Gli tsunami sono eventi rari ma uno dei disastri naturali più mortali conosciuti nella storia dell’umanità. Il maremoto più mortale è considerato quello che si è verificato il 26 dicembre 2004 nell’Oceano Indiano, che interessò 14 Paesi e provocò un bilancio catastrofico in termini di vite umane e danni. Un devastante terremoto di magnitudo 9.1 della scala Richter ha innescato il gigantesco tsunami che provocò la morte di centinaia di migliaia di persone e la distruzione di interi villaggi sulle coste del Sud-Est asiatico.
L’evento ebbe luogo precisamente alle 00.58.53 UTC al largo della costa nord-orientale di Sumatra, Indonesia. La terra tremò per 8 minuti sprigionando un’energia pari a 52.000 megatoni, 1 milione e mezzo di volte più potente rispetto alle due bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki. L’epicentro del sisma venne rilevato a circa 160 km ad ovest di Sumatra e l’ipocentro a 30 km di profondità. Venti minuti dopo il terremoto, onde alte fino a 30 metri penetrarono per chilometri sulla terraferma, portando con sé case, navi, alberi e persone, rendendo inoltre i campi incoltivabili per anni.
Gran parte delle vittime furono causate dal successivo tsunami che, con onde alte decine di metri, si abbatté con violenza spaventosa sulle coste di molti Paesi dell’Oceano Indiano: l’Indonesia ha pianto oltre 170.000 morti e altre decine di migliaia di dispersi. Almeno altre 100.000 persone sono morte in altri 12 Paesi: Bangladesh, Birmania, India, Maldive, Malesia, Sri Lanka e Thailandia in Asia, ma anche Kenya Seychelles, Somalia, Sudafrica, Tanzania in Africa.
5 milioni furono gli sfollati. Quasi 300.000 vittime (di cui un terzo bambini) tra le quali anche persone originarie di 40 Paesi del mondo: dell’Europa (mille morti fra tedeschi, inglesi, francesi, svedesi, norvegesi e italiani); decine le vittime di nazionalità USA e del Brasile, con decine di vittime; 200 vittime di Israele.