La pandemia di coronavirus ha provocato oltre 1,1 milioni di morti nel mondo ma, per tutta una serie di motivi, gli esperti devono ancora concordare esattamente quanto sia letale il virus SARS-CoV-2. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) afferma che muore complessivamente lo 0,6% di coloro che contraggono il Covid-19, ma gli scienziati ammettono che la malattia rappresenta un pericolo maggiore per gli ultra-settantenni (così come l’influenza stagionale, che uccide circa lo 0,1%).
Ora, in una revisione di studi condotti sugli anticorpi, John Ioannidis, epidemiologo dell’Universita’ di Stanford, ha rilevato che quando colpisce persone sane con meno di 70 anni d’eta’, il Covid-19 uccide solo 1 persona su 2.000, con un tasso di letalità inferiore allo 0,05%. La stima, pubblicata sul bollettinodell’Oms, e’ ben 5 volte inferiore a quella effettuata dagli stessi scienziati in precedenza, quando si parlava di un tasso di letalità per tutte le fasce d’eta’ pari allo 0,25%. Da qui, è scaturita un’aspra polemica.
Ioannidis ha basato la sua nuova stima sulle persone con meno di 70 anni di eta’ coinvolte in 61 diverse ricerche condotte in tutto il mondo. Non ha presentato una stima ufficiale per il tasso di letalità tra gli ultra-settantenni, ma ha suggerito che fosse intorno allo 0,25%. Il suo ultimo lavoro e’ stato criticato da altri scienziati, secondo i quali sarebbero stati utilizzati i dati dei loro studi in modo errato e sarebbero state considerate popolazioni “inadeguate” allo scopo. Il gruppo scientifico consultivo del governo per le emergenze (SAGE) ha valutato il tasso di letalità per Covid-19 allo 0,5% e gli accademici dell’Universita’ di Oxford hanno utilizzato modelli i quali suggeriscono un tasso dell’1,4%.
Ioannidis si e’ concentrato sugli studi sugli anticorpi, considerati il modo migliore per scoprire la reale dimensione dei focolai di Covid-19. Gli anticorpi vengono prodotti in risposta alle infezioni e possono rimanere nel sangue per mesi dopo, poiche’ il sistema immunitario li immagazzina per ricordare come combattere diversi agenti patogeni. Questo significa che possono essere un utile strumento per determinare la prevalenza di una malattia. Ma gli scienziati sono scettici quando si utilizzano questi dati perche’ non e’ chiaro per quanto tempo gli anticorpi rimangano effettivamente nel flusso sanguigno. E alcuni studi hanno suggerito che i pazienti che riportano solo sintomi lievi producono livelli appena rilevabili di anticorpi. Nello studio di Ioannidis, all’interno del quale si sostiene sia stato sottoposto a revisione paritaria, sono state utilizzate 82 stime del tasso di letalità ricavate da 61 studi condotti in tutto il mondo. La prevalenza di anticorpi nei campioni variava dallo 0,1% nella The Bay Area, in California, al 53,4% nel Barrio Padre Mugica, in Argentina. Ioannidis ha preso i dati da ciascuna regione e ha diviso il numero di morti per Covid-19 per il numero di persone che si stima fossero infette, per ottenere un tasso medio di letalità per infezione dello 0,27%. Inoltre, afferma che, quando si esclude dal calcolo gli ultrasettantenni, il tasso di letalità medio scende allo 0,05%. Nella sua conclusione afferma che il tasso di infezione “variava sostanzialmente” tra le regioni, sostenendo che cio’ potrebbe dipendere da molti fattori diversi.
Come detto, sono arrivate molte le critiche al suo lavoro. Gideon Meyerowitz-Katz dell’Universita’ di Wollongong, in Australia, ha affermato che il basso tasso di infezione risultato e’ “semplicemente una conseguenza della bassa qualita’ della revisione stessa e ha molto poco a che fare con quando sono state fatte le stime”. La stessa Oms prende le distanze, sottolineando la propria estraneita’ alle “opinioni” che vengono pubblicate sul bollettino del loro sito.