Lo chiamano “il fantasma delle montagne”, perché spesso se ne sente parlare nei racconti, ma raramente si ha occasione di vederlo. Il leopardo delle nevi (Panthera uncia) è una delle specie più rare e meno studiate al mondo, tanto che esistono stime rigorose della popolazione per meno del 3% dell’habitat complessivo.
Questo felino abita paesaggi montani aspri e in alta quota, che vanno oltre i 3.000 metri di altitudine. Oggi sul pianeta restano appena 4.000 individui, distribuiti in un areale ridotto e frammentato tra le alte montagne di Afghanistan, Bhutan, Cina, India, Kazakistan, Kyrgyzstan, Mongolia, Nepal, Pakistan, Russia, Tajikistan e Uzbekistan.
Il 23 ottobre è l’International Snow Leopard Day, la Giornata Internazionale del leopardo delle nevi, istituita nel 2014 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma di una specie iconica. Oggi questo felino è classificato come “Vulnerabile” nelle liste rosse dalle IUCN, in quanto gravemente minacciato dal deterioramento e dalla perdita del suo habitat, dal bracconaggio e dal conflitto con le comunità locali, che negli ultimi 20 anni hanno portato ad un declino del 20% della popolazione. Il cambiamento climatico, inoltre, influenzando negativamente gli ecosistemi d’alta quota, habitat d’elezione del leopardo delle nevi, sta aggravando queste minacce e potrebbe peggiorare una situazione già molto precaria.
Un recente studio della Berkeley University, pubblicato sulla rivista Biological Conservation, ha stimato che entro il 2070 solo un terzo dell’areale del felino tibetano potrebbe resistere agli effetti del riscaldamento globale. Le temperature sempre più calde provocano infatti l’innalzamento del limite superiore delle foreste, mettendo a rischio gli habitat aperti di alta montagna, regno di caccia del leopardo delle nevi. Questo fenomeno rischia anche di inasprire il conflitto con gli allevatori, che sono costretti a portare il bestiame a quote sempre più alte. La ricerca ipotizza per questi motivi un calo della popolazione del raro predatore dell’82% in Nepal e dell’85% in Bhutan nei prossimi decenni. La sopravvivenza di questa specie necessita dunque di azioni a livello globale, per conservare i delicati habitat montani che consentono la vita e forniscono acqua anche a centinaia di milioni di persone in tutta l’Asia.
I leopardi delle nevi non sopravviveranno a lungo se non si affrontano le cause del declino, tra le quali giocano un ruolo decisivo il cambiamento climatico, e il bracconaggio e le uccisioni per ritorsione da parte di pastori, insieme alla progressiva riduzione delle specie preda. Si stima che dal 2008 siano stati uccisi ogni anno tra i 221 e i 450 leopardi delle nevi, e che di questi il 55% venga ucciso per rappresaglia dovuta alla predazioni sul bestiame domestico.
Per la salvaguardia di questo raro felino è necessario che lavorino insieme governi, associazioni ambientaliste e comunità locali. E occorre agire presto.
Il WWF continuerà a finanziare la ricerca, compreso l’uso di trappole fotografiche e radiocollari satellitari, necessari per raccogliere più dati possibili su questo sfuggente predatore e sui rischi che ne mettono a rischio la sopravvivenza. Conservare il leopardo delle nevi significa proteggere l’intero ecosistema in cui vive ed in cui svolge l’insostituibile ruolo di equilibratore al vertice delle catene alimentari.
La storia di Rishi, lo studioso di grandi felini che da bambino sognava di incontrare il “fantasma delle montagne”
Rishi Kumar Sharma è nato in un piccolo villaggio dell’India e cresciuto ascoltando le affascinanti storie della nonna, che gli raccontava di un leopardo delle nevi che scendeva occasionalmente da una collinetta vicina per bere allo stagno del loro villaggio.
“Mi nascondevo dietro l’enorme albero vicino allo stagno e guardavo l’orologio, sperando che un giorno il leopardo assetato apparisse di nuovo per bere dallo stagno. Ma non è mai arrivato”.
Confuso, Rishi non riusciva a capire perché, a differenza delle magiche esperienze raccontate dalla nonna, il suo tanto atteso incontro casuale con il leopardo delle nevi non arrivasse mai. Nel frattempo, le sue incursioni ai piedi delle colline di Shiwalik per raccogliere legna da ardere, pascolare il bestiame o semplicemente per raccogliere frutti selvatici con gli amici hanno rafforzato ancora di più il suo interesse per la natura.
“Il mio sguardo si spostava spesso sui panorami mozzafiato della catena montuosa di Pir Panjal innevata e mi chiedevo cosa ci fosse in quelle montagne, così visibili ma lontane. Un amico, che aveva una fattoria in montagna mi raccontò della creatura mitica chiamata “Lui Tendua”, il leopardo delle nevi. E io ho creato nella mia mente un’immagine simbolica di un leopardo delle nevi e quell’immagine non mi ha mai lasciato”.
