Eros e nozze, ritrovamento archeologico unico nel suo genere a Pompei: uno straordinario carro da parata [FOTO]

Uno straordinario carro da parata destinato forse al culto di Cerere e Venere o più probabilmente ad cerimonia di nozze di ceto aristocratico è stato ritrovato a Pompei
  • Ufficio stampa Parco Archeologico di Pompei / Ansa
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  • Foto Luigi Spina
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Elegante e leggero, stupefacente per la complessità e la raffinatezza dei decori a tema erotico in stagno e bronzo, ancora con le tracce dei cuscini, delle funi, persino l’impronta di due spighe di grano lasciate su un sedile. A Pompei, gli scavi della villa di Civita Giuliana restituiscono uno straordinario carro da parata destinato forse al culto di Cerere e Venere o più probabilmente ad cerimonia di nozze di ceto aristocratico. “Per l’Italia un unicum” anticipa all’ANSA Massimo Osanna, direttore uscente del Parco Archeologico. Potrebbe trattarsi, di un Pilentum, antico carro cerimoniale usato dalle élites. (Guarda le immagini nella gallery fotografica scorrevole in alto a corredo dell’articolo).

Il Carro da parata di Civita Giuliana. L’ultima scoperta di Pompei – si legge sulla pagina Facebbok del Parco Archeologico -.
Il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, annunciano il rinvenimento di un reperto straordinario, emerso integro dallo scavo della villa suburbana in località Civita Giuliana, a nord di Pompei, oltre le mura della città antica, nell’ambito dell’attività congiunta, avviata nel 2017 e alla luce del Protocollo d’Intesa sottoscritto nel 2019, finalizzati al contrasto delle attività illecite ad opera di clandestini nell’area.
Un grande carro cerimoniale a quattro ruote, con i suoi elementi in ferro, le bellissime decorazioni in bronzo e stagno, i resti lignei mineralizzati, le impronte degli elementi organici (dalle corde a resti di decorazioni vegetali), è stato rinvenuto quasi integro nel porticato antistante alla stalla dove già nel 2018 erano emersi i resti di 3 equidi, tra cui un cavallo bardato.
Un ritrovamento eccezionale, non solo perché aggiunge un elemento in più alla storia di questa dimora, al racconto degli ultimi istanti di vita di chi abitava la villa, e più in generale alla conoscenza del mondo antico, ma soprattutto perché restituisce un reperto unico – mai finora rinvenuto in Italia – in ottimo stato di conservazione”, conclude il post.

“Pompei continua a stupire con le sue scoperte, e sarà così ancora per molti anni con venti ettari ancora da scavare. Ma soprattutto dimostra che si può fare valorizzazione, si possono attrarre turisti da tutto il mondo e contemporaneamente si può fare ricerca, formazione e studi, e un giovane direttore come Zuchtriegel valorizzerà questo impegno“. Così il ministro della Cultura Dario Franceschini commenta la scoperta del carro negli scavi di Civita Giulia. “Quella che viene annunciata oggi – aggiunge Franceschini – è una scoperta di grande valore scientifico. Un plauso e un ringraziamento al Parco Archeologico di Pompei, alla Procura di Torre Annunziata e ai Carabinieri del nucleo Tutela Patrimonio Culturale per la collaborazione che ha scongiurato che reperti così straordinari fossero trafugati e illecitamente immessi sul mercato”.

E’ una scoperta straordinaria per la conoscenza del mondo antico

“E’ una scoperta straordinaria per l’avanzamento della conoscenza del mondo antico”. Così Massimo Osanna, direttore uscente del Parco archeologico di Pompei, commentando il ritrovamento di un grande carro cerimoniale. “A Pompei – spiega Osanna – sono stati ritrovati in passato veicoli per il trasporto, come quello della casa del Menandro, o i due carri rinvenuti a Villa Arianna, uno dei quali si può ammirare nel nuovo Antiquarium stabiano, ma niente di simile al carro di Civita Giuliana. Si tratta infatti di un carro cerimoniale, probabilmente il Pilentum noto dalle fonti, utilizzato non per gli usi quotidiani o i trasporti agricoli, ma per accompagnare momenti festivi della comunità, parate e processioni. Mai emerso dal suolo italiano, il tipo di carro trova confronti con reperti rinvenuti una quindicina di anni fa all’interno di un tumulo funerario della Tracia, nella Grecia settentrionale, al confine con la Bulgaria. Uno dei carri traci è particolarmente vicino al nostro anche se privo delle straordinarie decorazioni figurate che accompagnano il reperto pompeiano”.

