SARS-CoV-2, Silvestri: “Amarezza che gli italiani non abbiano i monoclonali, ad ottobre avevo ottenuto la disponibilità immediata per 10 mila dosi”

Già ad ottobre, l'Italia avrebbe potuto avere almeno 10 mila dosi di anticorpi monoclonali ma la cosa non è andata in porto "per motivi che rimangono oscuri", sostiene Silvestri
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Nel giorno in cui l’Aifa ha posticipato di due settimane il termine per partecipare allo studio sugli anticorpi monoclonali contro SARS-CoV-2 (il nuovo termine del bando e’ ora il 15 febbraio), arrivano le parole di Guido Silvestri, professore di patologia generale alla Emory University di Atlanta, sul ritardo dell’Italia su questa terapia promettente contro la pandemia, che sembra funzionare soprattutto sui pazienti allo stadio iniziale della malattia ed eviterebbe le complicazioni gravi.

“Il mio dispiacere e’ che grazie a un mio contatto personale con il Chief scientific officer dell’Eli Lilly ero riuscito ad ottenere in ottobre che la casa farmaceutica mettesse a disposizione dell’Italia 10 mila dosi di anticorpi monoclonali 555 per un trial clinico pragmatico. Che potevano arrivare anche a 20-30 mila dosi. Ma dopo un incontro online del 29 ottobre tra Aifa, l’azienda, l’Iss e rappresentanti del Cts e del Ministero della Salute questa cosa non e’ successa. Per motivi che rimangono oscuri”, ha detto all’ANSA Silvestri, esprimendo tutta la sua amarezza per non essere riuscito a portare in Italia gia’ in novembre gli anticorpi monoclonali della Eli Lilly.

coronavirus ricerca anticorpiMi sono messo in azione non appena ho visto il risultato che gli anticorpi monoclonali avevano avuto su Donald Trump. L’ex presidente stava scompensando, aveva la febbre alta ed era molto a rischio per eta’ e sovrappeso. Dopo due ore dalla flebo si era gia’ ripreso. Allora, con il pensiero rivolto al mio Paese, ho preso il telefono e ho chiamato un mio ex allievo, diventato Chief scientific officer della Eli Lilli, che a sua volta mi ha messo in contatto con il vice presidente dell’azienda farmaceutica Ajy Nirula, responsabile per lo sviluppo degli anticorpi”. “Ha subito accettato la mia proposta era disponibile ad avviare un discorso scientifico con l’Italia, una partnership. L’obiettivo non era certo il guadagno – ha proseguito – ma in quella riunione del 29 ottobre via Zoom con l’Aifa si e’ subito capito che c’era qualcosa che non andava. La cosa non e’ arrivata in porto. E gli anticorpi per gli italiani non sono arrivati, nonostante si producano anche a Latina, nel Lazio. E Nirula era disposto a renderli disponibili per gli italiani in poche ore”.

Lo scorso 22 dicembre il direttore generale dell’Aifa Nicola Magrini, in conferenza stampa, aveva gia’ risposto sottolineando che l’agenzia sugli anticorpi monoclonali “e’ sempre stata aperta” e che non rispondeva a verita’ “che ne avrebbe rifiutato l’accesso in Italia”. “Credo che la bussola debba essere la stessa per tutti: dare al piu’ presto questi farmaci agli italiani perche’ salvano vite – ha aggiunto Silvestri – se li usiamo e’ perche’ ci sono dati scientifici positivi: riducono la mortalita’ del 70% se usati all’inizio della malattia, prima che diventi severa. E non tralascio il principio di responsabilita’, perche’ e’ importante che chi fa scelte sbagliate se ne assuma il peso“.

L’utilizzo degli anticorpi monoclonali e’ gia’ in atto da mesi negli Stati Uniti, in Israele, e da questa settimana anche in Germania e Ungheria. Ora bisognera’ fare i conti con l’enorme richiesta e i tempi della produzione. L’azienda farmaceutica Eli Lilly proprio oggi ha avvertito: “La domanda crescente a livello globale impone un appropriato processo di pianificazione delle richieste dei vari Paesi per rendere il farmaco disponibile ai pazienti“.

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