Microbiota intestinale umano creato per la prima volta in 3D

Creato per la prima volta un modello 3D di microbiota intestinale umano. Il modello permetterà di comprendere gli effetti di farmaci e alimenti e di personalizzare terapie e dieta
MeteoWeb

Un gruppo di scienziati ha per la prima volta creato in laboratorio un modello 3D in vitro di microbiota intestinale umano. Il modello permetterà in futuro di comprendere gli effetti di farmaci e alimenti sui singoli individui e di personalizzare terapie e dieta. La ricerca illustrata con un articolo sulla rivista Scientific Reports è stata condotta da Giovanni Vozzi ed Emilia Ghelardi dell’Università di Pisa e da Monica Mattioli Belmonte dell’Università Politecnica delle Marche. “Attualmente non esistono altri dispositivi capaci di riprodurre con tale fedeltà topologica, meccanica e biochimica la generazione e l’evoluzione del microbiota intestinale umano – spiega il bioingegnere Giovanni Vozzi – il modello è costituito da strutture polimeriche naturali nanofabbricate sulle quali abbiamo innestato le colture di microbiota intestinale, questo ci ha permesso di replicare in modo fedele lo strato di biofilm batterico presente nell’intestino umano così da valutare l’effetto di farmaci, probiotici, prebiotici e degli alimenti sulla composizione e biodiversità delle popolazioni microbiche residenti”.

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Gruppo di ricerca Biofabrication, partendo da sinistra Giovanni Vozzi, Francesca Montemurro, Francesco Biagini, Auora De Acutis, Gabriele Maria Fortunato, Anna Lapomarda, Carmelo De Maria (foto di archivio scattata prima dell’emergenza Covid-19)

Nell’ambito della ricerca, il gruppo di Giovanni Vozzi, ha realizzato la struttura, in termini tecnici lo “scaffold” polimerico naturale elettrofilato, su cui è stato impiantato il biofilm batterico. Il gruppo di Emilia Ghelardi, si è occupato invece della semina e della crescita del microbiota intestinale sul supporto polimerico e della sua caratterizzazione mediante studi di metagenomica e real-time PCR quantitativa. Giovanni Vozzi è professore al dipartimento di Ingegneria dell’Informazione e al Centro di Ricerca “E. Piaggio”, insieme a lui hanno collaborato alla ricerca Carmelo De Maria, Francesca Montemurro, Francesco Biagini, Anna Lapomarda, Aurora De Acutis e Chiara Magliaro. Emilia Ghelardi è professoressa al dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia e il suo team comprende Marco Calvigioni, Alessandra Vecchione, Francesco Celandroni e Diletta Mazzantini. I due gruppi dell’ateneo pisano collaborano da tempo allo sviluppo di piattaforme bioingegneristiche utili in medicina. Su questo argomento si sono già aggiudicati un progetto MIT-UNIPI che riguardava lo studio dell’influenza del microbiota intestinale sulla pielonefrite, una malattia infiammatoria del rene.

Abbiamo dato l’avvio a questo filone di ricerca – conclude Emilia Ghelardi – perché siamo convinti che l’insorgere, l’acutizzarsi o il cronicizzarsi di alcune patologie siano mediati dal microbiota e che quest’ultimo abbia un ruolo predominante nel determinare l’efficacia della terapia farmacologica. Capire bene come ciò che ingeriamo alteri il metabolismo e la funzionalità degli organi permetterà in futuro di cambiare la visione sul modo di curare una patologia, affiancando ad ogni terapia una giusta dieta e personalizzando il tutto”.

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