“Ritengo una follia l’accordo che prevede la possibilità che i medici di famiglia facciano i tamponi rapidi nei loro studi. E’ pazzesco e rischioso per salute. Un medico può anche mettersi a disposizione, ma si pone un altro problema, e cioè che i camici bianchi che fanno questo devono essere protetti in maniera completa con tutti i dispositivi necessari. Non solo mascherine, ma camici, sovrascarpe, occhiali e quant’altro. Altri medici mandati a morire non ne voglio più vedere”. E’ il monito di Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei medici di Milano.
“Non si riesce a capire bene – dice all’Adnkronos Salute – se quanto previsto nell’accordo valga ‘erga omnes'”, visto che ci sono sigle sindacali che non hanno firmato. “Credo ci debbano essere dei passaggi che in questo momento non ci sono, ma comunque bisognerà garantire protezioni e spazi adeguati. Fare i tamponi implica sollecitare la tosse nel paziente. E’ un lavoro rischioso e si fa ben protetti. Non possiamo far rischiare la vita al medico e agli altri. Si pensi al fatto che, se un medico di famiglia si contagia, rischia di contagiare anche altri suoi pazienti. Chi vuole fare i tamponi deve farlo in spazi corretti, dunque, e con le protezioni adeguate, altrimenti neanche loro possono e devono farli“.
“Non so ancora cosa farà la Lombardia per questo accordo – continua Rossi – ma se venissero messi a disposizione spazi adeguati come si è fatto per i vaccini e ovviamente tutti i Dpi, i camici che volontariamente decidono di aderire potrebbero farlo, a queste condizioni. Certo, non so come si possa trovare il tempo. Oggi noi medici di famiglia passiamo ore al telefono, i nostri assistiti chiamano per sintomi, passiamo la giornata fra computer, burocrazia ed è già così una situazione insostenibile. Mi chiedo: se siamo già impegnati così non so come si farà a mettersi a disposizione anche per i tamponi. Forse chi ha pochi pazienti o non fa attività di studio può dare la sua adesione. Certo è che non puoi obbligare i medici a farli. Forse la cosa può funzionare e si può realizzare in aree dove c’è un pressing minore sul fronte contagi. Qui in Lombardia non credo proprio“.