Con il mese di gennaio si è chiusa una delle stagioni venatorie più contestate e criticabili degli ultimi tempi in Calabria. Pur in assenza di un adeguato piano faunistico e nonostante le proposte delle associazioni ambientaliste, nonché una lunga serie di rilievi critici da parte dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), la caccia era iniziata lo scorso 2 settembre, quindi in anticipo rispetto a quanto invece previsto dalla legge quadro, per il solito regalo offerto dalla Regione Calabria “agli amici cacciatori”. Solo in seguito al ricorso al TAR presentato dalle associazioni WWF e LIPU, due specie (Moriglione e Pavoncella) inizialmente inserite nell’elenco di quelle cacciabili, sono state successivamente cancellate, mentre per altre quattro (Colombaccio, Gazza, Ghiandaia e Cornacchia grigia), la cui caccia era stata illegittimamente prorogata fino al 10 febbraio, il TAR ha disposto la chiusura anticipata al 13 gennaio scorso, con la conseguente conclusione generale al 31 del mese appena trascorso. Ma un altro stop alla sfacciata deriva filovenatoria della “Cittadella” è stato rappresentato dal divieto di caccia imposto dall’ordinanza TAR n. 661 del 2020 in alcune aree della regione facenti parte della rete “Natura 2000”, aree cioè reputate di particolare importanza naturalistica dalla stessa Regione, ma non per questo interdette alla caccia: come se le fucilate non rappresentassero un fattore di rischio, a volte il più importante, per le specie animali che invece dovrebbero essere tutelate.
Ma il disperato tentativo di accaparrarsi le simpatie dei cacciatori, ha spinto la solerte Regione Calabria, in piena pandemia, ad “autorizzare” gli spostamenti degli stessi anche da un comune all’altro, nonostante il divieto imposto ai normali cittadini delle regioni “arancione” dal DPCM del 3 dicembre scorso, adducendo la necessità di consentire anche la caccia in forma collettiva al cinghiale, con il rischio di possibili focolai , per come poi effettivamente verificatosi in seguito ad una battuta al cinghiale in provincia di Catanzaro. Incurante peraltro del fatto che lo stesso ISPRA avesse chiaramente specificato con nota del 7 dicembre, l’inadeguatezza della caccia in braccata ai cinghiali nel contenere “le presenze e i danni da questi causati”. Contrariamente a quanto sostenuto nelle alte stanze della Cittadella in allegre dirette Facebook, non sono mancati i soliti episodi di bracconaggio ai danni di specie protette, come ad esempio le due Poiane prese a fucilate in diverse località del vibonese (San Costantino e Maierato ) proprio a Gennaio e ricoverate presso il Centro Recupero di Cosenza. Sul tema della caccia ognuno è libero di scegliere da che parte stare. IL WWF continuerà a stare sempre dalla parte delle vittime.