“Si stanno toccando con mano gli effetti della fragilità di un territorio mal gestito e governato per quanto riguarda l’assetto idrogeologico. Complessivamente l’occupazione di suolo, l’espansione urbanistica e le opere idrauliche realizzate non sono state attuate secondo una corretta pianificazione geologica, elemento ancora mancante o fortemente carente nella cultura e nei tavoli decisionali”: lo ha affermato la geologa sarda Laura Cadeddu referente della Società Italiana di Geologia Ambientale.
“Questa situazione di fragilità era comunque ben nota – ha proseguito Cadeddu – e infatti sono stati proposti dalla Regione progetti di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico da finanziarsi con il Recovery Fund, all’interno del “Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo (ReNDiS)“.
“Sono interventi di mitigazione del rischio idrogeologico proposti dalla Regione Sardegna, suddivisi in “Interventi fondo progettazione”, “Interventi ReNDiS cantierabili 12 mesi”, e “Interventi Transizione verde”, per un importo complessivo di circa di 193 milioni di euro, che riguardavano in particolare anche la Provincia di Nuoro e il comune di Bitti.
Purtroppo, come spesso accade, gli eventi precedono gli interventi. Nel contesto attuale risultano prioritari interventi di mitigazione del rischio accompagnati però da una corretta pianificazione atta a scongiurare l’incremento della pericolosità idrogeologica.
Sarà necessario vigilare e spingere affinché questi denari pubblici vengano spesi congruamente alla finalità indicata e senza andare invece ad aggravare l’assetto territoriale“.
Crotone e Sardegna in una settimana ma diversi. Massimiliano Fazzini climatologo dell’Università di Camerino, geologo e Coordinatore del Gruppo Cambiamenti Climatici della Società Italiana di Geologia Ambientale, ha dichiarato: “Nel breve volgere di una settimana, due alluvioni di magnitudo significativa hanno interessato alcune aree dell’estremo sud peninsulare – città di Crotone – ed alcune aree della Sardegna centro-orientale, provocandovi purtroppo non solo danni a beni immobili e mobili quanto nuove vittime.
Da una prima ricostruzione degli eventi, si evince che, nel caso dell’alluvione di Bitti, meglio inquadrabile come un mudflow che ha interessato il centro storico della citta, una colata frammista di fango ed acqua si è attivata dai rilievi immediatamente sovrastanti la cittadina in seguito a piogge sicuramente abbondanti – ha dichiarato Fazzini – ma non precisamente quantificabili, vista l’assenza nelle immediate vicinanze di qualsiasi sito di rilevamento pluviometrico. La stazione pluviometrica più vicina, situata a circa 15 km a nord-ovest – quella di Buddusò – Canalei, ha evidenziato cumulate dalla mezzanotte di ieri e sino alle 17 LT di circa 215 mm mentre la stazione di Villagrande di Strisaili, tra le più piovose dell’intera regione ed epicentro dell’alluvione del 18 novembre ubicata sul versante orientale del massiccio del Gennargentu ha totalizzato nello stesso periodo oltre 315 mm di pioggia.
La dinamica meteorologica è molto nota e causa di altri eventi alluvionali che colpiscono sempre più frequentemente il versante orientale dell’Isola: una depressione chiusa centrata ad est delle Isole Baleari ha richiamato aria calda ed instabile da sud est; la componente orografica identificabile nei rilievi organizzati dal Gennargentu verso nord e non distanti dal mare hanno favorito l’innalzamento delle appena citate masse d’aria di origine mediterranea provocando precipitazioni abbondanti e reiterate.
Occorre pero sottolineare che durante la disastrosa alluvione del 18 novembre 2013, le cumulate meteoriche totali erano risultate decisamente e più abbondanti – circa 590 mm di pioggia in 30 ore nella prima citata stazione di Villagrande. Considerando che il centro storico della città non ha subito nell’ultimo decennio alcun cambiamento inestensione, sarà cambiato nel frattempo l’uso del suolo dei versanti sovrastanti l’abitato, sui quali si è sviluppato il nefasto fenomeno gravitativo?”
“Crotone e Sardegna, dunque. Ebbene i due casi appena menzionati si differenziano notevolmente quanto a condizioni innescanti soprattutto considerando non solo la diversa densità abitativa dei due centri più direttamente coinvolti dagli eventi di dissesti idraulico ed idrogeologico ma anche le evidenti differenze morfologiche delle aree interessate dagli eventi.
In primis bisogna rammentare che la climatologia delle precipitazioni delle due aree evidenzia che la seconda meta del mese di novembre risulta essere tra i più piovosi se non il più piovoso dell’anno, in virtù delle frequenti ciclogenesi che si verificano nel Mediterraneo centro. Occidentale e che beneficiano delle ancora elevate temperature del mare, – sempre più elevate in autunno nell’ultimo decennio”.
“L’evento alluvionale di Crotone e Corigliano del 21 novembre c.a. – identificabile, per la prima città citata, con un esteso allagamento cittadino non provocato da esondazioni di corsi d’acqua principali o secondari – ha interessato sia il centro abitato della città sia le immediate periferie di Tufolo, Farina, Trafinello e Margherita. Analizzando la morfologia del territorio – ha concluso Fazzini – specialmente per ciò che concerne il centro della citta, risulta palese che le quote siano prossime e talvolta inferiori al livello medio mare, per cui le notevoli quantità di pioggia apportate da una depressione mediterranea chiusa alimentata su suo bordo settentrionale da aria fredda ed instabile polare intermedia – 210 mm caduti in circa 5 ore – non hanno logicamente trovato deflusso verso il mare.
Ma allo stesso modo, analizzando il rapporto ISPRA sul consumo di suolo, si evince che, ad esempio, nel solo 2019, il comune di Corigliano Rossano ha impermeabilizzato 15.1 ettari sui 118 di tutta la Calabria. Risulta dunque palese porsi il quesito di quanto abbia pesato il progressivo consumo di suolo sulla mancata infiltrazione nel sottosuolo delle acque piovane che, scorrendo in superficie, ingrossano i corsi d’acqua contribuendo alle alluvioni e allegamenti urbani i cui effetti registriamo anche in questo anomalo autunno dal punto di vista meteo – climatologico. Tutto ciò senza considerare il fattore cementificazione delle aree industriali e commerciali circostanti la citta. Queste evidenze, in un’aera era stata a sua volta già pesantemente colpita dall’alluvione del 14 ottobre 1996 – causata da un estesa pioggia esaoraria di 120-140 mm – associate ad una palese maggiore frequenza di fenomenologie meteoriche di notevole intensità e causate dal forcing climatico in atto, vi amplificano esponenzialmente il rischio climatico.
E dunque, se nulla si può fare per cambiare la conformazione geologica e geomorfologica, appaiono ormai improcrastinabili gli interventi per una corretta programmazione urbanistica del territorio, nel rispetto delle “esigenze della natura”.”