Sars-Cov-2, scoperta una variante italiana simile a quella inglese: ha causato il picco di casi di novembre

La variante italiana del coronavirus che circola da agosto ed è stata la causa del picco di casi di novembre
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“E’ stata isolata nei laboratori di Brescia una variante del virus Sars-CoV-2 simile a quella inglese, ma tempo prima rispetto a quanto scoperto in Inghilterra”. Lo spiega all’ANSA il professor Arnaldo Caruso, presidente della Societa’ italiana di virologia, ordinario di Microbiologia all’Universita’ degli Studi di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia degli Spedali Civili. “La variante del virus e’ stata isolata ad agosto su un paziente asintomatico, che non era ricoverato al Civile di Brescia, che era alle prese da mesi con il covid. La situazione ci ha incuriosito e ora possiamo dire che in Italia potrebbe circolare una variante del virus simile a quella inglese. Ma che per tempi puo’ essere considerato un virus antenato di quello inglese”. Il professor Caruso poi aggiunge: “Questa variante ha punti di mutazione nella proteina Spike, in posizione 501″. Il virologo infine annuncia. “Stiamo lavorando per capire se il vaccino sia in grado di neutralizzare anche questa variazione del virus. Personalmente credo di si’, ma dobbiamo ancora verificarlo”.

Sulla varianza inglese c’è stato tanto rumore esagerato, ma come abbiamo visto ogni Paese ha isolato delle varianti che sono poi compatibili con quello che accade ai virus che mutano. Quella isolata a Brescia potrebbe in parte giustificare e far capire perché noi abbiamo avuto a ottobre e novembre, soprattutto in Lombardia, così tanti casi con una diffusione molto facile del virus in aree particolari”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e componente dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria, commentando la scoperta a Brescia della variante italiana del coronavirus che circola da agosto.

Secondo Arnaldo Caruso la variante individuata “ha diversi punti di mutazione nella proteina Spike, l”uncino’ che il virus usa per attaccare il recettore presente sulle cellule bersaglio nel nostro organismo. Come quella inglese, anche la variante italiana ha una mutazione in un punto nevralgico dell’interazione Spike/recettore cellulare, più precisamente in posizione 501″. Ma a differenza del mutante Gb, “la variante italiana ha anche una seconda mutazione in posizione 493, che rende la sua proteina Spike leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo“.

Alla scoperta si è arrivati “casualmente – racconta Caruso – osservando una persistenza virale anomala in un paziente che aveva sofferto di Covid-19 in aprile. Anche dopo la guarigione, i tamponi effettuati da agosto in poi avevano sempre dato esito positivo con virus ad alta carica. A novembre ci siamo decisi a sequenziare il virus per capire il perché di questa persistenza, e con nostra sorpresa ci siamo resi conto di avere identificato una nuova variante, simile ma non identica alla variante inglese che iniziava a circolare anche in Italia. A questo punto abbiamo sequenziato anche un campione dello stesso paziente ottenuto ad agosto“, scoprendo che “la Spike variata era già presente allora, con tutte le sue mutazioni”. “Non sappiamo se la variante inglese è emersa esattamente a fine settembre, così come la nostra ai primi di agosto – precisa il virologo –. Un’analisi temporale delle sequenze di Sars-CoV-2, effettuata dal gruppo di Massimo Ciccozzi”, epidemiologo dell’università Campus BioMedico di Roma, “ci dice che questa nuova variante italiana potrebbe essersi generata intorno ai primi di luglio. Quel che possiamo affermare dagli studi del collega Ciccozzi è che la nostra è di certo la prima evidenza di mutazioni nella proteina Spike a livello della posizione 501 in Italia e forse, almeno ad oggi, in Europa. L’omologia di sequenza tra la variante da noi identificata e quella inglese porta a pensare che la prima possa avere di fatto generato le altre che oggi stanno emergendo nel nostro continente. Ma per affermare questo è necessario ricostruirne i passaggi, e servono tante analisi del genoma virale ancora non disponibili”.

Ma c’è timore che il vaccino anti-Covid possa non funzionare sulla variante italiana ? “Teoricamente no – risponde Caruso – Il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike. Anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina. Il loro legame sarebbe sufficiente a impedire l’interazione tra Spike e recettore cellulare, anche solo per una sorta di ‘ingombro sterico’ che gli anticorpi creerebbero sulla superficie del virus. In poco tempo avremo comunque una risposta certa a questa domanda”. “L’alta carica virale presente nei tamponi di agosto e novembre” eseguiti sul paziente che non si negativizzava “ci ha permesso di isolare a Brescia i mutanti virali. Questo – sostiene Caruso – ci permetterà di cimentare questi virus con i sieri di pazienti Covid-19 ottenuti durante la prima ondata pandemica, e di valutare la capacità degli anticorpi di neutralizzare questa variante rispetto ai ceppi virali circolanti in precedenza. Appena disponibili, verranno valutati in modo analogo anche sieri di pazienti vaccinati. Io resto al momento ottimista“, conclude il presidente dei virologi italiani.

Pregliasco: “Sarà cruciale studiare la variante italiana anche per il vaccino”

E’ interessante questo studio italiano che suggerisce che, chissà, la variante inglese” del coronavirus Sars-CoV-2 “magari non è neanche nata in Inghilterra, ma in Gb sono solo riusciti a individuarla per primi. Studiare le varianti è importante e questi studi di notevole valore per la capacità tecnica dei colleghi mostrano che bisogna andare in questa direzione velocemente per verificare anche l’efficacia del vaccino. In parallelo questi approfondimenti, queste indagini di secondo livello sono assolutamente necessarie“. Il virologo dell’università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco, commenta così all’Adnkronos Salute la scoperta a Brescia della variante di Sars-CoV-2.

“Sappiamo che i virus a Rna come il coronavirus Sars-CoV-2 si modificano – osserva Pregliasco – Anche il virus influenzale ha una simile costituzione. Rovescia l’incapacità di replicarsi uguale a se stesso facendo in modo di porre nell’ambiente varianti che consentano il prevalere di elementi vantaggiosi” per se stesso. Da quando è apparso Sars-CoV-2 “sappiamo che di mutazioni ce ne sono state tante, più di 12mila fra piccole variazioni e altre più significative”. Ed è “importante monitorare questo aspetto”, evidenzia lo specialista, anche per il vaccino. Caruso si è definito ragionevolmente ottimista sul fatto che l’iniezione scudo dovrebbe essere in grado di contrastare anche la variante. “Questo è positivo ed è un aspetto che va approfondito, sarebbe la conferma che gli anticorpi, essendo rivolti verso più parti” della proteina Spike del virus, “danno una protezione anche se qualcuno non trova il suo bersaglio. Questi virus sono instabili di per sé, non ci stupisce – conclude Pregliasco – E’ cruciale però continuare a condurre indagini di questo tipo“.

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