A sei mesi dalla dichiarazione da parte dell’OMS della pandemia di Covid-19, l’impatto del virus sta assumendo dimensioni catastrofiche, esacerbando ulteriormente le disuguaglianze esistenti e lasciandosi dietro una generazione perduta di bambini. Sempre più lontano il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, soprattutto se si guarda a quello che potrebbe succedere ai minori nei prossimi anni: solo nel 2020 117 milioni di bambini in più, al mondo, potrebbero cadere in povertà; 9,7 milioni di minori rischiano di non tornare mai più a scuola, 80 milioni di bambini rischiano di non poter ricevere vaccini essenziali. Gravi conseguenze sui bambini che non risparmiano neanche il nostro Paese: entro la fine dell’anno, in Italia, 1 milione di minori in più potrebbero scivolare nella povertà assoluta, il doppio rispetto a quelli del 2019.
Questo l’allarme lanciato da Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, che emerge chiaramente dal nuovo rapporto Protect a generation, che contiene i risultati di una vasta indagine globale condotta dall’Organizzazione in 37 Paesi al mondo, raccogliendo le voci e le esperienze dirette di oltre 25 mila bambini e adulti coinvolti nei propri programmi di intervento[1].
Tre famiglie su 4 hanno dichiarato di aver perso parte del proprio reddito, 2 su 3 non riescono a sfamare adeguatamente i propri figli e 9 su 10 non possono accedere alle cure mediche. Ad essere più colpite soprattutto i nuclei già in povertà prima della pandemia: tra queste l’82% ha subito diminuzioni del reddito rispetto al 70% delle famiglie non povere. Gravissime le conseguenze anche sul fronte dell’educazione, con 8 bambini su 10 che con la chiusura delle scuole hanno interrotto del tutto ogni forma di apprendimento e solo meno dell’1% dei minori più poveri che ha accesso a internet e alla didattica a distanza. E in Italia 1 genitore su 10 crede di non potersi permettere l’acquisto di tutti i libri scolastici, e 2 su 10 temono di non poter più sostenere il costo della mensa scolastica.
Bambine e bambini privati, nel mondo, della possibilità di studiare e sempre più esposti al rischio di subire violenze, anche in casa, e di essere costretti ad andare a lavorare per aiutare le famiglie: una condizione che incrementa ancora di più i gender gap, facendo pagare il prezzo più alto alle ragazze e alle bambine, che con la pandemia hanno dovuto occuparsi sempre più delle faccende domestiche (nel 63% dei casi, contro il 43% per i maschi), rinunciando così allo studio e rischiando di doversi sposare prematuramente spesso con uomini molto più grandi di loro.
“Questa pandemia non ha guardato in faccia nessuno, non è stata fermata dalle frontiere e ha colpito persone e comunità in ogni parte del mondo, con conseguenze gravi soprattutto sul futuro di tanti bambini. Il Covid ha aumentato ovunque le diseguaglianze, in Italia ma ancor di più nelle aree fragili del pianeta. Non siamo ancora fuori dal rischio sanitario, ma tra le priorità per ripartire, deve esserci quella di proteggere i bambini. Non possiamo rischiare che rimangano indietro, perché altrimenti rimarremo indietro tutti”, ha affermato Daniela Fatarella, Direttrice generale di Save the Children. “Una delle conseguenze più drammatiche è che molti bambini non torneranno più a scuola, perché la povertà estrema nella quale sono cadute le famiglie li esporrà al lavoro minorile e al rischio di abusi e violenze. Un rischio ancora maggiore per le ragazze più giovani, la cui unica possibilità rischia di essere quella di sposare un uomo molto più grande di loro e fare dei bambini quando loro stesse sono ancora delle bambine”.
Save the Children ha risposto sin dall’inizio della pandemia all’emergenza in 88 paesi del mondo, raggiungendo 9,1 milioni di persone, tra cui 4,3 milioni di bambini. Una imponente risposta globale, per contrastare le conseguenze del virus sia dal punto di vista sanitario che sociale.
