E’ passato circa un anno e mezzo ormai, da quando Sinisa Mihajlovic ha scoperto di avere la leucemia. Un anno e mezzo di dolore, fatica, coraggio e forza immensa, che l’allenatore serbo ha deciso di raccontare in una autobiografia “La partita della vita” e anche al Corriere della Sera.
“Ammalarsi non e’ una colpa. Succede, e basta. Ti cade il mondo addosso. Cerchi di reagire. Ognuno lo fa a suo modo. La verita’ e’ che non sono un eroe, e neppure Superman. Sono uno che quando parlava cosi’, si faceva coraggio. Perche’ aveva paura, e piangeva, e si chiedeva perche’, e implorava aiuto a Dio, come tutti. Pensavo solo a darmi forza nell’unico modo che conosco. Combatti, non mollare mai. E chi non ce la fa? Non e’ certo un perdente. Non e’ una sconfitta, e’ una maledetta malattia“, ha raccontato.
“Sono un uomo controverso e divisivo, si dice cosi’? E ci ho messo anche io del mio. Facevo il macho, dicevo cose che potevo tenere per me. Ma se faccio una cazzata, e ne ho fatte tante, mi prendo le mie responsabilita'”, ha aggiunto Mihajlovic, che comunque è ancora considerato da molti un Supereroe, visto anche il suo ritorno in panchina a meno di due mesi dall’annuncio della malattia: “Rischiavo di cadere per terra davanti a tutti e un paio di volte stavo per farlo ma volevo dare un messaggio. Non ci si deve vergognare della malattia. Bisogna mostrarsi per quel che si e’. Volevo dire a tutte le persone nel mio stato, ai malati che ho conosciuto in ospedale di non abbattersi, di provare a vivere una vita normale, fossero anche i nostri ultimi momenti. L’affetto e gli applausi “mi hanno aiutato molto, ora basta. Non vedo l’ora di tornare a essere uno zingaro di m…“.
“Mi godo ogni momento. Prima non lo facevo, davo tutto per scontato. Conta la salute, contano gli affetti. Nient’altro. La malattia mi ha reso un uomo migliore“, ha concluso.