Re Artù e l’iscrizione che ne riporta il nome: la realtà storica e la leggenda di un eroe che ha attraversato i secoli

Il mitico sovrano di Camelot, Re Artù, è davvero esistito o è solo frutto di leggenda? La sua storia è ancora oggi avvolta dal mistero
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Si tratta di un’ardesia con un’iscrizione del VI secolo, che secondo molti esperti potrebbe essere il nome Arthur, portata alla luce nel castello di Tintagel, in Cornovaglia, ovvero il mitico luogo di nascita del leggendario Re Artù. E proprio questa incisione, secondo alcuni studiosi, potrebbe essere la prova del fatto che Re Artù sia realmente esistito. La scoperta dell’incisione non è recente: la English Heritage ne ha divulgato la foto nel 1998, mostrando al mondo quella che è stata poi chiamata “La pietra di Artù“. A quanto pare l’incisione era stata rotta per essere riutilizzata come copertura di scarico all’esterno di un edificio del VI o VII secolo e questo, a ben vedere, aggiunge credibilità alla possibilità di un Artù reale, su cui si basa la figura mitica. L’ardesia, che misura circa 35 cm per 20 cm, è stata rinvenuta per la prima volta dall’English Heritage nel sito in rovina di Tintagel del XIII secolo, sulla spettacolare costa settentrionale della Cornovaglia. L’incisione riporta il nome Artognov, ovvero la versione latina del nome britannico Arthnou.

Il sovrano britannico Re Artù è da sempre considerato un personaggio leggendario, frutto di fantasia. Nonostante la storicità della figura sia stata ampiamente dibattuta dagli studiosi, si tende ormai a considerarlo frutto di invenzione. Leggenda vuole che Mago Merlino abbia presentato al popolo re Artù come sovrano, il quale riunì poi i valorosi cavalieri della tavola rotonda per combattere in nome di principi e valori come onestà, uguaglianza e giustizia. Secondo la leggenda, infine, Re Artù sarebbe stato ucciso in battaglia da Mordred.

Ma quando nasce il mito? I bardi britannici, a partire dal VII secolo d.C., cantavano alla corte dei loro signori le gesta di re Artù. La storicità di re Artù viene rifiutata innanzitutto per tutto ciò che ruota intorno alla sua figura, ovvero per quell’aura di magia che ha sempre contraddistinto la sua storia, ma potrebbe esserci un punto in cui finisce la leggenda e inizia la storia vera di re Artù? Le fonti a cui gli studiosi hanno fatto ricorso per rispondere a questa domanda prendono piede proprio dai canti dei bardi britannici. Si tratta di racconti orali che dal XII secolo hanno iniziato ad avere anche riscontri scritti, ampliandosi e arricchendosi sempre di più fino al XV secolo.

Una domanda importante da porsi è: in che epoca visse Re Artù? Nelle raffigurazioni si veste e combatte in modo medievale, ma la leggenda racconta come lui abbia unificato la Britannia, operando negli anni della caduta dell’Impero romano e delle invasioni barbariche, dunque in un non meglio precisato lasso di tempo che va dalla fine del V a l’inizio del VI secolo.

Vi fu un periodo in cui gli Anglosassoni, finalmente riuniti in un solo popolo, dovettero arretrare in seguito a una vittoria dei Britanni, e di questo le cronache parlano molto poco. Per averne contezza è necessario fare ricorso al monaco Gildas il Saggio, del VI secolo, che nel suo De Excidio et conquistu Britanniae racconta come da ogni parte la Britannia fosse minacciata dai barbari, a causa dei signori incapaci di agire contro gli invasori. Gildas parla poi di una decisiva vittoria dei britanni contro gli anglosassoni a seguito della battaglia di Badon Hill. Ed è qui che cita proprio re Artù, affrontando l’argomento da un punto di vista storico, senza elementi ‘magici’, ma raccontando che il condottiero Artù guidò la battaglia e la vittoria dei Britanni contro gli anglosassoni.  E c’è anche un’altra fonte storica che cita il condottiero chiamandolo Re Artù: gli Annali del Galles.

Diversi studiosi, nonostante tutto, sono dell’idea che la risposta alla storicità del condottiero Artù stia nel suo stesso nome. In celtico la parola arth significa orso e la dea della caccia, Artio, veniva spesso rappresentata con le sembianze di un orso. Dunque con il nome Re Artù non si andrebbe ad identificare un solo uomo in carne ed ossa, ma piuttosto un’idea, un mito. Altri hanno invece individuato Re Artù nel condottiero Aureliano Ambrosio, altri nel comandante Lucio Artorio Casto, ma per entrambi è improbabile che siano stati re di Camelot, dato che quest’ultimo visse nel II secolo, dunque ben lontano dai fatti di re Artù, mentre il primo, che visse intorno al 475 e abbia riunito i popoli britanni contro i barbari invasori, ebbe una vittoria non così densa di significato, dato che già nel 477 la Cronaca anglosassone registra una nuova ondata di barbari, i sassoni, che invasero la Britannia sconfiggendo Aureliano.

Ad ogni modo Gildas parla del sovrano Cuneglasus, suo contemporaneo, inveendo contro di lui e definendolo orso, intimandogli di non comportarsi come si addice a una persona del suo rango, che ‘governa un qualcosa che è quasi sacro, che un tempo era appartenuto all’orso’. Intorno a questo concetto, secondo lo storico Graham Philips, si snoda la storia di Re Artù: Cuneglasus era chiamato orso da Gildas perché aveva ereditato quell’appellativo dal suo predecessore, ovvero da suo padre. I celti avevano l’abitudine di dare alle personalità più importanti nomi di animali, per denotarne tratti del carattere e della personalità, e questi nomi venivano poi tramandati di generazione in generazione. È dunque probabile che Gildas si fosse rivolto a Cuneglasus chiamandolo con l’appellativo che aveva ereditato dal padre, e dunque Artù sarebbe stato l’appellativo di Owain Ddantgwyn, re del Powys.

Sono pochi, ma alcuni studiosi ne sono convinti: re Artù è una figura storica realmente esistita, ovvero il re Owain. La maggior parte degli storici, invece, ritiene che l’individuazione di un unico personaggio dietro re Artù sia errata: si tratterebbe di una figura mitica che raccoglie in sé l’operato di condottieri che realizzarono le imprese attribuite a re Artù, una sorta di unione di personaggi storici e leggendari.

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