“Proteggere i bambini è stato il nostro imperativo in questi mesi in tutto il mondo. Abbiamo formato operatori sanitari, supportato le famiglie nei momenti di difficoltà fornendo loro aiuti materiali per contrastare la malnutrizione. Abbiamo lavorato per portare acqua pulita nei villaggi più dimenticati per evitare il diffondersi di contagio e ulteriori malattie”, spiega ancora Daniela Fatarella. “Ma soprattutto non abbiamo mai smesso di ascoltare la voce dei bambini, troppo spesso dimenticati in questa crisi, supportandoli nelle difficoltà della didattica a distanza ma anche aiutando coloro che a scuola non potevano più andare, cercando anche di alleviare le conseguenze psicologiche che questa situazione ha avuto sui più piccoli. Proteggere i bambini ora significa proteggere una generazione che rischia di perdersi, una generazione che è il nostro futuro”.
Sistemi sanitari al collasso e cure mediche negate
Già prima della pandemia, 5,3 milioni di bambini morivano in un solo anno prima di aver compiuto i 5 anni di età, di cui più della metà per cause facilmente curabili e prevenibili, come malaria, diarrea o polmoniti. E ad essere penalizzati erano soprattutto i bambini delle famiglie più povere, con più del doppio delle probabilità di perdere la vita prima del quinto anno di età rispetto ai coetanei dei nuclei più benestanti. Numeri che con la pandemia e il collasso dei sistemi sanitari, in contesti già di per sé fragili, rischiano di aggravarsi drasticamente. Secondo recenti stime contenute nel nuovo rapporto di Save the Children Protect a Generation, 80 milioni di bambini al mondo rischiano di non avere accesso ai normali vaccini.
Dati che vengono confermati dalla nuova indagine condotta dall’Organizzazione: quasi 9 famiglie su 10 tra quelle intervistate (89%) sta incontrando notevoli ostacoli nell’accesso a cure mediche e medicinali, percentuale che sale al 95% tra le famiglie con bambini con problemi di salute cronici e al 96% tra quelle con minori con disabilità, a causa della chiusura delle strutture o della sospensione di molti servizi. In moltissimi casi, il principale ostacolo all’accesso alle cure è di natura economica: il 93% delle famiglie che a causa del Covid ha perso più della metà del proprio reddito non riesce ad accedere ai servizi sanitari, mentre quasi la metà delle famiglie in condizioni economiche disagiate (45%) non ha i soldi per pagare le medicine.
Allerta malnutrizione
Con 135 milioni di persone al mondo che stavano già subendo sulla propria pelle le conseguenze di una grave condizione di insicurezza alimentare – tra cui 114 milioni di bambini sotto i 5 anni affetti da malnutrizione cronica e 14 milioni colpiti da forme acute di malnutrizione – è molto alto il rischio che la pandemia di Covid-19 possa portare a un notevole aggravamento della crisi. A causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari e della perdita di risorse economiche, molte famiglie non riescono più a sfamare i propri figli. Quasi 2 famiglie su 3 (62%) tra quelle coinvolte nell’indagine di Save the Children hanno difficoltà nel reperire cibo nutriente, come carne, latte, cereali, frutta e verdura e in oltre la metà dei casi (52%) la causa è il prezzo troppo alto. Una situazione che riguarda in particolar modo i bambini e le famiglie che vivono nelle aree urbane (3 persone su 4 che risiedono in aree urbane hanno detto di avere difficoltà di questo tipo), dove peraltro vive 1 bambino su 3 tra coloro che sono colpiti da malnutrizione cronica. La pandemia e il collasso dei sistemi sanitari, del resto, stanno avendo gravi conseguenze anche sulla possibilità, per le mamme, di allattare al seno i propri figli, provocando la diffusione di disinformazione tra la popolazione: quasi la metà (49%) delle persone intervistate nell’indagine di Save the Children si è detta preoccupata dell’allattamento al seno, temendo rischi di trasmissione del Covid al proprio bambino.
