Vaccini anti Covid, Bassetti: “Non realizzeremo mai il piano previsto. Bisogna mettere in sicurezza anziani e persone fragili”

"La situazione vaccinale in Italia è ancora alla primissima fase, quella più facile", ma secondo Matteo Bassetti è necessario pensare alla fase 2
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Mi sembra che siamo ben lontani dalla realizzazione del piano che era stato annunciato qualche settimana fa. Io sono quasi certo che non arriveremo a vaccinare 40 milioni di persone per l’autunno. L’obiettivo iniziale, che già 3 mesi fa avevo definito utopico, mi pare si stia rivelando ultra utopico. Bisogna pensare a un piano B: mettere in sicurezza solo le persone anziane e quelle fragili entro l’estate. Ma chiaramente, in questo modo, non si parlerà più del 70-80% di copertura vaccinale, ma di una copertura totale, cioè 100% di copertura vaccinale“. E’ quanto dichiarato da Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e componente dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria, in un’intervista a ‘Il Giornale d’Italia’. “La situazione vaccinale in Italia – spiega – è ancora alla primissima fase, quella più facile. La fase in cui i vaccini vengono fatti agli operatori sanitari, agli ospiti delle Rsa ed evidentemente nell’ambiente migliore, cioè negli ospedali con i medici che fanno le vaccinazioni. Posso quindi dire che ne stiamo facendo tante e in questa prima fase stiamo funzionando bene”. In questa prima fase “non avevo dubbi sul fatto che sarebbe andato tutto bene, nel senso che l’ospedale – precisa l’infettivologo – è il luogo perfetto: ci sono i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, i frigoriferi e un’organizzazione già prestabilita. L’ospedale è dunque una palestra perfetta”.

Ma per Bassetti non basta. “Bisogna pensare alla fase 2, che è quella in cui si andranno a vaccinare tutte le persone fuori dagli ospedali e soprattutto gli anziani”. E “in questa fase sarà sostanzialmente più complicato raggiungere le persone da vaccinare e mantenere determinati ritmi con la stessa organizzazione. Mi riferisco al fatto che è evidente che non possiamo portare le persone anziane negli ospedali e sarà necessario trovare il modo di vaccinare le persone a casa loro. Su questa seconda fase sono un po’ scettico, anche alla luce della notizia arrivata ieri che il 30% dei vaccini Pfizer non arriverà probabilmente per un problema di produzione”.

Bisogna cercare di capire immediatamente, cosa che non ho ancora visto nel piano, ma magari mi è sfuggito – prosegue l’esperto – cosa si pensa di fare con tutti i soggetti fragili. Sto parlando degli immunodepressi, delle persone obese, degli Hiv-positivi, persone con malattie renali, respiratorie e cardiache. Tutte queste persone, che hanno già pagato un prezzo molto alto durante la pandemia, andrebbero messe in sicurezza. Tutto questo va considerato in un’ottica di un piano vaccinale partito tardi e in maniera disordinata”.

“Per quanto riguarda le nuove varianti Covid, al momento, circolano perché sono state studiate in maniera approfondita e da noi, tralasciando qualche laboratorio di grande livello, la maggior parte dei laboratori non fa determinazioni di queste sequenze. Noi in un certo senso preferiamo non sapere: io non sono così certo del fatto che in Italia non abbiamo queste varianti. Per poter dire che non le abbiamo bisogna studiare in maniera approfondita e non mi pare che si stia facendo, cioè alcuni laboratori lo fanno molto, bene ma non tutti i laboratori di biologia molecolare fanno le sequenze, sono esami di secondo e terzo livello”, spiega ancora Bassetti. “Io, al momento – sottolinea – rispetto alle nuove varianti di Covid-19 sarei tranquillo perché il vaccino sembra funzionare anche su quelle, non dovrebbero esserci grandi problemi. E’ chiaro che, se dovessero emergere nuove varianti su cui il vaccino non dovesse funzionare, la ricerca farà in modo di modificare il vaccino e renderlo efficace anche su queste. I virus mutano e mi stupisco che ci sia ancora qualcuno nel mondo scientifico che si stupisca, la fisiologia del virus è quella di mutare e di adattarsi quindi continueranno inevitabilmente a cambiare. Ci auguriamo tuttavia che le mutazioni, magari in un futuro, potranno portare il virus ad essere tendenzialmente meno aggressivo”. (

Intorno a Covid-19 si è creato troppo allarmismo? “Inevitabilmente – risponde l’infettivologo – dal momento che la pandemia ha cambiato radicalmente la nostra vita, si è parlato troppo dal punto di vista dei morti. Quando parliamo di Covid, raramente facciamo riferimento ad una malattia che ha il 95% circa dei casi asintomatici, spesso invece parliamo dei 500mila morti”. “Questo ha creato nella popolazione paura, noi lo vediamo nell’ospedale. All’inizio della seconda ondata le persone erano molto impreparate, quando gli si comunicava che il tampone era positivo immediatamente si pensava ad una morte certa. Bisogna spiegare alla gente che questa è una malattia infettiva e che risulta fatale in una piccola percentuale dei casi ma, che nella grande maggioranza dei casi, può essere curata a casa con uno sforzo da parte delle strutture territoriali. Non abbiamo detto una cosa fondamentale: questa malattia nei giovani senza patologie concomitanti raramente dà problemi”.

