Infertilità maschile: quanto è diffusa e come è percepita

In Italia circa il 18% della popolazione maschile soffre di infertilità ma si tratta di un tema di ancora difficile discussione
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Novembre è il mese dedicato alla prevenzione della salute maschile. Argomento cui la maggior parte degli uomini non dedica la dovuta attenzione, se non all’insorgere di determinate patologie oppure al raggiungimento di una certa età. Al contrario, anche per gli uomini, come per le donne, è importantissimo effettuare visite specialistiche almeno una volta l’anno per prevenire non solo patologie come il tumore alla prostata, purtroppo estremamente diffuso, ma anche per intervenire in caso di infertilità.

In Italia circa il 18% della popolazione maschile soffre di infertilità ma si tratta di un tema di ancora difficile discussione, dal momento che la maggior parte degli uomini tende a sottovalutare il problema e a non effettuare alcun controllo a riguardo. Proprio per capire quanto l’argomento sia conosciuto, IVI ha commissionato all’istituto di ricerca Ixè, un’indagine esplorativa sui punti di vista sulla maternità con un focus sull’infertilità maschile, tema ancora di difficile discussione.

Dallo studio, condotto su un campione di 614 individui tra i venticinque e i quarantaquattro anni d’età, nel periodo compreso tra il 31 agosto e l’11 settembre 2020, è emerso che oltre un quarto degli uomini intervistati non ha idea dell’incidenza dell’infertilità maschile in Italia. È interessante notare che, rispetto all’argomento, le percezioni di uomini e donne si sono rivelate completamente distinte. Infatti, la maggior parte degli uomini ha sottostimato la questione, limitando la diffusione del fenomeno al solo 10% della popolazione maschile, mentre secondo le intervistate il problema riguarda il 20% degli uomini.

Sebbene le cause dell’infertilità maschile non siano sempre precisamente identificabili, la maggior parte degli intervistati, di ambo i sessi, ritiene che possa dipendere da problematiche legate al liquido seminale (80% delle risposte) o da problemi di tipo funzionale dell’apparato genitale (59%). Il 6% degli uomini e il 10% delle donne ha rivelato di non conoscere i possibili strumenti diagnostici, tuttavia entrambi hanno indicato tra i test più noti l’analisi del liquido seminale, seguito dalla visita urologica.

È inoltre emersa una scarsa conoscenza della diffusione dei problemi di sterilità nella coppia. Oltre un quarto degli intervistati non ha saputo indicare l’incidenza del fenomeno e le risposte che hanno dato sono per lo più incerte. Secondo la media delle risposte fornite dagli uomini, l’infertilità colpirebbe il 18% delle coppie, mentre le donne e gli over 40 hanno indicato una diffusione superiore del fenomeno.

“Il punto è che si tratta di una questione culturale, non solo medica. Parlare di infertilità nel nostro Paese, specialmente di infertilità maschile, è ancora un tabù”. Ha affermato Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma. “In particolare, è interessante notare come uomini e donne abbiano risposto diversamente alla medesima domanda ‘nel caso in cui un uomo avesse il sospetto di avere un problema di infertilità, si recherebbero subito e spontaneamente in un centro specializzato o da uno specialista? Il 39% degli uomini ha risposto in modo affermativo, ma solo il 26% delle intervistate crede che il proprio compagno sarebbe disposto a rivolgersi spontaneamente a uno specialista. Soltanto il 9% degli uomini ha ammesso che si rivolgerebbe ad un centro specializzato solo se spinto dalla compagna, a fronte del 20% delle donne che è convinto che il partner non ci andrebbe senza l’insistenza della donna.”

“Fino a quando questi argomenti rimarranno appannaggio degli addetti ai lavori – ha continuato Daniela Galliano – tenderanno ad essere interpretati ancora come questioni personali, in grado di minare le certezze dell’individuo sulla propria virilità o identità maschile.” “Infatti, – ha concluso la dottoressa – anche gli uomini non sono immuni da ricadute di carattere psicologico quando si parla di infertilità e questo accade perché c’è ancora scarsa informazione a riguardo. La confusione genera paure e insicurezze, per esorcizzarle bisogna affrontare questo tipo di problemi per quello che realmente sono: patologie che, seppur non sempre curabili, non impediscono più all’individuo di sperare in una futura paternità.”

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