Bambini fuori dalla scuola
La chiusura delle scuole in seguito alla pandemia ha riguardato quasi il 90% di tutti gli studenti al mondo e quasi 10 milioni di bambini– si legge nel rapporto dell’Organizzazione – rischiano di non farvi più ritorno, sempre più esposti, così, a rischi maggiori di subire violenze e sfruttamento, di essere costretti ad andare a lavorare per aiutare le famiglie o a sposarsi prematuramente rinunciando così alla propria infanzia.
Con le scuole chiuse – emerge dall’indagine globale dell’Organizzazione – più di 8 bambini su 10 hanno detto di non aver più imparato nulla o quasi nulla, 2 su 3 non hanno avuto più alcun contatto con gli insegnanti e, tra i bambini delle famiglie più povere, meno di 1 su 100 ha accesso a internet per la didattica a distanza, contro il 19% dei bambini non in povertà. Più di 1 bambino su 4, inoltre, non ha avuto accesso ad alcun tipo di materiale per studiare a distanza e tra i genitori più poveri il 37% ha detto di avere difficoltà nel poter pagare per i materiali scolastici dei figli, contro il 26% dei genitori più benestanti.
Conseguenze della crisi economica sull’educazione che colpiscono anche i bambini nel nostro Paese, con 1 genitore su 10 che crede di non potersi permettere l’acquisto di tutti i libri scolastici, e 2 su 10 che temono di non poter più sostenere il costo della mensa scolastica, come emerso da una recente indagine realizzata da Ipsos per Save the Children e contenuta nel rapporto “La scuola che verrà: attese, incertezze e sogni all’avvio del nuovo anno scolastico”[2].
Povertà minorile in aumento
Prima della pandemia, 586 milioni di bambini, nel mondo, vivevano in famiglie in condizioni di povertà, un numero che potrebbe aumentare di 117 milioni solo nel 2020, con incrementi maggiori soprattutto in Asia meridionale e in Africa subsahariana. Previsioni drammatiche che non risparmiano nemmeno i Paesi più benestanti, con il nostro Paese che entro la fine dell’anno rischia di vedere un aumento di 1 milione dei bambini in condizioni di povertà assoluta, che andrebbero a sommarsi agli 1.137.000 del 2019.
In base all’indagine condotta da Save the Children a livello globale, 3 famiglie su 4 (77%) tra quelle intervistate hanno subito una diminuzione del reddito in seguito alla pandemia: tra queste, 1 su 5 ha perso il proprio reddito interamente, mentre il 19% ne ha perso più della metà. Tra coloro che hanno sofferto le conseguenze economiche dell’emergenza Coronavirus, inoltre, 7 su 10 non hanno ricevuto alcun tipo di supporto dal governo e dalle autorità. Ad essere maggiormente colpite, risultano soprattutto le famiglie che vivevano già in condizioni di povertà prima del Covid: tra queste l’82% ha subito diminuzioni del reddito rispetto al 70% delle famiglie non povere. E, anche in questo caso, le conseguenze più gravi si verificano per i nuclei familiari che vivono nelle aree urbane: tra questi, 9 su 10 (88%) hanno perso parte del reddito e il 61% ha perso il lavoro, rispetto al 33% di chi vive nelle zone rurali. La chiusura delle strutture scolastiche e l’impossibilità per i bambini di accedere a un pasto gratuito a scuola, inoltre, sta creando ulteriori difficoltà da questo punto di vista alle famiglie, con l’89% degli adulti intervistati, e i cui bambini sono stati fuori dalla scuola per almeno venti settimane, che dicono di aver avuto difficoltà nel poter pagare per il cibo per i propri figli.
Il rischio delle violenze e l’allargamento del gender gap
Ogni anno, nel mondo, 1 miliardo di bambini e ragazzi tra i 2 e i 17 anni è vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica, 12 milioni di ragazze si sposano prima dei 18 anni, spesso con uomini molto più grandi di loro, mentre 85 milioni di minori sono attualmente coinvolti in pericolose forme di lavoro minorile. Bambine e bambini esposti a gravi rischi per la loro vita e per il loro futuro che con le conseguenze socio-economiche del Covid-19, come dimostra l’indagine condotta da Save the Children, rischiano di amplificarsi ulteriormente.
