Coronavirus, Crisanti: “Il raddoppio dei tamponi non è sostenibile se non si investe sul sistema”

"I tamponi sono solo una parte del problema. Raddoppiarli in due mesi vuol dire comprarli e basta? Così, semplicemente, non sarebbe sostenibile"
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Non basta dire raddoppiamo i tamponi. Bisogna investire per creare un sistema di sorveglianza. I tamponi sono solo una parte del problema. Raddoppiarli in due mesi vuol dire comprarli e basta? Così, semplicemente, non sarebbe sostenibile senza dissanguare le casse dello Stato. Bisogna investire in un sistema che rimane, per non sprecare decine di milioni di euro, dandoli in pasto ad aziende straniere, americane o svizzere, produttrici di reagenti”. Così il virologo Andrea Crisanti, analizzando la fattibilità di quanto annunciato dal commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, ovvero l’intenzione di raddoppiare i tamponi in due mesi. “Per avere un sistema sostenibile occorre investire sulle infrastrutture, su laboratori in grado di fare i test senza comprare reagenti ai prezzi alti di mercato, ma lavorandoli in casa – spiega all’Adnkronos Salute l’esperto, che dirige il dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova e il laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’azienda ospedale università di Padova – Altrimenti chi la garantisce la sostenibilità a lungo termine di un fornitore esterno? Inoltre, non si può fare affidamento e rendersi dipendenti da fornitori terzi”.

Fare tamponi, conclude Crisanti, “è solo una parte del problema. Bisogna fare i prelievi, e per questo serve la logistica, ad esempio. Ancora, serve una rete di intelligence informatica. E tutta una serie di altre cose. Non sono solo i tamponi, dunque. Questi sono solo una parte del progetto. E poi dipende anche da che tipo di tamponi”. In generale, quando si parla di sorveglianza bisogna guardare al sistema. “Ci vuole strategia e linee guida“.

Nessuno può sapere se basteranno le misure attualmente in campo per proteggere Milano e altre città a rischio. Gli interventi che in qualche modo diminuiscono i contatti“, dal coprifuoco alle regole in chiave restrittiva per la movida, dall’alleggerimento sui mezzi pubblici allo stop agli sport di contatto, “possono rallentare il contagio. Se funzioneranno, non lo so. Non si può dire. Bisognerà aspettare un paio di settimane per vedere eventuali effetti. Se i casi positivi non decelerano è perché non sono efficaci. Il tracciamento dei contatti è ormai stato perso da quel dì“, ragiona Crisanti. “L’avevo fatto presente anch’io quando avevo presentato il mio piano al Governo: a duemila casi salta tutto. Anche il coordinatore del Cts lo ha detto: forse non abbiamo fatto tutto quello che avremmo dovuto fare. Forse dovevano prendere sul serio quello che gli ho proposto”, sottolinea il direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell’università di Padova e del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’azienda ospedale università di Padova. L’App Immuni può aiutare in questa situazione? “E’ potenzialmente uno strumento molto utile”. Rispetto alle difficoltà di generare un circolo virtuoso che permetta di valorizzarne le potenzialità, “sicuramente questi fallimenti non aiutano a generare fiducia. Io suggerirei di scaricarla, certo. Penso che il Governo abbia tutta la motivazione per riparare e mettere a posto le cose”, conclude.

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