Mamma positiva e neonata da subito insieme, in sicurezza: rooming-in COVID per la prima volta al Gemelli

E' la prima volta in assoluto al Gemelli, e la prima volta in un ospedale di Roma, che a una mamma positiva viene offerta la possibilità di stare in stanza con la sua neonata, subito dopo la nascita
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Venerdì 20 novembre, nella sala parto del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS è nata Elisa.
La bimba, nata a termine da parto spontaneo, viene subito portata in stanza dalla mamma Chiara. Un fatto abituale al Gemelli, dove da almeno un decennio si effettua il rooming-in (‘stare insieme in una stanza’), pratica che supera il concetto tradizionale del ‘nido’ perché consente alla mamma e al bambino di stare insieme da subito, giorno e notte.
Nel caso di Elisa, il rooming-in ha un che di eccezionale: la mamma ha contratto l’infezione da SARS CoV-2 nell’ultimo periodo della gravidanza, e per la prima volta in assoluto al Gemelli, e la prima volta in un ospedale di Roma, a una mamma ‘positiva’ viene offerta la possibilità di stare in stanza con la sua neonata, subito dopo la nascita.
Fino ad oggi – spiega il professor Giovanni Vento, direttore UOC di Neonatologia presso la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS e Associato di Neonatologia all’Università Cattolica, campus di Roma – per la situazione logistica ed epidemiologica dell’ospedale e per la mancanza di evidenze scientifiche certe (nessuno conosceva il comportamento e le conseguenze di questo nuovo virus all’inizio della pandemia), il neonato veniva temporaneamente separato da una madre positiva, fino alla dimissione, in attesa dell’esecuzione dei tamponi. Grazie invece allo straordinario lavoro di un gruppo multidisciplinare costituito da ostetrici, ostetriche e anestesisti, neonatologi e pediatri, infettivologi e Direzione Sanitaria – prosegue il professor Vento – abbiamo costruito un percorso dedicato, che consente alle mamme positive di stare da subito insieme ai loro neonati, sempre garantendo però la massima sicurezza ai piccoli, posti in incubatrice o in un lettino coperto e collegati alla telemetria per il monitoraggio della saturazione arteriosa di ossigeno, della frequenza cardiaca e della frequenza respiratoria”.
Questa esperienza del rooming-in COVID – riflette il professor Antonio Lanzone, Direttore UOC Ostetricia e Patologia Ostetrica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, ordinario di Ostetricia e ginecologia, Università Cattolica, campus di Roma – sana una situazione umanamente difficile per le gestanti, poi puerpere, che passano molto tempo in solitudine; un disagio che viene accentuato dal distacco traumatico del figlio dal loro corpo e dal loro essere, che può avere anche conseguenze psicologiche a medio termine. Ma adesso, grazie ad uno sforzo organizzativo veramente importante e ad un ripensamento delle tecnologie e degli spazi, siamo potuti arrivare a fornire un vero rooming-in in tutto e per tutto simile a quello che pratichiamo per le mamme non COVID. E questo ci riempie di soddisfazione”.
“Per la prima volta, all’interno del nostro Centro, abbiamo realizzato il rooming-in COVID mamma-neonato – prosegue il professor Vento – grazie all’organizzazione messa in campo sia durante la degenza in ospedale (madre-neonato insieme con monitoraggio e telemetria di tutti i parametri vitali e telecamera), che con la successiva presa in carico dopo la dimissione, attraverso controlli ambulatoriali, esecuzione dei tamponi e contatti telefonici e/o videochiamata. Organizzazione che vede il coinvolgimento di varie figure professionali (ostetrici, neonatologi, pediatri), in un meraviglioso gioco di squadra, portato avanti grazie alla grande disponibilità, competenza e amore da parte di tutti”.

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