In 1 famiglia su 3, tra quelle coinvolte nell’indagine, si sono registrati episodi di violenza domestica dall’inizio della pandemia: Violenze tra le mura di casa che con la pandemia e la chiusura delle scuole sono più che raddoppiate, come raccontato dal 17% dei bambini intervistati, contro l’8% dei minori che ha indicato casi di violenza in casa quando poteva frequentare la scuola in presenza.
La chiusura delle scuole, luoghi sicuri e protetti per i bambini, rappresenta pertanto un fattore trainante delle violenze contro i bambini e alimenta il rischio che sempre più bambini, pur di aiutare economicamente le loro famiglie, siano coinvolti nel lavoro minorile e che sempre più bambine e ragazze siano costrette a sposarsi prematuramente andando incontro a gravidanze precoci pericolose per la loro stessa vita. E, come dimostra ancora l’indagine condotta dall’Organizzazione, sono proprio le bambine e le ragazze ad essere le più penalizzate dalle conseguenze della pandemia: quasi 2 su ragazze su 3 (63%), tra quelle intervistate, hanno detto che dall’inizio della crisi hanno dovuto aumentare il loro impegno nelle faccende di casa, contro il 43% dei maschi, con il 20% delle ragazze – rispetto al 10% dei ragazzi – che ha detto di avere troppe faccende di cui occuparsi in casa per potersi dedicare allo studio e all’apprendimento.
“Il mondo deve agire in fretta per proteggere un’intera generazione di bambini dalla perdita di un futuro sano e stabile. Occorre intensificare gli sforzi per cancellare il debito dei Paesi a basso reddito e degli Stati più fragili, in modo che possano investire più facilmente nelle vite e nel futuro dei loro bambini, i cui bisogni e le cui opinioni devono essere al centro di qualsiasi piano per ricostruire ciò che il mondo ha perso negli ultimi mesi”, ha concluso Daniela Fatarella.
L’intervento di Save the Children per rispondere alla crisi Covid-19 nel mondo
Sin dalle primissime fasi della pandemia, Save the Children ha messo in campo un vasto piano globale di risposta al Covid per proteggere i bambini, e le loro famiglie, dalle gravi conseguenze della crisi. Ad oggi, con i suoi interventi in 88 Paesi al mondo, l’Organizzazione ha già raggiunto 9,1 milioni di persone, di cui 4,3 milioni di bambini.
In particolare, per contrastare il rischio di mortalità infantile amplificato dagli effetti del Covid, l’Organizzazione ha fornito trattamenti contro la malnutrizione acuta a 175 mila bambini sotto i 5 anni di età, ha garantito l’accesso all’acqua pulita a circa 482 mila famiglie e ha formato 73 mila operatori sanitari nelle comunità. Allo stesso modo, per contrastare l’aumento della malnutrizione e dell’insicurezza alimentare Save the Children ha fornito aiuti materiali a 236 mila famiglie.
L’Organizzazione si è quindi attivata per garantire il diritto allo studio dei bambini colpiti dalla chiusura delle scuole, raggiungendo 2,1 milioni di bambini con interventi di supporto alla didattica a distanza e fornendo supporto specifico ai Ministeri dell’educazione di 50 Paesi, così come supporto è stato fornito ai piani nazionali di risposta al Covid di 25 Paesi al fine di includere in essi le voci e i bisogni dei bambini. Infine, 99 mila bambini e 213 mila adulti hanno ricevuto supporto mentale e psicosociale.
[1] L’indagine, la più vasta in questo ambito mai realizzata dall’inizio della pandemia, è stata condotta intervistando, online e per telefono, 8.069 bambini tra gli 11 e i 17 anni e 17.565 adulti (genitori o figure di riferimento per i minori) in 37 Paesi. Del totale degli intervistati, tutti beneficiari dei progetti di Save the Children, la maggior parte (il 45%) si trova in Asia, il 20% in Africa orientale e meridionale, il 14% in America Latina e nei Caraibi, il 10% in Medio Oriente e l’8% in Africa centrale e occidentale.
[2] https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/la-scuola-che-verra