Coronavirus, Boccia in audizione: “La situazione ricoveri non è da allarme rosso. Un lockdown nazionale? Non è più riproponibile”

Boccia in audizione: un lockdown nazionale, come nella prima ondata del Coronavirus, "oggi non è più riproponibile perché a marzo-aprile non c'era nulla"
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La rete sanitaria sta reggendo, sia sulle terapie intensive che sui posti di area medica. È evidente che le reti sanitarie stanno tenendo, grazie al lavoro straordinario degli operatori e al potenziamento che c’è stato. I due parametri” di posti occupati in area medica e in terapia intensiva “non sono l’allarme rosso di marzo-aprile-maggio. L’allarme è diventato la trincea fuori dagli ospedali, che in molti casi è stata travolta dal numero dei contagiati: le reti sanitarie esterne, la pressione sui pronti soccorso e su alcune aree metropolitane“: lo ha spiegato il Ministro per gli Affari regionali e le autonomie Francesco Boccia, in audizione innanzi alla Commissione parlamentare per le questioni regionali sui rapporti tra lo Stato e le regioni in conseguenza delle recenti evoluzioni dell’emergenza Coronavirus. “Nella prima ondata, concentrata in alcune province e in 6-7 Regioni, 4 delle quali sono andate in crisi, con un numero di contagiati molto, ma molto più basso – ha proseguito il Ministro – siamo arrivati al picco più alto con circa 67mila ricoverati Covid in area medica e si è curato in ospedale quasi il 45% dei contagiati; in questa seconda ondata, oggi, in questa fase che possiamo considerare di picco, siamo intorno ai 35mila ricoverati in areea medica, spalmati in tutto il territorio nazionale“. “Mentre oggi il 94% dei contagiati di fatto si cura a casa e il 4-5% in ospedale, nella prima ondata il 45% dei contagiati si curava in ospedale; tra il 12-13-14% nei mesi più acuti finiva in terapia intensiva, in questa lo 0,7-0,8%; facciamo tamponi che sono dieci volte quelli che facevamo a marzo-aprile“,

I 21 indicatori sono necessari, sono a tutela della salute di tutti noi. Ieri c’è stata una proposta da parte delle Regioni, di ridurre il numero degli indicatori. Se la cabina di regia accerterà che si possono fare delle modifiche, si faranno. Ma quello che non dobbiamo fare è politicizzare gli indicatori, ci deve essere una valutazione oggettiva. Lo spirito è garantire sempre l’oggettività dei numeri“.

Il modello per la ‘zonizzazione‘ dell’Italia “è nato con il decreto di aprile, questa è la 26ª settimana di utilizzo di quel modello. Non è nato il 3 novembre, ma mesi prima perché la fase di graduale riapertura l’abbiamo gestita con massima cautela nonostante le spinte per riaperture immediate“. “Questo approccio è la nostra forza, un approccio differenziando le misure a seconda delle esigenze territoriali secondo un principio di adeguatezza e proporzionalità, costruendo percorsi che portano cittadini e imprese a fare i sacrifici minori possibili. Continuiamo su questa strada“.
Un lockdown nazionale, come nella prima ondata del Coronavirus, “oggi non è più riproponibile perché a marzo-aprile non c’era nulla: non c’erano le mascherine, i ventilatori per adeguare le terapie intensive, nulla nel mondo“.


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