia e Governo.

RIAPERTURA SCUOLE

No alla riapertura di scuole fino al prossimo anno. E’ l’indicazione del Comitato tecnico-scientifico nel verbale del 9 aprile. Nella seduta del 9 aprile il Cts discute l’avvio della Fase 2, con un allentamento graduale delle restrizioni adottate per contenere la diffusione di Covid-19 nel Paese e le prime riaperture. Sulla base delle decisioni degli esperti verranno poi messi a punto i decreti del presidente del Consiglio. Ebbene, il Cts “dopo aver accuratamente valutato gli scenari epidemiologici derivanti da una riapertura delle attività di didattica frontale nelle scuole e dopo aver ponderato l’impatto che ne potrebbe derivare in termini d’incremento della diffusione epidemica, unanimemente ritiene, pur consapevole dell’assoluta importanza di garantire il diritto all’istruzione, che nella situazione attuale prevalgano gli argomenti per suggerire il mantenimento della sospensione delle attività didattica frontale fino all’inizio del prossimo anno scolastico”. “Si ritiene di raccomandare l’estensione di questa misura – si legge nel verbale – anche alle attività didattica frontale per i corsi universitari e pare universitari fino al 31 maggio”, “riservandosi di riformulare ulteriori raccomandazioni oltre quella data in virtù della evoluzione della situazione epidemica italiana”.

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