La verità è emersa solo ora: a quanto pare a marzo pochi avevano compreso che per evitare migliaia di decessi si doveva fare in modo che il virus non si diffondesse nelle strutture per anziani. Ciò che bisognava fare era vietare, fin da subito, le visite dei parenti nelle Rsa, ma così non è stato. La prima vera limitazione all’accesso di visitatori nelle case di riposo è stata inserita solo nel Dpcm del 1° marzo, ma solo per alcune regioni. L’indicazione generalizzata per tutte le strutture italiane è stata quella di limitare “l’accesso di parenti e visitatori”, arrivata solo con il Dpcm del 4 marzo. Per oltre due settimane, quindi, i familiari hanno proseguito con le visite, entrando indiscriminatamente nelle strutture e rischiando di essere vettori di eventuali virus. Il primo rapporto dell’Iss dedicato alla prevenzione e al controllo dell’infezione nelle Rsa è arrivato il successivo 16 marzo, ovvero due mesi dopo la dichiarazione dello stato di emergenza.
Le indicazioni dell’Iss consigliavano, genericamente, di indossare “dispositivi di protezione individuale appropriati” in “relazione alla valutazione del rischio”. Non vi è nessuna indicazione in merito ai Dpi da utilizzare per prevenire. “Le prime indicazioni ci dicevano che la mascherina non andava messa“, racconta un operatore sanitario di una Rsa emiliana. Il rapporto redatto in precedenza è stato rivisto il 28 marzo: “In alcuni ambiti assistenziali sanitari – viene aggiunto – si valuti la possibilità di uso della mascherina chirurgica come presidio da utilizzare all’interno dell’ospedale tout court per tutti i sanitari”.
Sull’argomento, oggi Mario Raviolo, ex-responsabile dell’Unità di crisi regionale, è stato ascoltato dalla commissione conoscitiva costituita in seno al Consiglio regionale. A tirare le somme sono i consiglieri di opposizione. Assente la giunta regionale, ai minimi i consiglieri di centrodestra. “Raviolo ci ha messo nero su bianco che l’emergenza Rsa è arrivata sul tavolo della Regione solo dopo la sua destituzione, ovvero il 17 marzo (“Sono stato destituito da uno che per fortuna ha più competenze di me in campo sanitario, credo faccia il geologo”, si è lasciato sfuggire) – spiega Marco Grimaldi, capogruppo di Liberi Uguali Verdi – mettendo agli atti che, per oltre un mese, delle persone ospiti delle residenze e dei lavoratori impegnati là dentro nessuno si occupava: almeno non in modo organizzato. Di fatto, veniva lasciato al solo Raviolo l’incombenza di occuparsi, in prima persona e con i propri mezzi, delle patate bollenti: Mater Dei di Tortona e la Don Rossi di Villanova di Mondovì. Che Raviolo metta a verbale che nessuno si è occupato delle Case di Riposo e dei più deboli è gravissimo, la conferma dei nostri sospetti”.
Sull’esito della seduta della Commissione sono intervenuti anche Raffaele Gallo e Daniele Valle, del PD. Con riferimento specifico al capitolo dei Dpi, i Dispositivi di protezione individuale: “Emerge chiaramente la confusione: mentre il direttore Aimar scriveva alle Asl di continuare ad approvvigionarsi, rilevando che si trattava di un compito esclusivo delle aziende, l’Unità di crisi regionale si intestava il tentativo vano di centralizzare rilevazione dei fabbisogni e acquisti, contribuendo a una situazione confusionaria e poco chiara nelle responsabilità. Rileviamo che il Piemonte è rimasto in ritardo rispetto alle altre regioni”.