“Fa riflettere e vale un approfondimento la recente notizia emersa nell’ordinanza pronunciata dalla Corte di Cassazione, numero 22859/2020, su un caso di malasanità secondo cui ‘per la morte di un figlio, se è ancora un feto, il risarcimento del danno viene dimezzato. In caso di figlio nato morto mancherebbe un rapporto fisico e psichico oggettivo tra lo stesso e i genitori (o anche i nonni, e gli eventuali fratellini). Ininfluente quindi il fatto che la madre porti in grembo per ben 9 mesi una creatura o che la gravidanza sia stata cercata’”: è il commento dell’avvocato Andrea Marzorati, Main Partner dell’omonimo Studio Legale di Milano.
I casi di mortalità neonatali, si spiega in una nota, “sono eventi ancora troppo frequenti. Secondo le stime delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), i dati dei decessi sono preoccupanti: in tutto il mondo, 1 bambino nasce morto ogni 16 secondi, che diventano 2 milioni in un solo anno, uno scenario terribile e ancora troppo “trascurato”, e fa pensare su quanto ci sia ancora da fare nel mondo per migliorare il sistema sanitario.
Quando si parla di un ‘bambino nato morto’ ci si riferisce alla morte di un feto vitale durante la gravidanza o durante il travaglio (morte per parto). Il rapporto conta i decessi avvenuti dopo almeno 28 settimane di gestazione (ossia nel terzo trimestre di gravidanza). Negli ultimi 20 anni questi decessi sono diminuiti del 2,3% all’anno, e la mortalità neonatale (dei bambini di età inferiore a un mese) è diminuita del 2,9% all’anno mentre quella dei bambini da 1 mese a 5 anni è pari al 4,3%. Per quanto questi dati possano sembrare incoraggianti rispetto al passato, non lo sono le conseguenze medico legali che vanno a coinvolgere direttamente la struttura ospedaliera pubblica e privata”.
“Tornando all’ordinanza, si evince che dal punto di vista della quantificazione del risarcimento cui si ha diritto nel caso in cui la morte sia derivata da responsabilità medica, esiste un importante divario economico tra morte di un feto e di un figlio. Tuttavia qualsiasi somma non potrà evidentemente mai ‘riparare’ la perdita di un figlio.
La prima cosa che si desidera capire è in primis se la causa del decesso sia dovuta a fatalità o ad errore dell’Ospedale o della Clinica, e se il danno era prevedibile ed evitabile. C’è una intima voglia di giustizia affinché quello che è capitato a loro non capiti ad altre donne,” continua Marzorati. “Posso confermare che la più parte delle donne tende a sviluppare problemi di salute mentale che possono cristallizzarsi nel tempo, un vero e proprio danno biologico permanente di natura psichica”.
“La morte prematura del feto si verifica in uno stadio più avanzato della gravidanza: una su due avviene durante il parto, evenienza che in molti casi si potrebbe evitare. Circa il 98% delle morti alla nascita avviene in paesi a basso o medio reddito. La garanzia di cure di qualità più elevata durante la gravidanza e il parto potrebbe evitare più di mezzo milione di nati morti in tutto il mondo. Anche nei paesi ad alto reddito, cure sanitarie di scarso livello possono incidere significativamente su questo fenomeno. Esistono procedure per ridurre il numero di decessi durante la gravidanza, con l’adozione, e soprattutto l’effettiva attuazione, di Linee guida molto dettagliate, tuttavia utile risulta anche l’accesso a cure prenatali e la continuità assistenziale da parte di un’ostetrica professionista. In molte aree del mondo le donne vedono il primo operatore sanitario solo quando sono già in stadio avanzato di gravidanza,” conclude l’avvocato Andrea Marzorati.