Anna Vagli è intervenuta ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì notte dalla mezzanotte alle sei del mattino.
Anna Vagli è una criminologa ed investigatrice forense nonché scrittrice conosciuta a livello nazionale.
L’esperta ha parlato di violenza sulle donne:
“Stiamo ancora vivendo una emergenza che non è stata solo economica e sanitaria, ma anche familiare, una emergenza che si è scatenata nel periodo del lockdown. Questo 2021 inizia con un report arrivato a novembre, pochi giorni dopo la giornata contro la violenza sulle donne, che ha dimostrato come nel periodo tra gennaio 2020 e ottobre 2020 siano state 91 le donne uccise, 86 nell’ambito familiare. E sono dati istat, quindi assolutamente attendibili. Ci sono stati anche 26 orfani di femminicidio, bambini che perdono la figura materna, uccisa per mano del padre, ma che sono doppiamente vittime, perché perdono entrambe le figure genitoriali di riferimento. Un minore che subisce un trauma del genere conosce la doppia faccia della stessa medaglia. Da un lato può essere anche lui vittima diretta, riportando danni fisici, perché magari in un tentativo estremo prova a difendere la madre, oppure può essere una vittima indiretta, percependo dall’esterno quelli che sono poi gli abusi inflitti alla figura materna. Troppo spesso questi minori sono invisibili, i genitori non si accorgono del danno psicofisico cui vanno incontro. Tutti i minori che subiscono violenza è che sviluppano rispetto a certi episodi un senso di responsabilità, si sentono cattivi, in colpa, diventano severi con se stessi. E questo fa sì che sviluppino dei comportamenti adultizzati, sviluppano un forte senso di protezione nei confronti della madre maltrattata e si verifica un rovesciamento di ruoli, in cui il figlio prova a prendersi cura dell’adulto. Sono comportamenti deleteri sia per l’ira del partner maltrattante sia per il minore stesso, che amplifica il senso di impotenza che vive“.
La criminologa ha anche spiegato come chiedere aiuto:
“Purtroppo quando una persona è vittima di violenza entra un meccanismo che la allontana dalla percezione della realtà, avere dei bambini in casa deve essere un appiglio per chi è vittima della violenza per cercare di uscire da questo vortice. Nei figli bisogna trovare appigli per uscire da certe situazioni, perché al pericolo di danni fisici e psicologici non si espone solo se stessi, ma anche i figli. Molte donne che riescono a denunciare certe violenze hanno trovato forza proprio nella presenza dei figli. Le violenze nello scorso anno sono raddoppiate del centoventi percento, i dati sono allarmanti. Io sono stata scelta come ambasciatrice di una nuova iniziativa che si chiama codice SARA, scrivi aspetta rispondi agisci, progetto ideato da una analista comportamentale che mira a fornire un aiuto digitalizzato alle vittime di violenza. Grazie a questa procedura si tenta di semplificare procedure che spesso nella richiesta di aiuto sono macchinose. Il codice SARA mira a dare un supporto immediato e interattivo sia alle donne che possiedono un telefono cellulare sia a chi non lo possiede, grazie a una rete estesa nel territorio. Le donne con un semplice messaggio in codice possono essere geolocalizzate e aiutate”.
L’esperta ha elencato i primi campanelli d’allarme:
“Bisogna chiedere aiuto, rivolgendosi a un centro antiviolenza oppure chiamando il 1522, numero attivo h24. Oppure si può scaricare la app youpol. Il primo passo da fare è ammettere di averi un problema e cercare di farsi aiutare. Ora non siamo più nel lockdown dei primi mesi del 2020, bisogna approfittare del momento giusto per chiedere aiuto. Il primo passo è sempre ammettere di avere un problema, bisogna accantonare il senso di vergogna, nessuna donna deve vergognarsi di essere vittima di violenza, perché non c’è distinzione di classi sociali o economiche, ogni donna può subire violenza, ma può uscirne. Un report dell’Istat dimostra che una donna su tre nel corso della propria vita ha subito almeno un episodio di violenza. Quali possono essere i campanelli d’allarme? C’è sempre un’escalation, non si parte mai con uno schiaffo, che è già un sintomo molto molto grave del problema. Si parte con la violenza psicologica, col non sentirsi mai abbastanza, col dubitare di noi stessi. Certe donne a volte si convincono di aver detto una cosa proprio perché il partner glielo urla davanti. Una donna vittima di violenza mi ha raccontato che era tornata dal fare la spesa e aveva lasciato l’anguria fuori dal frigorifero. Il marito l’aveva riempita di botte perché le aveva detto che l’anguria doveva metterla in frigo. La donna mi disse che aveva sbagliato lei, perché il marito l’aveva avvertita. Ho fatto l’esempio di un caso eclatante, ma questo è il risultato di piccoli episodi di violenza. Bisogna sempre ripetere che una persona che ti vuole bene non ti urla, non ti tradisce, non ti mente, ti fa sentire apprezzata, non attua comportamenti di squalifica costante. Partendo da qui si arriva allo schiaffo, quando arriva lo schiaffo vuol dire che ne seguiranno altri, purtroppo. Bisogna avere il coraggio di chiedere aiuto e bisogna prendere atto che certi comportamenti non sono normali”.