Osanna spiega inoltre che “le scene dei medaglioni che impreziosiscono il retro del carro rimandano all’eros, Satiri e ninfe, mentre le numerose borchie presentano eroti. Considerato che le fonti antiche alludono all’uso del Piletum da parte di sacerdotesse e signore, non si esclude che potesse trattarsi di un carro usato per rituali legati al matrimonio, per condurre la sposa nel nuovo focolare domestico. Se l’intera operazione non fosse stata avviata grazie alla sinergia con la Procura di Torre Annunziata, con la quale è stato sottoscritto un protocollo di intesa per il contrasto al fenomeno criminale di saccheggio dei siti archeologici e di traffico dei reperti e opere d’arte, avremmo perso documenti straordinari per la conoscenza del mondo antico”, conclude Osanna.

Il carro è scampato miracolosamente al saccheggio dei tombaroli

Il grande carro cerimoniale portato alla luce negli scavi di Civita Giuliana a Pompei “è miracolosamente scampato all’azione di saccheggio dei tombaroli, essendo stato letteralmente sfiorato da due cunicoli scavati da questi ultimi ad oltre 5 metri di profondità“. Lo spiega Nunzio Fragliasso, procuratore della Repubblica di Torre Annunziata. “Costante è stata in questi anni – dichiara Fragliasso – l’attenzione della Procura di Torre Annunziata alla tutela dell’immenso patrimonio archeologico presente nel territorio di competenza. Il contrasto alla spoliazione dei siti archeologici, all’interno e fuori l’area urbana dell’antica Pompei, è sicuramente uno degli obiettivi prioritari dell’azione dell’Ufficio. In questo contesto si colloca il protocollo sottoscritto nel 2019 da questa Procura con il Parco Archeologico di Pompei, che rappresenta a pieno titolo un ‘accordo pilota’ nel campo della sinergia tra le istituzioni per la salvaguardia del patrimonio artistico nazionale”.

La collaborazione tra la Procura della Repubblica di Torre Annunziata e il Parco Archeologico di Pompei, prosegue Fragliasso, “si è rivelata uno strumento formidabile non solo per riportare alla luce reperti e testimonianze di eccezionale valore storico ed artistico, ma anche per interrompere l’azione criminale di soggetti che per anni si sono resi protagonisti di un sistematico saccheggio dell’inestimabile patrimonio archeologico custodito nella vasta area, ancora in gran parte sepolta, della villa di Civita Giuliana, del quale sono una testimonianza i recenti eccezionali ritrovamenti. Le attività criminali di cui aveva notizia la Procura di Torre Annunziata e che dovevano essere pienamente accertate, vale a dire la realizzazione di una ramificata rete di tunnel e cunicoli ad oltre 5 metri di profondità, con saccheggio e distruzione parziale degli ambienti clandestinamente esplorati, richiedevano una attività investigativa che non poteva essere realizzata se non attraverso una vera e propria campagna di scavi archeologici, che andava condotta quindi unitamente al Parco Archeologico di Pompei“.

Le operazioni di scavo svolte sul sito dal Parco archeologico di Pompei con l’ausilio, ai fini investigativi, dei Carabinieri del Nucleo Tutela patrimonio culturale e dei Carabinieri del Gruppo di Torre Annunziata, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Filippelli, “hanno consentito di acquisire prove decisive ed inconfutabili della commissione di gravi e reiterate condotte illecite di trafugamento di preziosi reperti archeologici poste in essere dai tombaroli”, sottolinea Fragliasso, ricordando che “proprio in questi giorni è in corso di svolgimento, davanti al Tribunale di Torre Annunziata, il processo penale a carico di due imputati ritenuti gli artefici materiali di tale attività criminale, la cui abitazione tuttora insiste sul sito della antica villa romana depredata”. Le indagini hanno consentito di accertare che proprio dalla proprietà dei due imputati si diramava una rete di cunicoli di oltre 80 metri utilizzata per il sistematico saccheggio dell’area archeologica. “Anche nei prossimi anni – conclude Fragliasso – l’impegno di questo Ufficio nella tutela del patrimonio artistico, archeologico e culturale del territorio sarà costante e prioritario, riservando una particolare attenzione all’attività finalizzata al recupero dei preziosi reperti archeologici trafugati, esportati all’estero, e alla loro restituzione al patrimonio nazionale”.

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