Lentamente, però, il desiderio di Rishi di imbattersi in questi felini si trasformò in paura: se si trattava di animali così comuni come si presumeva, perché non ne aveva mai visto uno nonostante i suoi sforzi? Nei luoghi dove le persone e i grandi felini convivono, come nel villaggio di Rishi, il conflitto tra uomo e natura è all’ordine del giorno. Come punizione per i danni al bestiame o per la perdita di esseri umani, le comunità spesso uccidono molti di questi grandi felini. Pregiati per la loro pelliccia e le loro ossa e uccisi come rappresaglia per la predazione del bestiame, la popolazione di questa specie è diminuita in tutto il territorio limitrofo.
Cresciuto ben consapevole di questo conflitto, ma ancora affascinato dalle storie della nonna sul leopardo, Rishi ha sviluppato un interesse nello studio dei grandi felini. Nel 2003 si è iscritto al Master in Scienze della fauna selvatica presso il prestigioso Wildlife Institute of India e tre anni dopo ha iniziato a lavorare sulla conservazione delle tigri. Era il periodo in cui l’India stava assistendo alla sua prima grande crisi nella conservazione delle tigri, dopo l’estinzione di queste da un noto parco nazionale. Rishi ha aiutato a progettare studi sul campo nel Programma Nazionale di Monitoraggio delle Tigri del Governo indiano, ha formato i ricercatori sulle metodologie di campo e ha assunto incarichi in regioni impegnative come le foreste di mangrovie a Sundarbans. Nonostante le tigri lo appassionassero moltissimo, la sua lontana attrazione verso l’Himalaya non si spegneva e a volte percepiva perfino “il richiamo delle montagne”.
“Nel 2010, durante il mio anno sabbatico, ho incontrato un team di scienziati che studiava i leopardi delle nevi. Le discussioni informali sulla conservazione hanno cominciato a diventare più serie e mi è stato chiesto di lavorare sulla conservazione del leopardo delle nevi in Himalaya. Per me è stata l’occasione per conoscere l’animale che da bambino aveva così tanto affascinato e stimolato la mia immaginazione”.
Quando Rishi iniziò a lavorare sui leopardi delle nevi, imparò ben presto che, a causa del loro bisogno di vasti territori di caccia, erano estremamente rari e incredibilmente difficili da vedere.
“Anche nel miglior habitat per leopardi delle nevi, potrebbe esserci un solo individuo ogni 100 chilometri quadrati”, dice Rishi.
Una volta che Rishi ha iniziato a studiare “il fantasma delle montagne”, il suo desiderio infantile di vederne uno in natura non era più importante – si sentiva semplicemente privilegiato a camminare sull’Himalaya, nel suo habitat. Ma questo non significa che non ci sia andato vicino qualche volta.
Rishi ha avvistato un leopardo delle nevi mentre installava trappole fotografiche in una grande area di 4000 kmq nella Valle di Spiti, sull’Himalaya. “Stavamo attraversando una stretta gola, circondata da alte montagne. Improvvisamente, in un punto sopra di noi, le rocce si sono staccate e hanno iniziato a rotolare giù per il pendio. D’istinto ho guardato verso l’alto e ho intravisto la coda di un leopardo delle nevi: era stato lui a vederci prima che noi potessimo notarlo, cosa che spesso accade, e stava cercando di allontanarsi in silenzio”, ha detto Rishi.
Quel primo fugace avvistamento del leopardo delle nevi è stato una gioia per Rishi, perché ha capito quanto era stato fortunato.
“Ho installato circa 150 trappole fotografiche nella regione, e dopo qualche mese potevo indovinare quando un leopardo delle nevi ne avrebbe intercettata una. Se avessi voluto avrei potuto avvistare anche lui, ma non ne ho mai sentito il bisogno. Mi bastava sentire la loro presenza intorno alle creste rocciose, e in fondo alla valle. I leopardi delle nevi sono l’anima stessa dell’alta montagna”.
Mentre Rishi continua a inseguire il fantasma della montagna per tutto l’Himalaya, è consapevole che il suo lavoro è fondamentale. Con meno del 3% dell’habitat di questo grande felino studiato con approcci scientificamente rigorosi, si sa molto poco di questa specie.
“In India ci sono informazioni rigorose solo su meno del 10% dell’habitat del leopardo delle nevi”, spiega Rishi. Questo è il motivo per cui il lavoro di Rishi, insieme a quello di altri ambientalisti del WWF-India, è fondamentale per la sopravvivenza della specie. I loro studi e i dati raccolti durante le spedizioni forniscono informazioni cruciali sulla vita di questi animali fortemente minacciati.
Rishi è ora alla guida del programma globale di conservazione del leopardo delle nevi del WWF. “Il nostro obiettivo è quello di capire cosa dobbiamo fare per far sì che le persone e i leopardi delle nevi possano convivere in armonia. Finché riusciremo a lavorare insieme alle comunità locali e a conciliare la conservazione del leopardo delle nevi e il sostentamento delle persone , non ho dubbi che potremo garantire un futuro a questi meravigliosi felini”.