Fossili rinvenuti sulle varie isole delle Bahamas hanno portato alla luce varie estinzioni nell’arcipelago. È quanto emerso da uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, condotto dagli esperti dell’Universita’ della California a Riverside. Secondo lo studio, i primi coloni umani che hanno raggiunto le isole Bahamas hanno causato perdite di biodiversita’ e di specie, provocando estinzioni o spingendo diversi animali a migrare verso le altre isole o altri ambienti.
“Le nostre analisi – afferma Janet Franklin, docente presso l’Universita’ della California a Riverside – mostrano che l’arrivo della specie umana nelle Bahamas circa un millennio fa e’ stato il principale motore dell’estinzione e dello spostamento di diversi animali, insieme alle fluttuazioni climatiche e ambientali e all’innalzamento del livello del mare”. Il team spiega che le isole delle Bahamas sono dei veri e propri tesori archeologici perche’ le grotte calcaree e le doline allagate garantiscono una conservazione ottimale dei resti ossei. “Abbiamo trovato fossili di esemplari in luoghi dove oggi non vengono avvistati – commenta l’esperto – questi reperti risalivano a circa 900 anni fa, il che suggerisce che probabilmente le specie hanno convissuto con l’uomo per un certo periodo prima di spostarsi“.
Come esempio di queste specie ‘migrate’, la ricercatrice cita il caso del pappagallo di Abaco, che si trova oggi in solo due isole delle Bahamas, per lo piu’ non confinanti. “Un millennio di anni fa – precisa David Steadman dell’Universita’ della Florida, seconda firma dell’articolo – i pappagalli di Abaco abitavano anche nelle isole piu’ centrali, lo dimostrano i resti che abbiamo analizzato, mentre oggi sono endemici di due sole isole, separate da una buona parte dell’arcipelago. La colonizzazione da parte degli umani puo’ aver influito su diversi fattori, non sappiamo ancora con precisione quali, ma sicuramente ha giocato un ruolo fondamentale negli effetti che osserviamo in questo studio”.
Gli autori precisano che saranno necessari ulteriori indagini per stabilire la reale entita’ degli effetti provocati dall’arrivo umano sulle isole, ma e’ in ogni caso necessario indire misure di protezione speciali per preservare gli animali che abitano i delicati ecosistemi delle isole. “L’interconnessione tra la biodiversita’ e l’umanita’ – conclude Franklin – si trova oggi a un bivio. Sappiamo infatti che l’epidemia di coronavirus e’ con tutta probabilita’ iniziata a causa del commercio illegale di fauna selvatica. Proteggere le foreste pluviali e regolamentare il commercio di specie selvatica devono essere le linee guida delle azioni future, per aiutare e proteggere gli animali, le foreste pluviali e il benessere umano “.