Per la seconda volta in poco più di un secolo, il mondo passerà le vacanze invernali mentre affronta una pandemia. Quest’anno, con il Covid-19 che corre nel Paese, le classiche tradizioni americane per il Giorno del Ringraziamento, come viaggi tra stati e riunioni familiari, sono a forte rischio. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno chiesto agli americani di non cenare con nessuno che sia fuori dal proprio nucleo familiare quest’anno.
Ma alla fine del novembre del 1918, dopo che l’influenza spagnola aveva ucciso quasi 300.000 americani in pochi mesi, le prospettive per le vacanze erano molto diverse. I nuovi casi stavano scendendo, la I Guerra Mondiale era finita, i soldati stavano facendo ritorno alle loro famiglie e gli americani erano pronti a festeggiare. “C’è stato sicuramente un messaggio contrastante dopo il giorno dell’Armistizio”, ossia l’11 novembre del 1918, ha dichiarato a Live Science Nancy Tomes, professoressa di storia della Stony Brook University di New York. “C’era una preoccupazione residua sui grandi assembramenti pubblici e alcune città emisero dure allerte prima delle vacanze. Ma c’era anche questa tremenda confluenza di gratitudine sul fatto che la guerra fosse finalmente finita. Il tono dominante al pubblico era: siate grati, festeggiate il fatto che abbiamo superato questa emergenza nazionale, andate in chiesa, pregate”.
Ma mentre gli americani festeggiavano, una nuova ondata di infezioni era in agguato: per alcune comunità, sarebbe stata devastante.
La pandemia di spagnola del 1918 è stata una delle più mortali che il mondo abbia mai visto, infettando circa un terzo della popolazione globale e uccidendo oltre 50 milioni di persone. A differenza della pandemia di Covid-19, la spagnola colpì l’America in 4 distinti picchi, con le nuove infezioni che diminuivano sensibilmente tra un’ondata e l’altra. La prima ondata colpì nel marzo del 1918 e fu relativamente lieve: i registri dei CDC mostrano che gli USA riportarono circa 75.000 decessi legati alla spagnola nei primi 6 mesi del 1918. La seconda ondata, iniziata a settembre, si è rivelata più letale. Tra settembre e dicembre 1918, oltre 290.000 americani morirono per malattie legate alla spagnola. I decessi raggiunsero il picco a ottobre, con circa 195.000 americani uccisi solo in quel mese. In Canada, che tradizionalmente festeggia il Ringraziamento a ottobre, la festività fu rimandata a dicembre.
Tutti gli USA stavano già razionando il cibo e limitando le spese per contribuire allo sforzo bellico, ma molte città decisero di imporre ulteriori restrizioni che oggi suonano molto familiari, come lockdown, mascherine obbligatorie e distanziamento sociale. Le città con le restrizioni più leggere furono le più colpite. Una parata del 28 settembre per promuovere i legami di guerra a Philadephia divenne un evento super diffusore che alla fine produsse oltre 12.000 decessi in un mese.
Mentre i casi crollavano a inizio novembre, l’attenzione del Paese era concentrata sulla sconfitta del virus e sulla vittoria in guerra e le autorità delle città misero fine ai lockdown e alle restrizioni sul distanziamento sociale. Le organizzazioni benefiche organizzarono cene per le migliaia di soldati separati dalle loro famiglie e i cittadini si riunivano per festeggiare la fine della guerra. “Tutti festeggiavano durante questa grande esplosione patriottica e non si vedevano autorità di sanità pubblica dire “state a casa”. Psicologicamente, la gente ha creduto che la pandemia fosse finita. Credo che vedremo molte persone farlo ora”, dice Tomes.
Sembra ovvio che sia seguita una terza ondata di spagnola dopo le riunioni in famiglia e le celebrazioni pubbliche. Decine di migliaia di nuovi casi furono riportati tra il dicembre 1918 e l’aprile 1919, molti dei quali emersero da hotspot metropolitani. Tuttavia, il picco che seguì le vacanze invernali del 1918 non fu letale quanto il picco dell’autunno che l’ha preceduto. La quarta ondata, iniziata nell’inverno 1919, vide diffuse infezioni negli USA, ma non tante quante nell’autunno precedente.
È difficile tracciare paralleli specifici da quella pandemia a quella attuale, dice Tomes, perché tutto, dalla natura del virus stesso, alla guerra mondiale che ha facilitato la sua diffusione, era totalmente diverso rispetto ad oggi. Anche la cultura del tempo, che era costantemente assalita dalla minaccia di malattie mortali come la tubercolosi e la scarlattina, potrebbe aver reso gli americani più disposti ad “accettare che i microbi fossero potenti agenti della natura”, secondo Tomes. Questo rischio quotidiano potrebbe aver reso gli americani più preparati psicologicamente per il bilancio delle vittime di una pandemia 100 anni fa rispetto a quanto lo siamo oggi, ha aggiunto.
Quel che è certo è che i casi aumentarono dopo le vacanze del 1918 e 1919, proprio come si prevede aumentino le infezioni da Covid-19 tra fine 2020 e inizio 2021.