In tutta Europa le vendite dei veicoli elettrici ibridi plug-in (PHEV) sono aumentate vertiginosamente, ma secondo test effettuati su alcuni modelli più recenti, inquinano molto più di quanto dichiarato dalle case automobilistiche, anche quando avviati con la batteria carica. I tre plug-in più diffusi nel 2020, testati fuori dai laboratori, hanno tutti emesso più CO2 di quanto pubblicizzato, proprio come dimostrato dagli studi sui PHEV precedenti. Per Transport & Environment (T&E), che ha commissionato i test, i governi dovrebbero porre fine ai sussidi e alle agevolazioni fiscali per gli ibridi plug-in, protagonisti di un altro scandalo delle emissioni climalteranti.
Nei test di Emissions Analytics, la BMW X5 (PHEV con la gamma EV più lunga disponibile), la Volvo XC60 e la Mitsubishi Outlander hanno emesso tra il 28-89% in più di CO2 rispetto a quanto pubblicizzato, con batteria completamente carica e in condizioni ottimali. Con la batteria scarica, invece, hanno emesso dalle tre alle otto volte in più rispetto ai valori ufficiali. Se guidati con la batteria in ricarica, cosa che potrebbe diventare comune tra gli automobilisti, che la ricaricano prima di utilizzare la modalità elettrica nelle zone a basse emissioni, i veicoli PHEV emettono da tre a 12 volte di più.
Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di T&E, commenta: “I test effettuati confermano che le auto ibride plug-in sono solo finte auto elettriche che fanno molto poco per il clima, ricevendo al contempo un’enorme quantità di sussidi. La Finanziaria 2021 dovrebbe mettere fine a questo spreco di soldi pubblici, che sarebbero molto meglio utilizzati se investiti nello sviluppo di una capillare ed efficiente rete di ricarica per veicoli elettrici puri. Questo è ciò di cui l’Italia ha bisogno ora per permettere alle soluzioni realmente a zero emissioni di accedere al mercato di massa ”.
Secondo i dati di T&E, quando la batteria si scarica, i veicoli testati possono percorrere solo per 11-23 km in modalità motore prima di superare le emissioni ufficiali di CO2/km. Ciò contraddice la narrativa fuorviante delle case automobilistiche, secondo cui i PHEV in vendita oggi sono adatti per i lunghi viaggi. Anzi, di fatto devono essere ricaricati molto più frequentemente rispetto alle auto elettriche a batteria, che percorrono circa 300 km con una singola ricarica.
Mentre le case automobilistiche incolpano i clienti di un eccessivo utilizzo eccessivo del motore, i modelli PHEV in vendita oggi spesso non dispongono della potenza elettrica, dell’autonomia o della velocità di ricarica necessaria. Ad esempio, due delle tre auto testate, la BMW X5 e la Volvo XC60, con si ricaricano rapidamente e, stando al manuale dell’Outlander, il motore potrebbe avviarsi se il sistema PHEV è troppo caldo o troppo freddo, in caso di rapida accelerazione o se l’aria condizionata in funzione.
La vendita degli ibridi plug-in rende più facile per le case automobilistiche soddisfare gli standard di CO2 dell’UE, visto che, attualmente, ai PHEV vengono attribuiti crediti aggiuntivi. Secondo T&E, l’anno prossimo l’UE, nel rivedere gli obiettivi per il 2025 e il 2030, dovrebbe mettere fine a questo indebolimento dei meccanismi di regolamentazione.
Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club aggiunge: “Mentre si è appena formato il raggruppamento Zero Emission Transportation Association (ZETA), 28 società che spingono perché negli Usa dal 2030 si vendano solo auto elettriche, e mentre gli UK hanno bloccato la commercializzazione di nuove auto a benzina e diesel dopo il 2030, occorre che la transizione europea verso l’elettrico acceleri. Non si dovrebbero quindi favorire modelli ibridi plug-in che, come confermano le misurazioni di T&E, comportano emissioni di CO2 molto maggiori di quanto dichiarato dalle case automobilistiche testate.”