Sarà depositato all’inizio della prossima settimana alla Procura della Repubblica l’esposto dell’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) per l’uccisione di una mamma cinghiale con i suoi sei cuccioli a Roma che avevano trovato riparo in un’area giochi dell’Aurelio e lì rinchiusi prima di essere uccisi respingendo le soluzioni alternative che erano state offerte.
L’esposto chiede alla Procura di disporre l’accertamento dei fatti valutando i loro eventuali profili d’illiceità penale. L’ipotesi di reato è quella che richiama l’art. 544 bis del codice penale (Uccisione di animali).
L’Oipa si riserva di presentare inoltre una denuncia-querela nell’ipotesi in cui dagli accertamenti dovessero emergere fattispecie di reato.
L’esposto evidenzia come il protocollo tecnico per il controllo del cinghiale nel territorio di Roma Capitale – predisposto dall’Ispra e siglato da Regione Lazio, Roma Capitale e Area metropolitana – preveda che “La gestione della presenza dei cinghiali nel territorio del comune di Roma Capitale è perseguita attraverso il ricorso sinergico e coordinato a: 1) metodi ecologici mirati ad evitare, in modo incruento, che esemplari di questa specie penetrino e si stabilizzino in ambienti antropizzati ; 2) interventi di controllo diretto, che comportano la rimozione degli animali sia dal tessuto agricolo periurbano sia dal tessuto urbano, attraverso la cattura ovvero mediante abbattimento secondo le tecniche di seguito riportate”.
Appare evidente, anche rispecchiando le disposizioni normative nazionali in ambito di gestione e contenimento di selvatici, che il metodo ecologico debba avere la prevalenza e che solo in subordine si possa procedere con interventi diretti che comportino anche la cattura.
«Nel caso della povera famiglia di cinghiali non si comprende per quali ragioni si sia ricorso all’abbattimento, nonostante la disponibilità di soluzioni alternative offerte», commenta il presidente dell’Oipa, Massimo Comparotto. «Dalla descrizione dei fatti, risulterebbe che si sia arrivati alla soluzione cruenta senza una corretta istruttoria che attestasse l’esistenza di un reale pericolo per l’incolumità pubblica».
Di recente la Cassazione penale, con sentenza n. 50329 del 28 novembre 2016, specifica che la situazione di necessità, che esclude la configurabilità del reato ex art. 544 bis c.p., comprende non solo la necessità, ma anche ogni altra situazione che induca all’uccisione o al danneggiamento di un animale per prevenire o evitare un pericolo imminente, o anche per impedire l’aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai propri beni, quando tale danno si ritenga altrimenti inevitabile. In questo caso, i cinghiali erano già stati chiusi nel parco e dunque non vi era alcun concreto pericolo per l’incolumità pubblica.