Un anno fa aveva inizio la seconda pandemia del secolo: il primo dicembre nella città cinese di Wuhan un uomo mostrava i sintomi di quella che allora era una polmonite misteriosa e senza nome, l’origine della pandemia di Coronavirus, che finora nel Mondo ha fatto registrare oltre 63 milioni di casi e quasi un milione e mezzo di vittime.
La data del primo dicembre, riferita alla comparsa dei sintomi, è stata individuata il 24 gennaio 2020 in uno studio retrospettivo pubblicato da “Lancet”.
Secondo quanto riportato dalla CNN, che cita un “whistleblower” (una fonte interna al sistema sanitario cinese), la Cina non avrebbe diffuso, almeno nelle prime fasi dell’emergenza, i dati reali sull’epidemia di Coronavirus (inizialmente manifestato nella megalopoli di Wuhan) e avrebbe gestito male le prime fasi di quella che sarebbe poi diventata una pandemia.
La CNN ha specificato di basarsi su informazioni contenute in documenti interni di cui è venuta in possesso grazie al whistleblower, e ha precisato di aver verificato con sei esperti indipendenti, aggiungendo di non aver ricevuto risposte dal Ministero degli Esteri di Pechino, dalla Commissione sanitaria nazionale e dalla Commissione sanitaria di Hubei, di cui Wuhan è capoluogo.
La CNN cita un “rapporto contrassegnato come ‘documento interno da mantenere riservato’ in cui le autorità sanitarie della provincia di Hubei segnalano il 10 febbraio un totale di 5.918 nuovi contagi” (di cui 2.345 “casi confermati” e gli altri tra “diagnosticati clinicamente” e “sospetti”), più del doppio – sottolinea l’inchiesta “The Wuhan files”- dei dati ufficiali sui casi confermati. Era il giorno in cui da Pechino il presidente Xi Jinping parlava di situazione “molto grave” e il giorno in cui le autorità sanitarie del Paese riportavano 2.478 nuovi casi confermati in totale.
I dati, ha sottolineato la CNN, fanno parte di una serie di “rivelazioni” contenute nelle 117 pagine di documenti trapelati dal Centro provinciale di Hubei per il controllo e la prevenzione delle malattie che aprono una ‘finestra’ su quanto avvenuto tra ottobre 2019 e lo scorso aprile. I documenti, ha affermato la CNN, non sono prove di un “deliberato tentativo di offuscare quanto scoperto, ma rivelano varie incongruenze tra ciò che le autorità credevano stesse accadendo e ciò che è stato rivelato all’opinione pubblica“. Le “discrepanze più nette” emergerebbero dai bilanci delle vittime riportati nei documenti: il 7 marzo il bollettino da Hubei parlava di un totale di 2.986 decessi, mentre nel “rapporto interno” vengono “segnalati 3.456 morti, di cui 2.675 decessi confermati, 647 ‘diagnosticati clinicamente’ e 126 ‘sospetti’“.
I documenti riporterebbero anche un’altra emergenza sanitaria esplosa lo scorso dicembre: la provincia di Hubei avrebbe fatto i conti con un’epidemia di influenza con un numero di casi 20 volte superiore rispetto all’anno precedente, un’epidemia diffusa non solo a Wuhan ma soprattutto nelle vicine città di Yichang e Xianning. Restano poco chiari, ha rilevato la CNN, l’impatto o le relazioni con l’epidemia di Covid-19.