La morte di Maradona fa ancora discutere: il decesso del Pibe de Oro è avvolto nel mistero. Tanti sono gli aspetti che non tornano, tantissimi i dubbi e altrettante le accuse. L’ex calciatore argentino si trovava nella sua casa di Tigre, in Argentina, dove stava trascorrendo la convalescenza a seguito dell’intervento al cervello a cui si era sottoposto ad inizio mese.
Nelle ultime ore, a distanza di quasi due settimane dalla scomparsa di Maradona, spunta un clamoroso documento, col quale la Clinica Olivos, dove è stato operato l’ex calciatore, svela che non erano state autorizzate le dimissioni.
Il clamoroso documento della Clinica Olivos
Il documento, reso pubblico da La Nacion, certifica come la Clinica Olivos non aveva autorizzato le dimissioni di Maradona, ma consigliava la riabilitazione in un centro specializzato, non in una casa privata. Sul documento compaiono le firme del medico di Maradona, Leopoldo Luque, indagato, e delle figlie Gianinna e Jana. Nonostante le firme, però, Maradona è stato trasferito nella casa di Tigre dove poi è morto e non in un centro specializzato, come consigliato dalla Clinica.
Continuano le indagini
Si continua dunque ad indagare, col dottor Luque e la psichiatra Agustina Cosachov unici indagati al momento per la morte di Maradona. “Nessuno aveva il controllo del paziente ogni nuovo elemento che viene acquisito nell’indagine rafforza l’ipotesi provvisoria che ci sia stata una gestione lacunosa nel trattamento che ha ricevuto Maradona. Siamo davanti alla possibilità che sia stato commesso un reato. È possibile dire che potremmo trovarci davanti ad un omicidio colposo. Non c’era nessun sistema di controllo del paziente, abbiamo accertato che un medico è andato un paio di volte a vedere Maradona, ma non sappiamo cosa abbia fatto. Non è accertata la presenza di un cardiologo nella casa, di uno specialista che si occupasse delle patologie cardiache”, queste le parole di una fonte investigativa a La Nacion.
I due indagati si presenteranno in tribunale nei prossimi giorni per l’inizio del processo. Cosa rischiano? L’accusa è quella di omicidio colposo e rischiano, come prevede il codice penale all’art. 84 per chi “nell’esercizio della propria professione causi la morte di qualcuno per imprudenza, negligenza o imperizia”, da 1 a 5 anni di reclusione.