L’errore è stato non fare nulla per mettere in sicurezza le persone anziane. Mentre abbiamo chiuso i giovani in casa, in didattica a distanza limitando i loro contatti relazionali, le abitudini delle persone anziane non sono cambiate affatto. Questo non vuol dire che la soluzione sia chiudere gli anziani in casa, ma certamente si sarebbe potuto trovare il modo di differenziarne orari e trasporti“, commenta ancora Bassetti. “Ad esempio – precisa – la mattina alle 7.30 è più giusto che il mezzo di trasporto pubblico lo prenda il 40enne che si reca sul posto di lavoro piuttosto che l’85enne. Al supermercato, se vogliamo evitare che ci siano contagi, magari meglio che il sabato mattina ci vanno solo quelli che lavorano e non le persone anziane. Una serie di cose importanti che non si sono mai volute fare, forse anche per una questione politica. Inoltre, si doveva limitare ulteriormente le visite dei nipoti dai nonni. Queste cose andavano fatte in maniera molto più rigorosa”. Per l’esperto “il comportamento delle singole persone, in questa fase, è assolutamente importante e dobbiamo continuare a sottolinearlo. Mi pare che gli italiani si siano comportati mediamente bene con qualche eccezione. Qualcuno, probabilmente, non ha ancora capito che se ci si distanzia e si usa bene la mascherina si può tornare progressivamente ad una situazione di normalità. E’ evidente che più gli atteggiamenti sono lascivi e più tardi torneremo alla normalità dal momento che, evidentemente, se le persone non seguono le regole i casi continueranno ad aumentare e il sistema sanitario a soffrire e conseguentemente le regole saranno sempre più restrittive. I comportamenti individuali sono quelli che influenzano il tutto”.

Poi indubbiamente è necessario che i comportamenti individuali siano supportati da un’organizzazione”, continua l’infettivologo. “Se per andare a lavorare devo salire su un mezzo pubblico affollato, posso indossare tutte le mascherine che voglio, ma alla fine mi contagio e mi infetto ugualmente. Secondo me sicuramente c’è una responsabilità del singolo, ma poi anche una responsabilità di tipo organizzativo. Fondamentalmente noi da un anno conviviamo con il Covid, non mi pare che alcune cose siano cambiate in maniera importante. Vedo spesso fotografie di trasporti pubblici molto affollati e quindi, indubbiamente, c’è un problema di organizzazione”. “Comunque – osserva ancora Bassetti – si tende a pensare sempre che a comportarsi bene debba essere qualcun altro. Basta pensare a quello che è successo qualche giorno fa quando il presidente del Consiglio è uscito dal Quirinale per tornare a Palazzo Chigi. I giornalisti accalcati attorno al presidente, a mio parere, è un assembramento. Si tratta di comportamenti errati che, se esercitati da chi ricopre cariche pubbliche, risultano ancora più gravi”.

Io credo – spiega – che quello che stiamo facendo oggi, cioè ritornare alla divisione in Regioni, sia più sensato rispetto a quello che abbiamo fatto durante il periodo di Natale che era assolutamente insensato. Basta guardare adesso che ci sono Regioni arancioni, gialle e rosse: non capisco per quale motivo 15 giorni fa l’Italia era divisa in regioni rosse e arancioni. Inoltre, mi pare che la decisione scellerata presa non sia stata particolarmente efficace, perché oggi se abbiamo in alcune Regioni un numero così alto di contagi e ospedalizzazioni evidentemente è anche legato al fatto che alcune misure che andavano bene per alcune Regioni, per altre non andavano bene. Ben venga ritornare a questo sistema a colori, che non è altro che un sistema di geolocalizzazione delle decisioni, cioè a seconda di come vanno le cose si organizza la reazione da parte del sistema”. “L’unica cosa che in questo sistema potrebbe essere in qualche modo migliorato – conclude – riguarda il fatto che i colori che sono stati dati ieri si riferiscono essenzialmente a 10-14 giorni prima. Forse bisognerebbe trovare uno strumento più dinamico che non implichi firmare un Dpcm per cambiare i colori. Però, bisogna dire una cosa a parziale giustificazione a quello che fa il Governo: ovviamente i provvedimenti presi devono essere mantenuti per un periodo sufficientemente lungo affinché funzionino”.

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