Il Coronavirus e la distinzione tra corsa e attività motoria: “Siamo specialisti nel complicarci la vita”

Coronavirus, Luciano Gattinoni: "Serve una campagna di informazione che spieghi alle persone cosa fare nella pratica"
MeteoWeb

Il virus sta riprendendo forza. Il primum movens sono i contagi. Il resto sono conseguenze“: lo spiega Luciano Gattinoni, decano degli anestesisti rianimatori italiani, in un’intervista al Fatto quotidiano.
Le misure adottate con l’ultimo Dpcm serviranno?Se verranno rispettate, sì. Al di là di leggi e decreti, se io so che devo finire in un posto chiuso, affollato, poco areato, in mezzo a gente che parla, canta e balla, devo sapere anche che le probabilità di prendere il Covid se c’è un ‘super diffusore’ sono molto elevate. Non è questione di feste da 6, da 8 o 25 persone: bisogna creare queste piccole consapevolezze. Come si fa? Serve una campagna di informazione che spieghi alle persone cosa fare nella pratica“. “Un esempio. Bisogna dire alla signora che va a fare la spesa che se all’ingresso del supermarket vede dell’affollamento è meglio tornare dopo un po’. Questi comportamenti singoli non possono essere imposti, ma devono essere spiegati. Prenda da noi la questione dell’uso delle mascherine e la distinzione tra corsa e attività motoria: siamo specialisti nel complicarci la vita. E non facciamo le cose che servono. Quali? Quante volte abbiamo sentito parlare di medicina del territorio? Cos’è cambiato? Nulla. Se oggi parliamo ancora dell’ospedale della Fiera non abbiamo capito niente. Gallera dice che tornerà utile. Non sono un letto o un respiratore che fanno una terapia intensiva. Se poi vogliamo fare un punto d’appoggio con pazienti clinicamente guariti ma ancora positivi, benissimo. Ma non chiamiamole terapie intensive. Ogni letto ha bisogno di medici e infermieri che sappia come usarlo“.
Chi finisce in terapia intensiva è una parte minima di chi si infetta. In Germania ci sono stati 9mila morti a fronte di 350mila contagi. E anche in Regno Unito, Francia e Spagna si muore di meno. Chi è partito prima come l’Italia ha commesso errori da cui gli altri hanno imparato. Un esempio: dopo un mese abbiamo capito che nel Covid le piccole trombosi hanno un ruolo fondamentale. Così abbiamo cominciato a usare l’eparina. Altri l’hanno imparato da noi. Come affrontiamo questa seconda ondata? Dobbiamo considerare i due estremi: valutare cosa si è fatto nella medicina di territorio, che serve per curare il prima possibile gli infetti, e contare quanti letti di terapia intensive che servono per salvare le vite, sono dedicati al Covid e quanto personale è stato assegnato a ognuno“.
Rischiamo di tornare alla casella di partenza? “In un bellissimo romanzo, Nero Wolfe dice ad Archie Goodwin: ‘Ora esci e agisci con intelligenza alla luce dell’esperienza. Quello uscì e andò a prendersi un hamburger. Temo che siamo a questi livelli“.

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